La fondatrice del gruppo femminile 'Grepsy' racconta il paese
Roma, 27 nov.- "Il Brasile e' il quinto paese per violenza sulle donne, specialmente in ambiente domestico. Questo il record brasiliano in un gruppo di 83 paesi esaminati nella 'Mappa della violenza' elaborata nel 2015 dalla facolta' latino-americana di Scienze sociali". Alla Dire la psicoterapeuta junghiana Monica Nicola, fondatrice del gruppo psicoanaliticoo al femminile GrePsy, commenta i dati sul femminicidio in Brasile; l'identikit della vittima e i sintomi del trauma studiati da un gruppo di ricercatori dell'universita' di San Paolo, perche', come dice all'inizio del suo racconto, "la casa lascia in chi ha subito violenza ferite emozionali".
Ecco i numeri della violenza. "Tra il 2003 e il 2013 in Brasile il numero di donne morte in condizioni violente e' passato da 3.937 a 4.762: 13 femminicidi al giorno. Un aumento del 21% nella decade. Per donne nere e indios e' ancora peggio. Nel Brasile c'e' razzismo e in questi gruppi l'omicidio raggiunge percentuali che superano il 54%, raddoppiando il numero delle vittime da 1.864 a 2.875. La violenza domestica include tante forme di aggressione oppure di negligenza. D'accordo con i dati statistici del 2015 sulle pari opportunita' del Ministero di Giustizia e Cittadinanza: il 74% delle segnalazioni e' stato ricevuto mediante il servizio telefonico 180. Nel 72% dei casi denunciati la violenza risulta inflitta da un uomo con cui la vittima ha una relazione affettiva, oppure da parte del suo ex, o fratello, o padre o amante".
L'identikit delle violenze denunciate: "Il 50% e' violenza fisica, il 30% psicologica, il 7% morale, il 2% patrimoniale, il 4% sessuale e il 5% viene descritto come carcere privato: una prigione antica con delle corde impossibili da rompere, dove le vittime restano legate anche una settimana, ricevendo solo qualcosa da mangiare".
"Il dipartimento di Psichiatria della Scuola di medicina di San Paolo- spiega la psicoanalista brasiliana Monica Nicola- ha studiato i sintomi psico-patologici emersi nelle donne che hanno subito maltrattamenti, i cui dati sono stati forniti dalla polizia specializzata per la difesa delle donne. Il 76% di queste ha mostrato disturbi da stress post traumatico, l'89% depressione e il 94% disturbi d'ansia".
Spesso le donne pero' tendono a ritirare la loro denuncia e a giustificare il proprio carnefice. Le vittime, studiate proprio attraverso questi registri di denuncia, sottolinea Nicola, "mostrano tutte le alterazioni del sistema nervoso autonomo, hanno un ritmo cardiaco accelerato e problemi dermatologici dovuti ad ansia e pregiudizi cognitivi. La ricercatrice Adriana Monzambani fa parte di questo gruppo di ricerca e ha osservato come molte donne vittime di violenza sviluppino, nel momento dell'aggressione, esperienze dissociative peritraumatiche quali la paralisi e forme isteriche. Nella ricerca e' stato osservato anche come molti media veicolino l'immagine della donna provocatrice".
Sono tanti quindi gli aspetti delle violenze domestiche messi sotto la lente d'ingrandimento dagli studiosi. Tra questi c'e', inoltre, il "rapporto tra il consumo di alcol da parte delle donne e dei loro uomini violenti", analizzato da Carla Gebara, ricercatrice del dipartimento di Psicobiologia della Scuola di Medicina di San Paolo (EPM / Unifesp). Tale correlazione "non riguarda solo le classi sociali basse". Dalla sua tesi di dottorato 'Padrone di violenze domestiche' viene infatti identificata un'associazione tra la violenza subita, l'assunzione di alcol e la violenza diretta contro i figli. "Le donne vittime di violenza e ubriache- spiega Nicola- diventano aggressive con i propri figli, secondo il principio della 'ripetizione del modello'".
resta la difficolta' di uscire allo scoperto. "Confessare il maltrattamento per una donna e' difficile- conclude la psicoanalista- se confesso che lui mi maltratta io ammetto che mi lascio maltrattare. Difficolta' economiche, figli, autoinganni sono solo alcune delle scuse che le vittime si danno per non denunciare e i figli finiscono per sviluppare un forte odio contro il padre o per ripetere lo stesso meccanismo".
(Wel/ Dire)