(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 14 mar. - Circa 7 anni fa una mamma italiana ha compiuto una scelta diversa per l'istruzione primaria di suo figlio, aprendo cosi' una strada non nuova ma molto poco conosciuta in Italia: l'educazione parentale.
'Ai sei anni del nostro primogenito abbiamo girato tutte le scuole primarie della zona dove viviamo ma non abbiamo trovato nulla che facesse al nostro caso. Mi sono orientata quindi verso l'educazione parentale, che negli Stati Uniti e' legale. Ho trovato informazioni anche in Italia ma non erano ben fatte e mi sono dovuta rivolgere a un legale per fare chiarezza.
Successivamente ho aperto il mio blog Controscuola.it per aiutare tutte quelle famiglie che come me non sapevano dove reperire informazioni'. Lo racconta alla Dire Erika Di Martino, la pioniera dei mille homeschooler d'Italia, nonche' mamma coach di 5 bambini tutti bilingue, essendo lei italoamericana e, prima di dedicarsi intensamente all'educazione parentale, anche insegnate di inglese.
- Qual e' la differenza tra unschooling e homeschooling? 'Le famiglie che intraprendono un approccio educativo alternativo alla scuola tradizionale, si trovano davanti a due strade principali, anche se le sfaccettature sono molteplici perche' ogni famiglia poi personalizza il proprio modello educativo. Una strada e' quella di ripetere un po' la scuola a casa, riprendendo i programmi ministeriali, comprando gli stessi testi che si adoperano a scuola e dedicando una parte della giornata all'insegnamento, come avverrebbe in una classe, ma con altre figure di riferimento. L'altra e' invece l'unschooling- continua Di Martino- ovvero l'apprendimento naturale che mette il bambino al centro del suo percorso di istruzione. Il genitore non propone programmi preconfezionati, ma osserva il figlio, segue le sue passioni, i suoi interessi, le sue domande e curiosita' e gli offre un sostegno. Puo' naturalmente avanzare proposte didattiche se lo riterra' opportuno'.
La mamma coach ha optato per l'unschooling, ma e' anche attenta a 'garantire ai figli le basi e i concetti chiave di ogni singola materia, armonizzandoli in un discorso piu' ampio. Posso affermare che i bambini riescono a coprire tutti i requisiti imposti dalle linee guida ministeriali attraverso l'apprendimento naturale. Questo approccio permette di toccarli tutti, ma in maniera differente e con materiali diversi- continua la blogger- perche' l'homeschooling e l'unschooling possono propendere verso l'uso di materiali didattici meno classici: video, tablet, applicazioni e tutto il panorama artistico e archeologico italiano. Non sono una realta' rigida e statica, ne' parliamo di bambini alla Rousseau che si autoeducano'.
- La leadership genitoriale e' presente? 'Molto di piu' nell'educazione parentale che non nella scuola pubblica.
Sfogliando i giornali o leggendo i social network vediamo come i problemi della societa' di oggi siano legati alla mancanza di leadership genitoriale- chiosa la mamma-: il genitore delega la scuola per risolvere la questione educazionale e la scuola si ritrova a gestire troppi bambini in una situazione non ottimale, e quindi si scontra con i genitori che non educano i loro figli. In questo rimpallo di competenze, gli unici che perdono sono i bambini rimasti privi di punti di riferimento'. Quando parliamo di apprendimento naturale 'non dobbiamo immaginare dei 'bambini allo sbaraglio', in quanto i genitori sono presenti e pronti ad assisterli dal piano emotivo a quello didattico ed educazionale'. Nell'educazione parentale si da' grande risalto alle soft skills (competenze relazionali), 'che la scuola non contempla in quanto il contesto classe e i tempi ristretti non aiutano, e che invece serviranno sempre di piu' in un mondo in cui le persone hanno difficolta' ad esprimersi. Oggi le relazioni sono schermate e avvengono soprattutto attraverso chat, emoticon e pc- ricorda Di Martino- ma gli adulti che avranno successo nel mondo (anche del lavoro) saranno quelli che hanno le soft skills'.
- Quanti unschooler e homeschooler ci sono in Italia? L'Italia sta scoppiettando di proposte educative alternative alla scuola, ma sfortunatamente non ho dati certi. Quelli ministeriali (relativi all'anno scolastico 2014-2015 che individuano 945 alunni in istruzione parentale) sono difficili da interpretare: inglobano anche chi frequenta le scuole parentali, finendo per creare una nebulosa. Inoltre- precisa Di Martino- il metodo che usano i genitori e' difficile da individuare, all'inizio tenderanno a ripetere la scuola a casa poi, con l'esperienza, si rendono conto di come avviene realmente l'apprendimento.
L'educazione parentale e' un processo di normalizzazione/naturalizzazione, nel senso che quello che oggi e' naturale non viene ritenuto come normale: avere figli stressati, che corrono come trottole e non escono la domenica dovendo studiare tutto il giorno e' visto come una cosa normale, tuttavia non e' naturale'. In Italia esistono molte scuole alternative: montessoriane, steineriane o libertarie che hanno una grande storia alle spalle 'ma a volte la retta e' molto alta oppure sono molto distanti, quindi ho preferito optare per un'educazione a casa che garantisce una continuita', stabilita' ed autonomia che non avrei se dovessi appoggiarmi ad altri'.
- L'educazione parentale necessita che uno dei due genitori non lavori? 'Io lavoro, cosi' come mio marito, e abbiamo cinque figli. Non e' una questione di lavoro ma di organizzazione- chiarisce la mamma- c'e' bisogno di tanto tempo e sicuramente non e' una scelta da prendere alla leggera perche' di moda o dettata dall'essere stati delusi dalla scuola. L'importante e' avere la possibilita' di organizzarsi e di mettere in discussione la propria routine e la propria stabilita'. Quando abbiamo fatto questa scelta ho lasciato il mio lavoro e me ne sono inventata un altro. Ci vuole sicuramente tempo, ma ci sono anche tanti genitori che lavorano a turni e si alternano, o famiglie con genitori single che ci riescono. È una questione di organizzazione, noi facciamo i salti mortali ma siamo felici e convinti'.
- La facolta' di Scienze della formazione primaria individua un percorso di studio di 5 anni per preparare gli insegnanti, come fanno i genitori ad insegnare non avendo alle spalle questa formazione? 'Smettiamola di pensare alla figura dell'insegnate- risponde Di Martino- noi siamo i sostenitori dei nostri figli.
Non bisogna formarsi per insegnare ai propri figli in maniera specifica. L'importante e' avere tempo e voglia di imparare, perche' non c'e' niente di piu' importante per un bambino che vedere un genitore che si metta al suo fianco e che abbia voglia di imparare ex novo o di reimparare. Non stiamo solo passando nozioni, stiamo spendendo del tempo insieme. La marcia in piu' dell'educazione a casa e' che crea ricordi e relazioni. Su quest'ultimo punto la scuola rimane un po' arida- sottolinea la blogger- perche' la finalita' ultima rimane la valutazione, mentre l'educazione parentale mira a creare momenti di condivisione tra fratelli, e tra genitori e figli. Chi si forma per insegnare dovra' porsi delle domande, capire se gli piacera' farlo e soprattutto se gli piacciono i bambini. Un genitore che compie questa scelta dedica il proprio cuore a tale compito'.
- Come segue il programma didattico? 'Noi studiamo a progetto. Se mio figlio desidera conoscere le motociclette, partendo da questo soggetto inseriro' tutto il discorso materie: la moto porta a discutere di storia (quando e' stata inventata?), di geografia (dove sono state create e da dove arrivano i pezzi di ricambio?),di ingegneria (come funziona un motore?)- spiega Di Martino-. Puo' capitare che andremo da un meccanico per farci mostrare dal vivo come funzionano e farci raccontare perche' ha scelto questo lavoro, oppure abbiamo un amico che ha la moto. Il lavoro a progetto permette di toccare tutte le materie classiche all'interno di un discorso che appassiona il bambino. L'iter di studio e' concentrico. Anche la grammatica la facciamo leggendo libri, giocando a scarabeo, facciamo tutto ma da un punto di vista relazionale e non nozionistico'. Si puo' andare avanti cosi' fino al ciclo universitario. 'È ovvio che se avessi delle carenze, come le ho in musica, mi rivolgerei ad altri. Anche i bambini scolarizzati vanno a ripetizione'.
- Ci sono dei 'contro' in questa scelta? 'Il confronto con la societa' italiana e' complicato- fa sapere la pioniera italiana dell'homeschooling- e' ancora molto rigida nei propri schemi mentali, restia al cambiamento. È facile trovare familiari e/o amici scettici, perche' manca l'informazione. Queste famiglie devono essere sia molto serrate sui diritti/doveri relativi alla parte burocratica, perche' le difficolta' che si incontrano riguardano soprattutto il rapporto con le istituzioni, che essere molto convinte per poter affrontare le pesanti critiche che arrivano dal mondo familiare ed amicale. E' necessaria un'armonia di base in famiglia, altrimenti si parte con il piede sbagliato, e poi bisogna mettersi in rete (c'e' la rete nazionale con educazioneparentale.org). Si pensi che in Lombardia (Milano, Bergamo, Pavia e Como) siamo una quarantina di famiglie e ci vediamo settimanalmente per stare insieme, scambiarci opinioni e far incontrare i nostri figli'.
- I suoi figli come vivono questa scelta? 'Fanno tantissime domande sulla scuola, non a me ma ai loro amici scolarizzati che incontrano al parco o durante lo sport pomeridiano. Non vogliono andare a scuola, noi glielo chiediamo ogni anno perche' facciamo sempre la dichiarazione, e semmai nutrissero dei dubbi li aiuteremmo a frequentare la scuola tradizionale. L'educazione parentale e' una realta' duttile, non e' rigida. È possibile fare educazione a casa per diversi anni e poi tornare al percorso classico senza difficolta''.
- Non e' traumatica la parte della valutazione? 'La valutazione e la competizione fanno parte dell'esistenza- aggiunge la mamma-, noi non mettiamo i nostri figli sotto la campana di vetro, e sfido chiunque a provare a farlo e a riuscirci. E' impossibile. La nostra vita e' sofferenza, e l'errore che genera sofferenza fa crescere. A scuola si tende a far passare il messaggio che gli errori siano negativi- ricorda Di Martino- c'e' il voto brutto, la pagella insufficiente, la punizione. Bisogna piuttosto far capire che l'errore non esiste, esiste solo l'esperienza. Sono in contatto, tramite il mio blog, con tanti insegnanti che condividono questa visione. È una rivoluzione che cambiera' tutti'.
- Cosa accadra' a questi bambini una volta cresciuti? 'Di solito i ragazzi che fanno homeschooling sono alternativi anche nel lavoro- afferma la mamma- sono indipendenti lavorativamente parlando, seguono le loro passioni e fanno tante esperienze da subito. Mio figlio maggiore ha una grande passione per la danza e adesso sta frequentando l'Accademia Teatro alla Scala. Ha superato tutte le audizioni lo scorso anno ed e' entrato pur non avendo mai frequentato la scuola'.
Di Martino e' in contatto costante con genitori e insegnanti, e tramite il suo canale Youtube fornisce consigli e da' vita a campagne di sensibilizzazione: 'Ricevo molte email di genitori che hanno difficolta' perche' i figli vengono etichettati con Disturbi specifici dell'apprendimento (Dsa). A volte sono loro stessi che li etichettano in buona fede, desiderando che il figlio sia accolto, non giudicato e rispettato nei propri tempi, ma poi si rendono conto che l'etichetta Dsa non risolve i loro problemi'. Per questo motivo ha inventato i Disturbi specifici dell'insegnamento, i Dsi, che riguardano 'una concezione dell'insegnamento a senso unico, che prevede un tipo di funzionamento e un tipo di risposta uguale per tutti gli studenti. Non e' quindi il bambino ad essere disturbato, ma la struttura ad avere problemi di gestione. E non e' nemmeno colpa degli insegnanti, che a volte non hanno il tempo o non sono preparati. È una guerra tra poveri che finisce per minare l'autostima del bambino. Non possiamo creare una generazione di nuovi adulti che si sentiranno incapaci, e' importante sensibilizzare su questo argomento- conclude- perche' stiamo guardando il problema dal lato sbagliato'.
Qui il video.
(Wel/ Dire)