Castelbianco (Ido): Aumentato disagio generale infanzia, serve valutazione globale
Roma, 16 lug. - "Un ragazzo su tre in Italia non comprende quello che legge e molti di piu' hanno difficolta' nella lettura pur comprendendo.
Restiamo perplessi che c'e' voluto l'Invalsi per ufficializzare una situazione che in questi ultimi 20 anni e' andata sempre piu' peggiorando: in Emilia Romagna hanno dichiarato che l'6% dei bambini sono dislessici". Commenta cosi' Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell'eta' evolutiva e direttore dell'Istituto di Ortofonologia (IdO) i risultati delle prove 2019.
Sorride poi amaramente sul tema 'dislessia'. "Si diceva che 30 anni fa i nostri insegnanti - il fiore all'occhiello della scuola italiana - non sapevano riconoscere il bambino dislessico.
Affermazione che danneggiava la professionalita' di una categoria molto valida. A quell'epoca avevamo molti meno casi di difficolta' di apprendimento- sottolinea l'esperto- ed era un fatto reale. Ora, invece, troviamo in una classe fino a 9 certificazioni di difficolta' di apprendimento che poi si autodeterminano. Ovvero, su 24 bambini 1/3 ha difficolta'". Da cosa e' dipeso? "Una societa' che cambia deve modificare anche l'insegnamento, le modalita' pedagogiche e didattiche. Di fronte all'incapacita' di operare questo cambiamento, abbiamo aperto la scuola al mondo sanitario che ha deresponsabilizzato noi adulti, genitori, docenti ed esperti, per indicare il bambino come portatore di un problema. È stato un modo per delegare la responsabilita' ai bambini, un leitmotiv inaccettabile".
Il paradosso, secondo lo psicoterapeuta dell'eta' evolutiva, e' che "accanto a questi bambini con un disturbo dell'apprendimento che nessuno prima vedeva (cosa che non e' vera) - addirittura sembrano nati tutti con questo disturbo - si e' aggiunto un altro 20% con un problema di salute mentale.
Fermiamoci a ragionare- consiglia Castelbianco- perche' cio' che e' aumentato in maniera esponenziale e' il disagio generale nell'infanzia. Un disagio che si manifesta in modo diverso nelle sintomatologie e nei comportamenti. Se non impareremo a dividere la valutazione globale del bambino da quella del sintomo rincorreremo sempre i numeri".
Castelbianco prosegue: "Dovremmo chiederci perche' i bambini vanno cosi' male se tutti dicono - ma anche questo non e' vero - che i minori di oggi sono piu' intelligenti di quelli di 30 anni fa? L'unica intelligenza in piu' e' quella iconica- spiega lo psicoterapeuta- in grado di agire sul telefonino e sul Web.
Tuttavia non e' un'intelligenza di pensiero, e' piuttosto percettivo-pratica. La vera crescita della persona e' data, invece, dalla capacita' di approfondire teoricamente. Per approfondire il mondo teorico bisogna avere un pensiero- continua il direttore dell'IdO- e quindi un linguaggio da poter utilizzare come strumento. Se i bambini non leggono, o non capiscono quello che c'e' scritto, e' difficile poi farli crescere in modo teorico, capaci di avere un pensiero profondo, divergente, che sappia soffermarsi su nozioni piu' complesse per ricavarne non solo delle sensazioni, ma elaborazioni e costrutti".
Alla base dell'apprendimento ci sono 2 ingredienti: "La motivazione e una proposta adeguata al bambino e alla sua eta'. Se una persona non e' motivata non apprende. Un bambino con un basso tono dell'umore, ad esempio, non sara' motivato e non avra' la volonta' di apprendere, di certo pero' non e' dislessico. I bambini ansiosi e ansiosissimi vivono dei blocchi di fronte agli apprendimenti, anche della semplice lettura. Negli adulti li chiamiamo attacchi di panico, nei bambini sono dei blocchi- chiarisce lo psicologo- il risultato e' lo stesso, entrambi non riescono ad andare avanti. Da una parte abbiamo bambini che riescono a scrivere molto bene ma non sanno rispondere verbalmente all'interrogazione, e dall'altra bambini che rispondono verbalmente ma poi lasciano il foglio in bianco. Non possiamo indicare per i primi un disturbo del linguaggio e per i secondi un disturbo della scrittura. Faremmo ancora una volta lo stesso errore. La valutazione deve essere globale, non sintomatica, ne' settoriale. Deve esserci un'anamnesi della storia del bambino, va rivisto l'aspetto pedagogico e, infine- conclude- noi esperti del mondo sanitario dovremmo essere piu' cauti, attenti e limitati nella vera funzione sanitaria, senza sostituirci al mondo pedagogico".
(Wel/ Dire)