Roma, 29 gen. - "Quando mi sono ammalata di melanoma metastatico nel febbraio del 2013 avevo 29 anni, pensavo che non sarei nemmeno arrivata a spegnere le 30 candeline. È stato un fulmine al ciel sereno, fisicamente mi sentivo bene, le mie analisi del sangue erano perfette, eppure la malattia era gia' dentro di me, chissa' da quanto tempo. La diagnosi e' stata pesante: ricordo che non riuscivo a togliermi dalla testa la parola melanoma maligno". Con queste parole Monica Forchetta, presidente dell'associazione pazienti Italia melanoma, racconta alla Dire la sua esperienza in occasione dell'appuntamento 'Melanoma: un destino che puo' cambiare' promosso da Inrete Relazioni Istituzionali e Comunicazione, con il patrocinio di Imi (Intergruppo melanoma italiano) e grazie al contributo di Novartis. L'incontro, nella sala multimediale del Rettorato della Sapienza, a Roma, vuole fare il punto sulla patologia e sui progressi della ricerca destinati ad incidere positivamente sulla vita dei pazienti affetti da questa malattia.
Il melanoma, il piu' pericoloso tra i tumori della pelle, colpisce fasce sempre piu' giovani della popolazione. Nel 2019, secondo le ultime stime dell'associazione italiana di Oncologia medica, le nuove diagnosi sono circa 12.400, di cui 6.700 tra gli uomini e 5.700 tra le donne (4% di tutti i tumori in entrambi i sessi). Una patologia che rappresenta il 9% dei tumori giovanili negli uomini (al secondo posto tra le neoplasie piu' frequenti, dopo il testicolo) e il 7% nelle donne (terza neoplasia piu' frequente, dopo mammella e tiroide). Fino a pochi anni fa il melanoma era considerato una neoplasia rara, addirittura rarissima tra gli adolescenti, mentre negli ultimi 20 anni l'incidenza e' aumentata di oltre il 4% all'anno negli adolescenti di entrambi i sessi. Nel corso della vita si ammala un uomo su 66 e una donna su 85.
La sopravvivenza piu' alta per questo tipo di tumore si registra in Trentino Alto Adige (92%), Piemonte e Veneto (90%). Il Lazio, invece, e' la seconda Regione italiana per mortalita' maschile (131 decessi - Istat 2016), terza per quella femminile (79 decessi - Istat 2016). Nella regione del Centro Italia l'incidenza della patologia e' pari al 21,9% per gli uomini (650 casi ogni 100 mila abitanti) e al 14,5% per le donne (470 diagnosi ogni 100 mila abitanti). Negli ultimi anni si registra un aumento dell'incidenza della patologia nella fascia d'eta' 0-45 anni.
Per il melanoma individuato in uno stadio precoce, la chirurgia costituisce il trattamento standard ed e' associata a una buona prognosi a lungo termine. A 5 anni dalla diagnosi si registra un tasso di sopravvivenza del 98% nei pazienti in stadio I e del 90% di quelli in stadio II. Diverse le cose per lo stadio III, quando il tumore si estende ai linfonodi vicini (circa il 15% delle nuove diagnosi). In questo caso, infatti la patologia presenta rischi di recidiva elevati.
La mutazione di alcuni geni, come dimostrato da recenti studi, e' responsabile della proliferazione incontrollata delle cellule di melanoma. Fra questi il gene Braf, che - mutato - produce una proteina anomala la quale, non funzionando piu' correttamente, invia un segnale errato alla cellula tumorale che si moltiplica in maniera incontrollata. Per questo nei pazienti ad alto rischio (III stadio), gli esperti raccomandano l'esecuzione del test per determinare la mutazionale del gene Braf attraverso un test di laboratorio, eseguito su un campione di tessuto prelevato tramite biopsia.
"Mi e' poi stata eseguita la ricerca della mutazione genetica del gene Braf - ricorda Forchetta - che mi avrebbe permesso di accedere ad una terapia sperimentale. Non sapevo niente di mutazioni, geni e terapie sperimentali. Il dermatologo oncologico che mi ha asportato il melanoma mi ha spiegato che nella sfortuna sono stata molto fortunata perche' queste terapie sono mirate per i pazienti che presentano questa mutazione specifica: i primi tempi e' stata dura, gli effetti collaterali iniziali erano pesanti, anche se credo si trattasse piu' di paura che di altro. Piano piano con il passare delle settimane questi fastidi sono scomparsi cosi' come erano comparsi. Non smettero' mai di ringraziare i ricercatori e i medici per avermi dato l'opportunita' di essere ancora qui. Sosteniamo la ricerca - conclude - e' il nostro futuro".
(Elm/Dire)