Roma, 26 feb. - Lo psicologo e psicoterapeuta Fabio Cieri e' stato ospite al Polo Liceale 'R.Mattioli' di Vasto con un laboratorio espressivo-emotivo in occasione del Festival della Scienza 2019. La tematica del paradosso e' stata affrontata proprio con il laboratorio 'Zitto e urla', una vera occasione di conoscenza dell'altro e di superamento dei disagi interiori. Alla fine dell'incontro, lo psicologo ha risposto alle loro domande.
- Ad oggi quanti adolescenti decidono di affidarsi alla figura dello psicologo? Quali sono i motivi principali? "Io non lavoro molto con gli adolescenti, quindi in base alla mia esperienza posso dirti che non sono tantissimi, anche perche' la maggior parte sono inviati dai propri genitori. Questo e' il problema principale. Il disagio- risponde lo psicologo- e' come se fosse riconosciuto piu' dalla parte genitoriale che dalla parte individuale del ragazzo che vive un certo malessere interiore.
Questo e' normale, perche' la persona non e' ancora consapevole dei problemi che potrebbe avere e la cosa piu' difficile nella fase adolescenziale e' riuscire a chiedere aiuto, poiche' ci si trova in una fase di transizione tra quella del bambino e quella dell'adulto. In questo periodo, infatti, si cerca di passare dallo stato di dipendente, ossia colui che dipende dalla figura genitoriale, a quella di indipendente. Questo puo' causare molta confusione nell'individuo".
- C'e' ancora il pregiudizio che lo psicologo sia uno 'strizza cervelli' e i pazienti definiti 'pazzi'? "Si', questo si'. Dipende dal contesto culturale e sociale di dove si va a lavorare. Questo pregiudizio- aggiunge Cieri- permane ancora anche se non e' proprio come una volta. Le persone hanno capito che effettivamente fare un percorso di psicoterapia e' qualcosa che aiuta a migliorare la qualita' della vita. Non si affrontano solo problemi inerenti le psicosi o patologie simili, ma anche problemi di vita quotidiana classica, relazionale, di coppia, genitoriale o sociale di qualsiasi tipo".
- 'Zitto e urla', questo il nome del laboratorio presentato al Festival della Scienza. Come si puo' superare al meglio questo paradosso? "Non e' facile perche' non esiste una ricetta per superare i propri problemi. Tutto dipende sempre dal contesto, dall'individuo, dalla propria cultura, educazione e proprie esperienze. Per riuscire a cavalcare il paradosso, come per esempio 'Zitto e urla'- prosegue lo psicoterapeuta- serve qualcosa che si apprende imparando a stare nella difficolta'. In questo paradosso, infatti, una parte di me vorrebbe gridare qualcosa, un'altra parte vorrebbe restare in silenzio per raggirare il disagio. L'unico modo che ho e' cavalcare il paradosso centrale, ossia riuscire a gridare senza gridare. Come faccio? Prima di tutto, imparo a stare nella difficolta' e non faccio finta che questa non esista. Una volta arrivati a cio', di solito nell'essere umano scatta l'intuizione, la quale nasce proprio quando ci si abitua a stare nella difficolta', senza evitarla".
- L'empatia e' una parte fondamentale del suo lavoro. Come riesce a non essere troppo coinvolto nella vita personale del paziente? "Una regola fondamentale da apprendere, per quanto riguarda il lavoro di psicoterapeuta, e' proprio la differenza fra empatia e confluenza. Molte persone giustamente le confondono, non essendo del mestiere. La confluenza e' quella che non ci permette di aiutare l'altro e che ci fonde con lui (se tu piangi, io piango insieme a te). Se si cadesse in questo, un terapeuta smetterebbe di lavorare nel giro di pochissimo.
L'empatia, invece, e' imparare a mettersi nei panni dell'altro mantenendo i propri. Io immagino che ti e' morto il gatto, mi metto nei tuoi panni, posso sentire il tuo dolore ma riconosco che il dolore e' tuo, non e' mio. In base a questo- chiarisce Cieri- posso sentire che effetto mi provoca: potrebbe dispiacermi come potrebbe non dispiacermi. Allora io vado a scindere questi due elementi. Come psicologo, ti sono vicino perche' sento il tuo dolore, lo riconosco ma riconosco anche il fatto che il tuo dolore non e' mio. Questa e' la differenza fondamentale e questo ci permette di aiutare le altre persone ed essere loro di supporto. Quando sei assorbito totalmente, invece, e' deleterio sia per la relazione d'aiuto che per la propria individualita'".
- Un consiglio che darebbe ai giovani che vogliono intraprendere un percorso di studi di carattere psicologico? "La differenza la fa sempre l'individuo nella sua individualita'. Oggi c'e' molta concorrenza in tanti ambienti, anche in quello della psicoterapia e della psicologia. Se una persona ama quello che fa, il mio consiglio e' quello di provare almeno a intraprendere il percorso. Capisco che esiste anche un problema di natura economica in questa societa' in crisi, quindi bisogna comprendere che non c'e' piu' la possibilita' di permettersi di fare proprio quello che si vuole. Il lavoro dello psicoterapeuta e' un po' piu' complesso degli altri giacche', perlomeno all'inizio, richiede la necessita' di partire con una base economica. Questo perche' non si puo' mai dipendere dai pazienti. È un paradosso anche questo: in realta', il paziente e' il tuo datore di lavoro, ma tu devi essere al di sopra di questa condizione altrimenti non saresti di aiuto a quella persona. Non puoi permetterti eticamente di trattenerla perche' ti paga lo stipendio. È molto complesso. Per far bene questo lavoro, purtroppo, e' meglio averne sempre almeno un altro che ti permetta di vivere e di sostenerti economicamente. Chi decide di iniziare questo percorso deve essere cosciente di amare veramente con tutto se stesso la professione. Mi riferisco, in questo caso, alla libera professione- conclude- perche' lo psicoterapeuta puo' muoversi anche su tante altre direzioni, ad esempio il dipendente statale o l'insegnante".
(Wel/ Dire)