Roma, 10 giu. - Riduzione dell'aspettativa di vita, che cala in un anno di tutto il guadagno ottenuto nel decennio precedente; aumentata mortalità per cause quali demenze e diabete; crollo del PIL del Paese di almeno 5 punti percentuali in un anno. È il prezzo che sta pagando l'Italia a oltre un anno dall'inizio della pandemia, che ora però grazie all'aumento della temperatura e alla campagna vaccinale sta allentando la presa, come testimoniato dalla sensibile riduzione del numero di nuovi contagi giornalieri, dei decessi e dei ricoveri nelle terapie intensive.
Il Covid-19, in particolare, ha 'bruciato' 10 anni di guadagni in aspettativa di vita: si osserva, infatti, una riduzione consistente della speranza di vita alla nascita, tanto da annullare i guadagni ottenuti nel decennio precedente. A livello nazionale la variazione tra il 2019-2020 di questo indicatore è stato pari a -1,4 anni per gli uomini e -1,0 anni per le donne. È quanto emerge dalla XVII edizione del 'Rapporto Osservasalute', curato dall'Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane e presentato oggi nel corso di una conferenza stampa da remoto.
"Dal febbraio 2020 si sono registrati oltre 4 milioni 234mila contagi e oltre 126mila decessi- si legge nel report- un numero tale da farla diventare la seconda causa di morte e che ha comportato una sensibile riduzione della speranza di vita della popolazione italiana (-1,4 anni, con punte di -2,6 in Lombardia tra gli uomini e -2,3 in Valle d'Aosta tra le donne)". In Italia nel 2020 ci sono stati "oltre 746mila decessi, un numero decisamente elevato osservando la serie storica degli ultimi 10 anni, con un incremento di oltre 101 mila decessi rispetto all'anno precedente".
L'analisi della mortalità da Covid-19, depurata dalla struttura per età della popolazione, evidenzia che "la Valle d'Aosta (246,1 decessi per 100.000 abitanti) e la Lombardia (208,6 per 100.000) hanno sperimentato una mortalità più che doppia rispetto a quella media nazionale (103,9 per 100.000)". Le regioni hanno avuto comportamenti diversi nella gestione dei contagiati: Lazio e Sicilia, due regioni con la prevalenza dei contagi più bassa rispetto alla media, hanno fatto "più ricorso all'ospedalizzazione"; al contrario il Veneto, una delle zone maggiormente colpite dai contagi, ha gestito "più di ogni altra i pazienti a domicilio".
La pandemia, fa sapere ancora il Rapporto Osservasalute, ha concorso al peggioramento delle condizioni di salute di persone in condizione di particolare fragilità, come dimostra "l'aumento, rispetto alla media 2015-2019, di altre cause di morte, quali demenze (+49%), cardiopatie ipertensive (+40,2%) e diabete (+40,7%)". Le conseguenze della pandemia sull'economia sono state quindi "devastanti", i dati indicano infatti che nel 2020 il PIL è diminuito del 5,1% rispetto al 2019; il calo osservato è, in parte, dovuto al rallentamento delle attività produttive e dei consumi. Le attività che hanno subito maggiormente la crisi sanitaria sono quelle relative ai settori legati al turismo e alla cultura che hanno subito "una riduzione del 19% rispetto al 2019". La campagna di vaccinazione, infine, ha scontato ritardi dovuti alla disponibilità delle dosi dei vaccini: fino al 7 giugno 2021 sono state somministrate oltre 38 milioni di dosi di vaccino, 13 milioni di persone vaccinate, delle quali il 21% ha completato il ciclo vaccinale.
Complessivamente, sono state "buone le performance regionali rispetto alla percentuali di somministrazione dei vaccini in relazione alle dosi disponibili: quasi il 91% a livello nazionale, Umbria, Lombardia e Marche con il 93% sono la regioni più virtuose; Sardegna (84%), PA di Trento, Lazio e Valle d'Aosta (88%) quelle con la quota più bassa", conclude il Rapporto.
(Red)