Roma, 9 apr. - E' un'emergenza che non puo' piu' attendere quella dei suicidi in carcere, legata a doppia mandata ai servizi che riguardano le cure sanitarie. Lo ha sottolineato l'avvocato Emilia Rossi, membro del collegio del Garante nazionale, alla presentazione della Relazione al Parlamento 2019. "La gran parte dei 1.004 reclami che il Garante ha trattato dall'inizio della sua azione - ha spiegato Emilia Rossi -, di cui quasi 500 nell'ultimo anno, riguardano esigenze di assistenza sanitaria e problemi di accesso alle cure. Sono due i fenomeni che allarmano sullo stato attuale della tutela delle persone detenute: i suicidi e gli eventi critici come tentativi di suicidio, atti di autolesionismo e aggressioni verso la popolazione detenuta e verso la polizia penitenziaria, oltre a tutti i fatti che manifestano lo stato di tensione nelle carceri".
Al fenomeno dei suicidi la Relazione ha dedicato una specifica analisi per quella che definisce "l'evidente emergenza". Nel 2018 i casi di suicidio sono stati 64, numero che ha segnato un picco di crescita rispetto all'anno precedente (erano 50 nel 2017) e che ha raggiunto un livello che non si riscontrava dal 2011. "Nei primi 3 mesi del 2019, dieci persone si sono tolte la vita in carcere - ha sottolineato Rossi -, all'incirca una alla settimana. L'ultima e' morta due giorni fa. E' difficile e doloroso tradurre in numeri le singole storie ma e' necessario farlo per cercare di comprendere le possibili origini comuni del fenomeno e individuarne le possibili vie di contenimento. Delle 64 persone che si sono suicidate nello scorso anno, 37 non avevano ancora una pena definitiva, 22 erano in attesa del primo giudizio. L'eta' media di queste persone e' di 37 anni.
Il piu' giovane, nella Casa circondariale di Udine, aveva 18 anni". Ma il dato che colpisce di piu' e' quello della prossimita' al fine pena: 17 persone sarebbe uscite dal carcere in meno di 2 anni, 3 entro l'anno. E la drammaticita' di questi dati "non trova giustificazione nei numeri della popolazione detenuta - ha detto Rossi -. Va rilevato con assoluta chiarezza che l'amento dei casi di suicidio non e' rapportabile alla crescita del numero dei detenuti. Negli anni in cui sono state toccate le punte piu' alte di affollamento, ci sono stati casi in numero pari o minori a quelli registrati nel 2018: 63 nel 2010, su 67.961 detenuti.
62, nel 2011, su 66.897 detenuti. 58 nel 2012 su 65.701 detenuti. Le origini dell'aumento dei suicidi vanno quindi ricercate senza concedere nulla ai rapporti numerici".
Insieme ai suicidi, dal rapporto emerge che sono in crescita esponenziale anche gli atti di autolesionismo. "Nel 2018 si sono verificati nelle nostre carceri 1.197 tentati suicidi, 10.368 atti di autolesionismo, aumentati di oltre 1000 rispetto all'anno precedente, di circa 2000 rispetto al 2016, di oltre 3000 rispetto agli anni tra il 2013 e il 2016". E si sono registrate 680 aggressioni fisiche al personale della polizia penitenziaria.
"Numeri, dati, persone, che ci interrogano e ai quali va data urgentemente risposte evitando di incorrere in semplificazioni solo suggestive. Per esempio nell'ipotesi che gli eventi critici si verifichino maggiormente nelle sezioni a custodia aperta e con il sistema di sorveglianza dinamica". Da uno studio condotto nel 2018 risulta infatti che negli anni in cui si sono diffuse la custodia aperta e la vigilanza dinamica solo il 9,7 per cento delle aggressioni alla polizia si e' verificato nelle sezioni aperte, mentre il 50 per cento e' avvenuto nei reparti definiti ordinari. Cosi' come e' stato rilevato che quando i detenuti sono impegnati nello studio e in attivita' al di fuori della 'cella' non maturano le tensioni alla base della maggior parte degli episodi. Mentre un altro grosso ostacolo arriva dall'assistenza psichiatrica.
"Si fa pressante l'appello a mettere mano ai servizi di assistenza sanitaria negli istituti penitenziari - ha concluso Emilia Rossi - e al Parlamento perche' provveda con urgenza a definire la materia del disagio psichico in carcere riprendendo in considerazione quei provvedimenti lasciati in sospeso nell'approvazione dei decreti attuativi della legge delega di riforma dell'ordinamento penitenziario, che tra l'altro contemplavano la costituzione di sezioni per infermita' psichica a totale gestione sanitaria. Corrispondendo alla responsabilita' che lo Stato si assume quando si fa custode della vita delle persone detenute" (Wel/ Dire)