Roma, 16 ott. - Le Residenze per le misure di sicurezza, ovvero le Rems, sono "la strada giusta" e lo testimonia il turnover dei pazienti (oltre 100 i pazienti dimessi nel Lazio), ma non devono essere lasciate sole in questa sfida: hanno bisogno dell'impegno e dell'attenzione di tutti gli attori che gravitano attorno, dalla magistratura ai servizi territoriali.
A fare luce sul funzionamento di queste nuove realta' e' una ricerca dal titolo 'Le Residenze per le misure di sicurezza viste da vicino' - Una ricerca sui percorsi biografici e giudiziari degli internati nelle Rems di Ceccano e Pontecorvo', presentata all'universita' degli studi Roma 3. Lo studio, condotto da Francesca Cancellaro, titolare della borsa di studio "Massimo Pavarini", e' stato realizzato con il sostegno del Garante delle persone private della liberta' della Regione Lazio e dal Dipartimento di Giurisprudenza dell'Universita' Roma Tre.
"La ricerca nasce dal fatto che le Rems ormai sono operative da qualche anno - spiega Cancellaro- ma sono ancora in fase di sperimentazione e di rodaggio. Tuttavia, svolgono un ruolo fondamentale nell'ambito del nostro ordinamento giuridico, anche se sono di fatto piccole realta' sociosanitarie".
Nel Lazio sono cinque le Rems attive e 91 i posti previsti, anche se l'attuale disponibilita' e' di 85 posti, spiega la ricercatrice. Le Rems oggetto della ricerca, inoltre, rappresentano uno spaccato significativo: quella di Ceccano, maschile, ha 20 posti, cosi' come le altre Rems della regione, ad eccezione proprio di quella di Pontecorvo che ha 11 posti ed e' riservata alle donne. "Queste due Rems rappresentano oltre un terzo del totale dei pazienti ricoverati nel Lazio- chiarisce Cancellaro -. Sono un buon punto di osservazione che rispetta entrambi i generi e sono collocate sotto un'unica direzione".
La ricerca e' stata condotta tra l'autunno del 2017 e la primavera del 2018 e ha focalizzato l'attenzione sui percorsi dei pazienti. "La maggior parte delle persone che sono ricoverate oggi a Ceccano e Pontecorvo viene da passati di Opg- racconta Cancellaro-, ha avuto piu' esperienze detentive prima di arrivare alla Rems e ha sperimentato altre comunita' terapeutiche. Sono persone che hanno disagi mentali variegati a cui spesso si associano patologie fisiche anche rilevanti, dipendenze e vissuti sociofamiliari piuttosto complessi". Dalla ricerca, inoltre, emerge che i reati contestati alle persone presenti nelle Rems sono in genere "gravi o molto gravi di violenza contro la persona, ma non mancano casi in cui ci sono violenze solo contro cose - aggiunge la ricercatrice -. Spesso delitti maturati in un contesto domestico e familiare, e altrettanto spesso sono stati proprio i familiari le persone offese e gli autori delle denunce".
Opportunita' e criticita'. Com'e' facile immaginare, le criticita' non mancano, ma emergono anche dati positivi. In primo luogo, afferma Cancellaro, ci sono le liste d'attesa. "Le Rems oggi sono piene e ci sono persone che stanno attendendo il proprio turno di accesso - continua -. In tutta la regione Lazio viene utilizzato, cosi' come altrove, il metodo delle liste d'attesa. Questo crea dei problemi a quelle persone che attendono in carcere, cosi' come tutti i problemi di chi si trova in stato di liberta' e non ha la possibilita' di accedere". Una lista d'attesa che e' di circa 60 persone su tutto il territorio laziale, spiega Stefano Anastasia, Garante delle persone private della liberta' della Regione Lazio, dovuta ad un "turnover troppo lento rispetto alle domande". Tra le difficolta', ci sono anche quelle che riguardano il personale delle strutture laziali.
Problema spesso condiviso con altre Rems in giro per l'Italia.
"Le Rems attualmente risultano sotto organico - spiega Cancellaro -, con l'assenza di alcune figure particolari".
Dalle Rems si esce. Nonostante le difficolta', le Rems laziali sembrano funzionare e anche bene. Tiene, e non era scontato, il numero chiuso nelle strutture e anche il turnover dei pazienti si inizia ad apprezzare. "Le Rems studiate sono sempre piene - fa sapere la ricercatrice -. Da quando sono operative, Ceccano ha ospitato 43 pazienti (ha 20 posti disponibili, ndr) e Pontecorvo 26 (su 11 posti disponibili, ndr)". Dati che fanno ben sperare, aggiunge Anastasia. "Dalle Rems si esce - spiega il Garante -. Cosa positiva, se ricordiamo cos'erano gli Opg e gli ergastoli bianchi. Nel primo anno e mezzo di attivita' 107 persone sono state dimesse dalle Rems del Lazio".
Un "bilancio piu' che positivo", quindi, ma si tratta di "una positivita' che va valorizzata", sottolinea Cancellaro. Il sistema Rems, infatti, e' ancora in fase di implementazione, specifica la ricercatrice. "Tante questioni devono essere messe a rodaggio, ma tutti gli attori che gravitano attorno al mondo della Rems devono svolgere la propria attivita' in modo integrato. La prima cosa e' non lasciare alle Rems anche la gestione di difficolta' per cui non sono nate e non hanno neanche le caratteristiche per poter far fronte". Il punto, aggiunge la ricercatrice, "e' non lasciare soli gli operatori che ogni giorno le affrontano queste criticita', anche perche' la Rems da sola non e' sufficiente a rispondere a quelle che sono le aspettative della riforma. Pensare che la Rems sia un contenitore che puo' risolvere tutti i problemi che riguardano il disagio psichico nell'ambito del sistema del nostro ordinamento penale e' inverosimile". In questa direzione, intanto, si stanno muovendo i diversi territori che ospitano le Rems, come nella Regione Lazio dove non mancano protocolli d'intesa tra Regione, ministero della Giustizia, Corte d'appello e procura generale per rispondere alle criticita'. "La prospettiva e' quella di lavorare sempre piu' di concerto con tutti questi attori e di risolvere i problemi", spiega Cancellaro.
Serve l'impegno di tutti. "Le Rems funzionano se hanno almeno altre due gambe su cui poggiarsi - puntualizza il Garante regionale -. Da una parte un'assistenza psichiatrica qualificata in carcere e dall'altra una capacita' di presa in carico sul territorio, perche' il problema delle Rems e' che dovrebbe essere un passaggio per misure meno contenitive o non un passaggio obbligato. Le Rems, finche' esisteranno le misure di sicurezza, sono il meglio che possiamo offrire, ma possono svolgere efficacemente la loro funzione se ci sono questi due pilastri".
Per tale motivo, prosegue Anastasia, "la scelta di istituire le Rems come strutture integralmente e esclusivamente sanitarie e' stata la strada giusta", ma serve "una maggiore attenzione di tutti gli attori, a partire dalla prudenza con cui la magistratura deve orientarsi a scegliere delle misure di internamento - conclude il Garante -. Il problema delle tante misure di sicurezza provvisorie nasce dal timore o dal pregiudizio nei confronti dei malati di mente, per cui il malato di mente autore di reato viene innanzitutto classificato come pericoloso e avviato alle Rems in forma cautelare, anche in via provvisoria, ovvero prima che sia accertata la pericolosita' e la capacita' di intendere. In questa cosa c'e' un riflesso di una preoccupazione della societa' nei confronti del malato di mente autore di reato".
(Wel/ Dire)