Roma, 15 gen. - È uscito il
nuovo numero della Rivista di Psichiatria e Psicoterapia culturale dedicato al tema 'Salute Mentale, Migrazioni e Cultura'.
"Dedichiamo questo numero della Rivista al rapporto tra migrazioni, cultura, etnia e salute mentale. L'attenzione specifica che vogliamo dare a quest'argomento e' imposta dai fatti: oggi nel mondo i migranti sono piu' di 234 milioni di persone (circa una persona ogni trenta di tutta la popolazione mondiale totale), di questi 28 milioni sono rifugiati o richiedenti asilo", scrive il comitato editoriale.
"Benche' l'85% dei richiedenti asilo e rifugiati si trovi nei paesi in via di sviluppo e solo il 15% di essi in Europa o in Nordamerica (ibidem), questo fenomeno ha innescato nei nostri paesi delle preoccupanti ondate di xenofobia e razzismo istituzionale. La rotta del Mediterraneo e' diventata per i migranti la piu' pericolosa del mondo. Secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale delle Migrazioni e dell'Alto Commissariato dell'ONU per i Rifugiati, le politiche europee di chiusura dei confini, di esternalizzazione delle frontiere (ad esempio il finanziamento dei campi di detenzione in Libia), e la politica italiana dei respingimenti in mare hanno raddoppiato in un anno la percentuale di coloro che perdono la vita cercando di arrivare dall'Africa o dal Medio Oriente nel nostro paese (UNHCR, 2018b, pag. 22). Politiche governative isolazioniste e securitarie di questo tipo hanno gia' mostrato in studi precedenti di avere effetti devastanti non solo sul death toll, ma anche sulla salute mentale dei richiedenti asilo e rifugiati (Silove, Austin, & Steel, 2007). Nonostante la letteratura scientifica indichi chiaramente- fa presente il comitato editoriale- come la popolazione di persone migranti, richiedenti asilo e rifugiati presenti bisogni specifici in termini di salute mentale, al momento attuale la maggior parte dei paesi europei non prevede training specifici in psichiatria transculturale (Baarnhielm et al., 2017)".
Con questo numero Speciale "torniamo, per cosi' dire, alle origini della psichiatria culturale. La nostra disciplina, nata con la psichiatria comparativa di Kraepelin gia' all'inizio del novecento, muove i sui primi passi nel mondo del dominio coloniale, ma si svincola in seguito dal ruolo di ancella dell'imperialismo occidentale con l'attenzione che la Psichiatria transculturale europea e nordamericana dedicano alle minoranze etniche e i cittadini migranti nella seconda meta' del secolo scorso. Con questo numero della Rivista intendiamo quindi dare seguito a questa vocazione, nella speranza di poter dedicare in futuro spazi piu' ampi e studi piu' approfonditi alla cultural competence nell'assistenza alle persone di background socio-culturale diverso dal nostro. L'ultima fase dell'evoluzione dello studio dei rapporti tra salute mentale e cultura avviene con i primi anni 2000, quando ci si rende conto che gli strumenti conoscitivi e pratici acquisiti nel corso del novecento possono e devono essere applicati anche allo studio della cultura occidentale, delle sue psicopatologie e dei nessi intercorrenti. La nostra materia viene cosi' rinominata Psichiatria Culturale. La Rivista di Psichiatria e Psicoterapia Culturale ha seguito finora questa linea di indagine, approfondendo lo studio della complessa architettura della nostra stessa societa' e di quali effetti patogeni possa esercitare. Continueremo a portare avanti anche questo compito come linea editoriale principale, e- conclude- a breve saremo lieti di presentarvi un Numero Speciale dedicato alla giornata del Pre-Congress dal titolo 'The Persistence of God, Spirituality, the Supernatural: Cultural Psychiatry and Mental Health', Pre-Congress che il nostro gruppo ha tenuto al 5° Congresso Mondiale della World Association of Cultural Psychiatry (www.wacp2018.org)".
(Wel/ Dire)