Pasquini: Arte bizantina aiuto' poeta a evocare paradiso
(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 15 dic. - "L'arte dei mosaici di Ravenna non e' preoccupata di rappresentare la realta' cosi' come essa effettivamente e'. Ci sono i fondi dorati, i corpi umani sono totalmente smaterializzati, non e' una rappresentazione oggettiva, ma simbolica e Dante aveva bisogno esattamente di questo, perche' non si puo' rappresentare il Paradiso con i parametri della natura. Le immagini di Ravenna, prive di ogni riferimento naturalistico, potevano condurre immediatamente alla percezione del Paradiso". Sono innumerevoli le fonti iconografiche alle quali Dante si e' ispirato per rappresentare i tre mondi esplorati nella Divina Commedia, tra queste ci sono indubbiamente i mosaici di Ravenna ai quali e' dedicato l'intervento di Laura Pasquini, storica dell'arte medievale, nell'ambito del convegno 'Dante e Jung, una relazione a distanza'. Le giornate di studio, in programma il prossimo anno, sono promosse dall'Icsat (Italian Committee for the Study of Autogenic Therapy and Autogenic Training), con la direzione scientifica dell'analista junghiano Claudio Widmann.
"L'arte bizantina e' un'arte evocativa e simbolica", ricorda Pasquini, docente presso la Scuola estiva internazionale di Studi danteschi (Ravenna/Verona), organizzata dall'Universita' Cattolica di Milano, e presso il Centro Dantesco dei Frati Minori Conventuali di Ravenna, quale si trovano "i cieli stellati e le apparizioni dei beati nell'empireo come corone di spiriti lucenti, come croci gemmate. Dante usa le immagini poetiche- aggiunge- e per arrivare a rappresentare l'irrappresentabile sfrutta queste iconografie fortemente evocative che lo aiutano a raccontare l'irraccontabile, che non poteva trovare nella rappresentazione di Giotto, a lui contemporanea, che recuperava un certo naturalismo".
Nella Divina Commedia, prosegue la storica dell'arte medievale, "Dante voleva proporre una crescita interiore sua, come pellegrino che percorre questo tragitto verso l'empireo, ma anche del lettore che aiutato dalle immagini poteva innescare la meditazione personale e la crescita interiore, fino alla visione di Dio. Le immagini di Ravenna- ribadisce Pasquini- sicuramente aiutarono Dante a innescare la meditazione e a codificare le apparizioni paradisiache perche' li' qualcosa era gia' stato raccontato".
Il ruolo delle immagini, tiene a precisare l'esperta, e' stato determinante in tutte e tre le cantiche della Divina Commedia.
Questo perche' "nel Medioevo le immagini non erano soltanto la 'biblia pauperum', cioe' un ricco compendio di racconti illustrati per coloro che non potevano accedere alle sacre scritture, ma venivano percepite come 'imagines agentes', cioe' attivatori della memoria che aiutavano la contemplazione e la meditazione". Cosi', "ci sono immagini molto rilevanti per l'Inferno nei mosaici del Battistero di Firenze. Sicuramente le sculture dei Pisano influenzarono e aiutarono a raccontare certe figure poetiche del Purgatorio. Ma certamente i mosaici di Ravenna, e in parte quelli romani, furono fonte di ispirazione per l'ultima cantica della Commedia".
Da socio fondatore dell'Associazione italiana per lo studio e la conservazione del mosaico (Aiscom), Laura Pasquini sottolinea che "Ravenna rimane un unicum anche oggi, perche' le immagini della fase bizantina di Costantinopoli e della Siria sono andate quasi tutte distrutte. Dante- prosegue- visse a Ravenna gli ultimi anni dell'esilio, ma probabilmente visito' la citta' da turista gia' nel 1303 e nel 1310, guardando i mosaici come li guardiamo noi oggi e rimanendo probabilmente estasiato da tanta luce nascosta dietro all'umile mattone delle cortine murarie esterne".
Per comprendere a fondo il ruolo delle immagini dei mosaici ravennati nella Commedia e' importante tuttavia ricordare, aggiunge l'esperta, che "Dante non copia le immagini, non le riveste di belle parole. Quindi- avverte Pasquini- da un punto di vista metodologico, non dobbiamo mai pensare che Dante usi le immagini di Ravenna e le riporti in bello stile nel testo. Esse rimangono fonti e Dante, come per tutti gli ipotesti, riserva loro un trattamento particolare: li introietta, li rivive e li ripresenta completamente trasfigurati. Sta a noi- conclude la storia dell'arte medievale- riconoscere le immagini tra le terzine della Commedia". La studiosa ha recentemente pubblicato il libro 'Pigliare occhi, per aver la mente. Dante, la Commedia e le arti figurative' (Wel/ Dire)