IdO: Puntare su educazione, a Natale il regalo piu' grande e' il tempo dedicato
(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 19 dic. - "Frequentemente mi chiedono come stanno i genitori di oggi, rispetto al passato. I genitori di oggi sono soli!". Lo dice Bruno Tagliacozzi, analista junghiano e psicoterapeuta dell'IdO, che ha parlato di 'Adolescenti difficili; figli dei tempi o tempo dei figli' al XXIII° Convegno Nazionale del Centro Studi Sociali sull'Infanzia e l'Adolescenza 'don Silvio De Annuntiis' sul tema 'Curare le famiglie: metodi e strumenti per il sostegno alla genitorialita' vulnerabile'.
"Negli ultimi decenni, sempre piu' la famiglia si e' andata nuclearizzando, perdendo quel contesto parentale e sociale che frequentemente, nel bene o nel male, rappresentava una sorta di continuita' nella trasmissione di una cultura delle relazioni intra ed extra familiari. La classica famiglia odierna, con un figlio unico, spesso nato da genitori non proprio giovanissimi, con nonni altrettanto anziani e non sempre in condizioni di salute ottimali, determina una sorta di isolamento del nucleo familiare, costretto a ricorrere spesso a diverse forme di intrattenimento extrafamiliare del figlio unico, quale modalita' di impiego quantitativo del tempo, a scapito di una presenza mediata dagli affetti e da persone significative. Non ultime le preoccupazioni economiche- ricorda l'esponente dell'IdO- che costringono sempre di piu' i genitori a trascorrere troppo tempo fuori di casa e a ritornarci troppo stanchi e frustrati, sentendo il ruolo genitoriale come una sorta di ulteriore carico lavorativo".
Ma chi sono gli adolescenti di oggi? "L'adolescente di un tempo era quello che si trovava il 'muro' dei genitori dentro casa, che gli rinfacciava che 'questa casa non e' un albergo', e che quindi era necessaria la partecipazione a quel microcosmo chiamato famiglia. Richiesta di partecipazione che allo stesso tempo determinava il desiderio di fuga, una spinta verso il macrocosmo sociale. Da quella dimensione - 'questa casa non e' un albergo' - siamo passati a quella che oggi definirei 'questa casa e' una stazione di servizio'. Entri, esprimi le tue esigenze, qualcuno ti rimette in sesto il mezzo (lavanderia e cambio scarpe), poi ti avvicini all'autogrill per rifocillarti, ripulirti, ristorarti e trascorrere li' la notte. Una sorta di tessitura della tela appiccicosa che ingloba e ingabbia- sottolinea lo psicoterapeuta- senza che te ne rendi conto, anzi con la presunta consapevolezza di sentirti un gran 'fico'. Tutto cio' impedisce di intraprendere la propria strada personale, intrappolato nella tela del ragno, una fra le tante rappresentazioni simboliche del potere dell'archetipo della Grande Madre Terribile che cerca di trattenere l'adolescente nel proprio bozzolo, adulandolo e vezzeggiandolo, per impedirgli di intraprendere il suo percorso individuativo".
Due le tipologie di adolescenti. "L'adolescente di 'questa casa non e' un albergo' si chiudeva nella sua camera con l'intento di trovare una soluzione, di riflettere su un conflitto per ricercare un migliore adattamento con la realta' esterna, una via d'uscita che lo riproiettasse verso il mondo reale circostante; l'adolescente di 'questa casa e' una stazione di servizio' si chiude nella sua camera perche' quella e' la sua realta' sociale, il suo mondo virtuale di gioco, relazioni e sentimenti. È il fenomeno del ritiro sociale in adolescenza- sottolinea l'analista junghiano- nelle sue diverse manifestazioni. Pero', Internet, nelle sue varie forme di giochi e social, non e' la causa del ritiro, ma la conseguenza del ritiro. Si pensi al fenomeno chiamato Hikikomori, nato in Giappone verso la meta' degli anni Ottanta del Novecento (quando Internet non era ancora diffuso) e ora rilevato anche in Italia (il progetto 'Hikikomori Italia' nasce a partire dal 2013 e ha un suo sito)".
Hikikomori significa letteralmente 'stare in disparte, isolarsi', e' un termine giapponese usato per riferirsi a coloro che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale, spesso cercando livelli estremi di isolamento e confinamento. "Tali scelte sono causate da fattori personali e sociali di varia natura. Tra questi ultimi, la particolarita' del contesto familiare in Giappone, caratterizzato dall'assenza della figura paterna e da un'eccessiva protettivita' materna, e dalla grande pressione della societa' giapponese verso l'autorealizzazione e il successo personale, cui l'individuo viene sottoposto fin dall'adolescenza. Ma se l'Hikikomori potrebbe sembrarci un fenomeno da relegare ai paesi dell'estremo Oriente- prosegue Tagliacozzi- in Italia primeggiamo per il fenomeno dei NEET".
NEET e' l'acronimo inglese di "not in education, employment or training", in italiano conosciuti anche con l'abbreviazione 'ne'-ne''. I dati relativi ai 'ne'-ne'' sono utilizzati in economia e in sociologia del lavoro per indicare individui che non sono impegnati nel ricevere un'istruzione o una formazione, non hanno un impiego ne' lo cercano, e non sono impegnati in altre attivita' assimilabili, quali ad esempio tirocini o lavori domestici. Il termine e' stato usato per la prima volta nel luglio 1999, nel Regno Unito. In Italia l'utilizzazione della categoria 'ne'-ne'' come indicatore statistico si riferisce a una fascia anagrafica la cui eta' e' compresa tra i 15 e i 29 anni, anche se in alcuni usi viene ampliato per i giovani fino a 35 anni se ancora coabitanti con i genitori. Nel 2016 in Italia, il 25 % dei giovani fra i 15 e i 29 anni era classificato 'ne'-ne'', il dato piu' alto fra i paesi europei, dove la media europea e' pari al 14%.
"Questo ci pone impellentemente il tema dell'educazione, del ruolo attivo del genitore nell'educare i figli- continua Tagliacozzi- e in occasione del Natale, il regalo piu' grande che si possa fare ai figli e' quello del 'tempo dedicato'. Staccando dal lavoro e dagli impegni i genitori possono prendere un tempo che sia dedicato ai figli in termini di fare cose con loro: giocare, costruire, creare. Esperienze che poi si traducono in un modello affettivo. Lo stare insieme deve essere partecipativo, il tempo dedicato deve essere qualcosa che si fa insieme, non uno stare vicini che vede i genitori distratti e i bambini giocare da soli, ma un partecipare e appassionarsi insieme. In queste giornate di festa si puo' decorare insieme l'albero, cucinare insieme- conclude lo psicoterapeuta- e questo ci riporta in una dimensione familiare dello stare insieme che e' importante da recuperare".
(Wel/ Dire)