Roma, 25 gen. - Fermare lo sviluppo delle metastasi ossee nel tumore al seno grazie a un anticorpo monoclonale. E' il risultato raggiunto da un innovativo studio internazionale multicentrico, appena pubblicato sulla rivista scientifica Oncogene, condotto dal dottor Francesco Pantano dell'Unita' di Oncologia medica del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico guidata dai professori Giuseppe Tonini e Daniele Santini in collaborazione con il professor Philippe Clezardin dell'Inserm di Lione e grazie al lavoro dei gruppi di ricerca dell'Institut Curie di Parigi e dell'Universita' di Amburgo.
Grazie a uno screening esteso effettuato sul genoma di pazienti affetti da tumore della mammella, il team di ricerca ha identificato la proteina integrina alfa5 come uno dei fattori maggiormente coinvolti nei processi di metastatizzazione ossea. Tali processi possono essere responsabili della comparsa di recidiva anche a distanza di anni dalla fine dei trattamenti chirurgici e adiuvanti.
La scoperta del gruppo internazionale guidato dall'Universita' Campus Bio-Medico di Roma apre la strada a una prospettiva terapeutica nuova che colpisce un aspetto del processo di metastatizzazione fino a oggi mai esplorato. "Questo studio ci mostra che nella ricerca oncologica- dice Pantano- emerge sempre di piu' come ogni tumore agisca secondo strategie specifiche: il nostro sforzo e' quello di comprendere sempre meglio i diversi meccanismi biologici per offrire ai pazienti trattamenti sempre piu' mirati".
L'equipe internazionale ha poi studiato il ruolo effettivo dell'integrina alfa5 nel processo di metastatizzazione bloccandone la sua azione attraverso l'utilizzo dell'anticorpo monoclonale Volociximab. L'elevata efficacia del Volociximab nell'inibire la formazione di metastasi ossee e' stata dimostrata prima su modelli in vitro e poi in vivo nei laboratori di Oncologia Traslazionale dell'Universita' Campus Bio-Medico di Roma e dell'Inserm di Lione.
"La proteina integrina alfa 5- spiega Pantano- e' il 'gancio' con cui la cellula tumorale si lega alla fibronectina, che e' altamente presente nel microambiente osseo. Questo 'aggancio', il primo evento che porta allo sviluppo delle metastasi, viene bloccato dal Volocixamab che si frappone alle due molecole e ferma la propagazione del tumore nell'osso. Il risultato e' molto promettente anche perche' il farmaco e' sicuro, e' gia' stato testato e non e' tossico".
Volociximab era stato studiato senza fortuna in passato come farmaco anti angiogenetico per inibire fenomeni connessi alla crescita del tumore causati dall'integrina alfa5 come la creazione di nuovi vasi sanguigni (necessaria alle cellule tumorali per alimentarsi). Avere a disposizione un farmaco che ha gia' superato le prime fasi di sviluppo clinico ridurrebbe notevolmente l'iter di sperimentazione sull'uomo permettendo una vera e propria operazione di 'Drug repurposing', ossia il riposizionamento terapeutico di un farmaco sulla base di nuove conoscenze scientifiche.
Nel 2020 il tumore al seno ha colpito in Italia quasi 55mila persone. Sebbene la mortalita' per tumore al seno sia in costante calo (-0,8 ogni anno) e la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi abbia raggiunto l'87%, secondo i dati Aiom si stimano ancora nel 2020 circa 12.300 decessi per questa malattia. "Nonostante i successi degli ultimi anni nella lotta ai tumori, ascrivibili soprattutto alla diagnosi precoce e ai trattamenti adiuvanti, nelle forme avanzate o in casi di particolare aggressivita' della malattia il tumore al seno resta curabile, ma non sempre guaribile- continua Pantano- In questo senso le metastasi ossee possono presentarsi anche a distanza di anni dalla fine delle cure perche' una chirurgia precoce non garantisce assenza di recidiva al 100%. Bloccare la possibilita' di una diffusione a livello osseo della malattia significherebbe non solo ridurre il dolore o le fratture che peggiorano di molto il benessere della persona, ma anche migliorare l'aspettativa di vita".
(Comunicati)