Roma, 12 apr. - E' stato pubblicato sulla rivista medica 'the Lancet EBioMedicine' uno studio osservazionale condotto dal Centro nazionale per la ricerca su hiv/aids (Cnaids) dell'Istituto superiore di sanita' (Iss).
Effettuata in pazienti hiv+ in terapia antiretrovirale (cart) da vari anni, la ricerca ha messo in luce il ruolo fondamentale della risposta immune contro la proteina tat di hiv nell'indurre un continuo recupero dei linfociti cd4+ e nel ridurre la viremia residua che cart non riesce ad azzerare.
Lo studio ha confermato il razionale scientifico alla base dei lavori gia' pubblicati dall'Istituto superiore di sanita' sull'importanza di un vaccino anti-tat per potenziare la ricostituzione del sistema immune che la cart da sola, benche' molto efficace nel bloccare la replicazione virale, riesce a ottenere solo parzialmente anche dopo anni di terapia.
Dieci i centri clinici italiani coinvolti: azienda ospedaliero universitaria di Ferrara, istituto San Gallicano di Roma, ospedale Santa Maria Goretti di Latina, ospedale Santa Maria Annunziata di Firenze, Asst Spedali civili di Brescia e universita' degli studi di Brescia, Azienda ospedaliera 'Ospedale policlinico consorziale' di Bari, Azienda ospedaliero universitaria-Policlinico di Modena, ospedale Amedeo di Savoia di Torino, Azienda ospedaliera Luigi Sacco di Milano e fondazione centro San Raffaele del monte Tabor-Hs Raffaele di Milano.
"La soppressione della replicazione virale determinata dall'inizio della cart porta ad un forte e veloce recupero dei linfociti cd4+, le cellule immunitarie che 'orchestrano' la risposta immunitaria e che vengono 'aggredite' dal virus hiv - ha spiegato Barbara Ensoli, direttore del cnaids dell'iss e coordinatrice dello studio - tuttavia, dopo alcuni anni di terapia l'aumento dei linfociti cd4+ rallenta ed eventualmente si arresta, anche se non ha raggiunto i livelli ottimali, soprattutto nei pazienti che iniziano tardi la terapia".
"Inoltre -ha proseguito -anche nei pazienti in trattamento efficace permangono bassi livelli di viremia intermittente, denominata viremia residua, causa di progressione e co-morbilita'. Il nostro studio, condotto in pazienti in terapia cronica e seguiti per 3 anni, ha identificato nella risposta immune a Tat il fattore determinante per il perdurare dell'aumento delle cellule cd4 e per il controllo della viremia residua".
"Gli anticorpi anti-tat sono infrequenti nei pazienti infettati (20-30%), ma quando presenti si associano a un maggiore controllo della viremia residua e a livelli di cellule cd4 piu' elevati, con dinamiche di incremento nel tempo superiori rispetto a quanto osservato in pazienti che non hanno risposte immuni anti-tat" ha aggiunto Ensoli.
"In questi pazienti - ha poi concluso -si ha anche un miglioramento del funzionamento del sistema immune (immunoricostituzione) rispetto ai pazienti che non hanno questa risposta immune alla proteina Tat. Cio' conferma i risultati positivi con il vaccino tat che ha completato la fase II di sperimentazione nell'uomo sia in Italia che in Sudafrica con effetti positivi che perdurano anche dopo 8 anni dalla vaccinazione" (Ensoli et al, retrovirology 2015; Ensoli et al, retrovirology 2016; Sgadari et al, frontiers in immunology 2019).
(Red)