(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) 15 dic. - La frustrazione causata dalle condizioni di vita imposte dalla pandemia puo' essere una causa della compulsione a fantasticare? "L'esperienza clinica, per i dati di cui siamo in possesso, e anche la mia esperienza sembrano dire di si', soprattutto tra i piu' giovani". Lo sostiene Maurizio Nicolosi, psichiatra e psicoanalista junghiano, nonche' direttore dell'Istituto meridionale del Centro italiano di psicologia analitica (Cipa), spiegando che "l'impatto grande della pandemia, del lockdown, delle limitazioni del contatto e dell'affettivita' sembrano aver avuto e avere ancora un effetto pesante sui bambini e gli adolescenti, per i quali alcune modalita' affettive e della relazione sono fondamentali- ricorda- per la crescita e la ricerca dell'identita' di se' e per la costruzione del rapporto con gli altri".
L'erranza della mente, spiega Nicolosi, e' "un disaccoppiamento che vede, secondo la teoria junghiana, da una parte il pensare indirizzato, razionale, e dall'altra quello fantastico". "In una societa' performativa come la nostra, l'erranza della mente" puo' essere "problematica- chiarisce l'esperto- tanto che oggi, come e' stato osservato negli ultimi due decenni, la possibilita' dell'erranza della mente si declina in alcune forme patologiche tra cui la compulsione a fantasticare".
Nella nostra societa', orientata alla perfomance, a cio' che si e' o non si e' in grado di fare, l'erranza della mente "e' una condizione che si osserva sempre piu' spesso, soprattutto tra le persone piu' giovani nelle quali- sottolinea lo psichiatra- questo errare sceglie la strada della fantasia, anche espressa in modo compulsivo, piuttosto che rimanere in una realta' che, proprio perche' performativa, si percepisce come intrisa di frustrazione e di limite" conclude.
(wel/ Dire)