Riconoscimento e gestione emozioni diventi competenza e punto di forza
(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 12 dic. - "E' sicuramente scomodo e fuori luogo iniziare a trattare una tematica partendo proprio da una domanda, ma credo sia necessario farlo, nonche' professionale tentare di dare una risposta che abbia un senso. Allora il quesito e' il seguente: perche' parlare di emozioni? In qualsiasi contesto che riguardi la vita dei bambini, la scuola, la famiglia o il campo da calcio e' importante che sia data loro la possibilita' di comunicare verbalmente, ma allo stesso modo di facilitare il processo di espressione di sensazioni e vissuti emotivi legati ai singoli eventi quotidiani (comunicazione non-verbale)". Lo scrive GianlucaPanella, psicoterapeuta dell'eta' evolutiva e psicologo dello sport.
"Occupandomi tutti i giorni di pratica clinica nell'infanzia e nell'adolescenza in diversi ambiti, mi rendo conto con un certo grado di consapevolezza che cio' sopra descritto non accade spesso, anzi, quasi mai. Parlare di emozioni, di empatia, di rispecchiamento emotivo, nella fattispecie all'interno del rettangolo verde di calcio e', secondo il mio modello relazionale con i giovani calciatori, di vitale importanza. Oggi- continua Panella- vi e' la tendenza a dare un peso maggiore alla performance sportiva principalmente in termini tecnici, cognitivi e di risultato, e consciamente o inconsciamente ci si pone in un atteggiamento di difesa rispetto alle emozioni che emergono durante la vita calcistica dei giovani atleti. In poche parole diviene piu' semplice negarle, allontanarle o arginarle, piuttosto che riconoscerle ed affrontarle come un aspetto potenziale di crescita psico-emotiva. Cio' implica un lavoro piu' lento e progressivo nel tempo- spiega lo psicologo- e conosciamo bene qual e' lo stile di vita dei giovani calciatori che vediamo allenarsi nei campi da calcio: carico di aspettative, frenetico e spesso sotto-pressione".
Nel lavoro in campo la presenza dello psicologo dello sport "viene spesso trascurata- fa sapere Panella- invece potrebbe essere una risorsa in piu', un'opportunita' che la scuola calcio possiede per far si' che nel tempo i bambini possano crescere con un sano modello sportivo e ottenere dei buoni risultati. Un bambino o un adolescente in fase di maturazione e di cambiamenti repentini, continuamente esperisce delle emozioni, sia negative che positive, ed e' compito e responsabilita' dell'adulto psicologo-allenatore-educatore, attraverso una modalita' di ascolto empatico ed esercizi mirati, aiutare il calciatore ad affrontare, comprendere e saper gestire i propri stati emotivi e quelli che l'ambiente suscita per acquisire maggiore consapevolezza psicocorporea e crescere in modo adeguato all'eta'".
Negli ultimi anni, nell'ambito della psicologia applicata allo sport, "stanno nascendo nuovi metodi, nuove tecniche e soprattutto nuove figure (personal trainer, mental coach, mental trainer). Stiamo assistendo a una visione centrata sul potenziamento indifferenziato della prestazione sportiva, mentre sarebbe utile poter iniziare a cambiare rotta per allontanarci dalla visione parcellizzata dell'atleta- consiglia Panella- dove vengono percepiti in modo separato mente e corpo, bensi' lavorare sul linguaggio segreto del corpo, sulle emozioni, ed essere in grado nel tempo di aiutare i giovani calciatori ad integrare, attraverso una maggiore consapevolezza di se', aspetti cognitivi e corporei nella cornice dei gesti atletici inerenti il calcio". Tutto cio' "ci permette di non soffermarci in modo meccanico ed esasperante solo sulla tecnica, la tattica seguendo un eserciziario imposto dalla societa'. Non soffermiamoci solo sul recepire cosa sa fare e/o cosa non sa fare un giocatore, ma alleniamoci e sensibilizziamoci a chiederci il come un giocatore mette in atto un determinato comportamento in un'ottica non categoriale ma dimensionale e che possa contemplare ampi margini di risposte di crescita. Dobbiamo essere abili a non considerare sole le cosiddette abilita' mentali (attenzione, concentrazione, visualizzazione, goal-setting, self-talk etc..), che ci insegnano nei corsi UEFA, ma di fare in modo che il lavoro sul riconoscimento e la gestione delle emozioni possa diventare una competenza e un punto di forza per raggiungere gli obiettivi sportivi. I bambini- conclude- hanno il dono di possedere delle ali, e' compito degli adulti insegnare loro a volare".
(Wel/ Dire)