Roma, 26 feb. - Le infezioni ospedaliere nei ricoveri per acuti possono costare la vita ai pazienti e sottraggono risorse preziose al Servizio sanitario nazionale: colpiscono 47 degenti su mille e costano 600 milioni all'anno. Per un ricovero con infezione sono necessari mediamente 17 giorni di degenza per un costo di 9.416 euro: risorse che potrebbero essere spese per la qualita' dei servizi, inoltre dal 2006 al 2018, la situazione e' peggiorata e i casi sono quasi raddoppiati passando da 25 a 47 su mille. Lo dice lo studio presentato a Roma sull'impatto economico delle infezioni del sito chirurgico nelle operazioni sanitarie, finanziato dal ministero della Salute e condotto dal CEIS-EEHTA (Economic Evaluation and HTA) della Facolta' di Economia dell'Universita' di Roma Tor Vergata.
"Considerando che un solo giorno di degenza costa mediamente 800 euro- ha spiegato Francesco Saverio Mennini, direttore dei Ceis- le infezioni allungano il periodo di ricovero facendo un doppio danno: il primo alla salute del paziente, il secondo alle risorse della sanita'. Per ogni ricovero in cui si sviluppa un'infezione il costo medio e' di 9.500 euro, risorse sprecate che potrebbero essere investite per migliorare i servizi sanitari, per la prevenzione delle stesse infezioni e per eventuali assunzioni di personale. Un'infezione per un intervento di ernia vale 4.627 euro e si passa ai 12.745 per una laparocele: un'enormita' che deve far riflettere e spingere a mettere mano a un cambiamento".
Per questo, ha precisato ancora Mennini, il "peggioramento del quadro statistico nei 12 anni analizzati e' dovuto solo in piccola parte a una migliore misurazione del fenomeno e dunque a un'attenzione piu' specifica a questo grave fenomeno connesso all'assistenza, ma anche e soprattutto da una situazione complessivamente piu' critica anche a causa del progressivo definanziamento della sanita', a una minore attenzione alla prevenzione, a un basso utilizzo di dispositivi medici di ultima generazione e piu' efficaci e ad uno scarso ricorso alla cura delle infezioni mediante utilizzo di antibiotici efficaci, accompagnati da un calo del personale impiegato nella nostra sanita' pubblica".
La ricerca e' stata illustrata nell'ambito del convegno 'Il ruolo dell'adozione di pratiche assistenziali e dei dispositivi medici innovativi di comprovata efficacia clinica nella prevenzione e riduzione dell'insorgenza delle infezioni ospedaliere', alla presenza di Claudio D'Amario (direttore generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute), di Marcella Marletta (direttore generale dei Dispositivi medici e del Servizio farmaceutico del Ministero della Salute), di Giovanni Rezza (direttore dipartimento di Malattie infettive dell'Istituto superiore di sanita') e di Massimo Andreoni (Ordinario di Malattie Infettive all'Universita' di Roma Tor Vergata).
LA RICERCA - Le infezioni ospedaliere rappresentano l'80% di tutte quelle osservate e interessano quattro principali distretti anatomici: il tratto urinario, le ferite chirurgiche, l'apparato respiratorio, il torrente circolatorio (sepsi, batteriemie). Per calcolare il valore economico delle infezioni post operatorie e' stato stimato il valore delle giornate di degenza aggiuntive imputabili alle infezioni confrontando la durata di degenza media, DRG specifica, dei ricoveri con e senza insorgenza di infezioni.
"Sono state prese in considerazione esclusivamente le infezioni che insorgono durante la degenza in ospedale, o in alcuni casi dopo che il paziente e' stato dimesso, e che non erano manifeste clinicamente ne' in incubazione al momento del ricovero", ha sottolineato Mennini. Gli interventi esaminati sono stati: appendicite, calcolosi, colecistite, diverticolite, ernia e laparocele.
Lo studio parte da una considerazione di metodo: in Italia non esiste un sistema di sorveglianza stabile delle infezioni ospedaliere, ma sono stati condotti numerosi studi multicentrici di prevalenza. Per questo e' possibile stimare che il 5-8% dei pazienti ricoverati contrae un'infezione ospedaliera e dunque ogni anno si verificano in Italia 450-700 mila infezioni, di queste, circa il 30% sono potenzialmente prevenibili: nell'1% dei casi sono direttamente causa del decesso.
Per analizzare il fenomeno sono stati selezionati tutti i ricoveri acuti, in regime ordinario, con data di dimissione compresa tra l'1 gennaio 2006 e il 31 dicembre 2018, che presentavano in diagnosi principale o secondaria uno dei codici ICD9CM individuati: Escherichia coli; Staphylococcus aureus; Klebsiella spp; Infezione intestinale da Clostridium difficile, ma anche da altro (infezione batterica non specificata, infezione intestinale, meningite batterica, stenosi uretrale dovuta a infezione).
(Red)