Intervista a Giovanni Anzidei, presidente della fondazione Igea Onlus
Roma, 12 feb. - Tenere la mente attiva, parlare con gli altri, andare a ballare, fare attivita' sociali, avere interessi ed essere curiosi. Sono solo alcuni dei metodi con cui e' possibile prevenire e rallentare l'invecchiamento del cervello affrontando patologie come la demenza senile o l'Alzheimer. Il problema e' di stretta attualita' visto che, statistiche alla mano, nel 2050, nel mondo, si contera' ben 130 milioni di potenziali malati. Il metodo si chiama 'Train the brain', un protocollo non farmacologico messo a punto dal neurofisiologo Lamberto Maffei, presidente onorario dell'Accademia dei Lincei. Il protocollo, sperimentato dall'istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle ricerche, ha dato risultati positivi nell'80% dei casi trattati, rallentando la patologia e aiutando nel recupero.
"Il cervello- ha dichiarato Giovanni Anzidei, presidente della fondazione Igea Onlus- e' un organo e come tutti gli altri organi ha bisogno di essere tenuto in esercizio. Facciamo un parallelo con la palestra: noi non andiamo in palestra perche' siamo malati ma perche' sappiamo che, facendo esercizio, riusciamo a mantenere i muscoli tonici e in questo modo si allontanano anche le malattie".
"Con il cervello e' la stessa cosa- ha continuato- malgrado sia l'organo piu' importante che noi abbiamo e' anche l'unico che noi non controlliamo mai. Fare un controllo dello stato cognitivo e' una cosa molto semplice, si fanno dei test neuropsicologici che consistono in una chiacchierata con un neuropsicologo e un neurologo. Dura trenta, quarantacinque minuti a seconda dei casi, non e' invasivo e alla fine si puo' evidenziare un eventuale deficit di cui il soggetto non si accorge".
La malattia e' silente, lavora nel buio, non da' sintomi, distrugge i neuroni del cervello mangiandoli. "Ne mangia una certa quantita', quando il cervello si accorge di questa carenza chiede ai neuroni superstiti di compensare- prosegue Anzidei- Ecco che i neuroni superstiti si trovano a fare un doppio lavoro, il loro e quello dei neuroni che non ci sono piu'. Questo meccanismo va avanti fino a quando i neuroni superstiti non ce la fanno piu' a compensare, a quel punto compaiono i primi sintomi: la perdita di memoria, di orientamento e della capacita' di parlare. A quel punto i familiari dicono 'gli e' venuto L'Alzheimer', quando in realta' e' iniziato 15 anni prima perche' questo processo e' lentissimo".
Per questo bisogna fare prevenzione "facendo i test neuropsicologici per individuare se c'e' un deficit- conclude lo specialista- Bisogna cercare di farlo il prima possibile, ossia quando nel cervello c'e' ancora una forte presenza di neuroni.
Contrastare la malattia in tempo significa dare ai pazienti alcuni anni di vita autonoma e di vita dignitosa, come alle famiglie anni di vita serena. Oltre a rappresentare un forte risparmio visto che un malato costa generalmente al sistema oltre 50/60mila euro l'anno tra spese dirette e indirette. Dirette come quelle del Servizio sanitario nazionale e indirette come accade spesso ad alcuni familiari costretti a lasciare il lavoro per assistere il malato o per il costo dei badanti che spesso devono essere attivati 24 ore su 24. Sono dei costi enormi che potrebbero essere risparmiati se si riuscisse attraverso la prevenzione a cogliere in anticipo quelli che sono i primi segnali".
(Wel/ Dire)