Assenza foto in determinati periodi vita paziente sono segnali importanti
Roma, 10 dic. - Dare senso al percorso fatto, riprendere il contatto con molte parti della propria biografia, raccontare al terapeuta i rapporti con i familiari, il modo di essere percepiti da piccoli, la relazione con i pari in adolescenza o eventi particolari che sono stati o non sono stati fotografati. È questo l'identikit del nuovo protocollo improntato sulla fotografia, a cura dell'Italian Committee for the study of autogenic therapy and autogenic training (Icsat), presentato alla Dire da Pierluigi Pezzotta, medico psicoterapeuta e segretario nazionale Icsat.
L'idea alla base del protocollo innovativo, per cui al paziente viene richiesta "la ricerca e l'utilizzo di fotografie esistenti nel bagaglio familiare", e' quella di creare un album fotografico "che rappresenti l'importanza del Se'". Non si tratta di portare al terapeuta un album di famiglia, quanto di sceglierne uno nuovo, da acquistare e comporre, "cercando le fotografie e strutturandole in un ordine cronologico, in modo da fare un percorso biografico con una didascalia sotto ogni foto".
Si tratta di una nuova tipologia di percorso psicoterapico che puo' far emergere diversi elementi. "Quando non ci sono foto di un determinato periodo- spiega il segretario nazionale Icsat- vuol dire che la famiglia non vuole rappresentare cio' che e' successo. Vuole evitare di sottolineare cio' che e' rimasto.
Questi segnali di assenza sono estremamente importanti".
Le tempistiche di preparazione dell'album fotografico, inoltre, sono libere. "A volte i pazienti ci mettono pochissimo, altre volte no. Non trovano le foto, hanno difficolta' a reperirle" e poi segue la selezione e la stampa. "Ormai non ci sono quasi piu' foto stampate, quindi anche la costruzione dell'album e' piu' complicata. Bisogna scegliere fra una miriade di immagini e selezionare quelle piu' significative", continua lo psicoterapeuta. Da questo lavoro possono "fuoriuscire diverse emozioni, sia negative che positive".
Le difficolta' nella composizione dell'album aumentano, illustra Pezzotta, nel momento in cui "bisogna scegliere la didascalia. È difficile trovare una tranquillita' nello scriverla, perche' ci sono sempre tanti elementi in una foto e bisogna scegliere solo una frase che la rappresenti. È un aspetto elaborativo molto importante". Infine, allo psicoterapeuta si presenta l'album in forma completa, e a questo segue "la descrizione del lavoro fatto, che puo' evidenziare un filo conduttore nella propria storia di vita".
I percorsi fotografici in terapia "hanno sfaccettature molto ampie. Ci sono varie tecniche e possibilita', anche a seconda dell'indirizzo del terapeuta". Nell'area social, ad esempio, "c'e' una differenziazione che e' quella dell'autoritratto- puntualizza il segretario Icsat- nell'album, spesso, le foto sono fatte da altri. Con l'autoritratto e' diverso. Si sceglie un'immagine di Se' che equivale a cio' che vogliamo si veda di noi". Con Instagram, poi, "si sta facendo un'analisi delle foto principali, di cosa rappresentano. È un lavoro chiaramente diverso. La variabile- continua Pezzotta- e' la rapidita'. Un conto e' costruire una storia di vita, un conto le storie di una giornata. Brevi e caduci narrazioni che insieme all'immagine del Se' cambiano, cambiano e cambiano in base ai like".
Instagram e le nuove frontiere della rappresentazione nel web devono continuare a essere studiate, perche' "ancora non si capisce fino in fondo che effetti avranno sullo sviluppo del Se'", conclude Pezzotta.
(Wel/ Dire)