Roma, 26 gen. - "Apprendiamo non senza disagio che, in sede di conversione del decreto Milleproroghe presso il Senato, sono stati presentati diversi emendamenti con cui si ripropone l'aumento a 72 anni dell'età pensionabile dei medici convenzionati e dipendenti, ospedalieri e universitari, già bocciato nella legge di bilancio 2023. Non è chiaro quale obiettivo si intenda perseguire in tal modo, perché la Società Italiana di Chirurgia è fermamente convinta che il provvedimento non sia in grado di risolvere la crisi dovuta alla carenza di personale sanitario". E' quanto dichiara in una nota il presidente della Società Italiana di Chirurgia, Massimo Carlini.
"Si tratta di un problema cronico- spiega- che è diventato strutturale e richiede ben altre soluzioni: innanzitutto, come già spiegato dalla FNOMCEO e richiesto a più riprese dalle sigle sindacali, è necessario abolire il tetto di spesa sul personale per consentire l'immediata assunzione di giovani medici, anche specializzandi all'ultimo anno, pronti ad entrare nel Sistema Sanitario Nazionale. I tagli alla sanità pubblica degli ultimi anni, hanno determinato una carenza di decine di migliaia di unità lavorative mediche e infermieristiche negli ospedali sopravvissuti ai diversi piani di rientro: di queste, 4300 sono chirurghi".
"L'innalzamento dell'età pensionabile- continua Carlini- porterebbe di fatto al congelamento delle carriere e delle assunzioni, mantenendo in servizio chirurghi anziani spesso demotivati e affaticati da un mestiere notevolmente usurante.
Oltre la metà dei medici italiani ha un'età media superiore ai 55 anni e nella poco lusinghiera classifica relativa all'anzianità della categoria che emerge dall'ultimo rapporto dell'OCSE, l'Italia occupa il primo posto in Europa. Prolungare la permanenza in servizio di professionisti con mansioni delicate, già a forte rischio burnout, può rivelarsi pericoloso, oltre che irresponsabile".
"Occorre- prosegue- assumere chirurghi giovani e varare immediatamente misure per fronteggiare la crisi vocazionale senza precedenti che sta attraversando la categoria, alle prese con un riconoscimento sociale, professionale e retributivo ai minimi storici. Se a questo si aggiungono le sempre più frequenti aggressioni fisiche subite in corsia e quelle morali dovute alla mancanza di tutela giuridico-legale a fronte delle inaccettabili denunce penali e civili, il quadro è sicuramente allarmante e il futuro dell'assistenza ospedaliera è seriamente a rischio. La barca sta affondando, ma non si può tappare la falla con un dito sperando di arrivare in porto: bisogna garantire la tenuta di un sistema fondamentale per il Paese e assicurare i livelli essenziali di assistenza e la salute degli italiani" conclude Carlini.
(Red)