Roma, 5 apr. - "Credevo nella rivoluzione del 25 gennaio, ma ora ho lasciato perdere 'pane, liberta' e giustizia sociale': mi basta la sicurezza". Magdi Farouk, 43 anni, cita lo slogan simbolo della sollevazione popolare che nel 2011 rovescio' il regime trentennale di Hosni Mubarak. Accenna un sorriso, che pero' sembra amaro, ricordando il giorno del voto. E' uno dei circa 23 milioni di elettori egiziani che questa settimana sono andati alle urne per esprimere il loro sostegno all'ex generale Abdel Fattah Al-Sisi.
Il fotografo Adel Karim ha incontrato Farouk e altri abitanti di Dayr Al-Barsha, un villaggio di cristiani copti nell'alto Egitto, 225 chilometri a sud del Cairo, realizzando un fotoreportage per l'agenzia DIRE. Vuole capire le motivazioni di chi sostiene il presidente, riconfermato dal 90 per cento di voti espressi in un'elezione il cui risultato era gia' scritto.
Nel 2013, durante il massacro di Rabaa Al-Adawya, quando al Cairo piu' di 817 persone furono uccise dalla polizia durante una manifestazione dei Fratelli musulmani contro il golpe di Al-Sisi, i villaggi cristiani della zona furono colpiti da violenze attribuite a sostenitori del partito islamista. Sebbene la stampa filo-governativa parlasse di partigiani della Fratellanza, secondo molti si trattava di gang di criminali comuni, che approfittarono dell'assenza di sicurezza. Alcuni giornalisti sostengono che fu lo stesso governo a usarli per terrorizzare i cittadini, in modo che accettassero di buon grado qualsiasi regime.
Dayr Al-Barsha si trova nel governatorato di Minya. "E' circondata da villaggi musulmani, e ha bisogno dei loro prodotti" spiega Adel alla DIRE. "Tutta la zona e' molto povera ma qualsiasi problema tra i fedeli delle due religioni si risolve rapidamente".
A parlare e' anche Naem Gerges, 83 anni. Il fotografo lo ha incontrato seduto su una panchina insieme alla moglie, dalla quale ha avuto tre figli. "Sono analfabeta, non capisco niente di politica, ma Al-Sisi e' un uomo di pace e ora il Paese va bene" dice Naem. "Dipendiamo da Dio".
Secondo Magdy Malak, un parlamentare originario della zona intervistato dal sito d'informazione 'Mada Masr', in alcune parti della regione l'analfabetismo arriva al 50 per cento e Minya detiene l'ottavo posto nella classifica dei governatorati piu' poveri stilata dal Fondo sociale per lo sviluppo.
Stando ai dati ufficiali, tra lunedi' e mercoledi' scorsi a Deyr Al-Barsha hanno votato 6mila persone su una popolazione di 30mila. "Non credo che qui tutti siano andati alle urne - spiega il fotografo - ma chiunque incontrassi aveva il dito colorato dall'inchiostro rosso, che qui indica le persone che hanno votato".
A esprimere la sua preferenza e' stato anche il preside di scuola Samuel Sawes Amin, direttore di Siamo tutti con te per l'Egitto, il comitato elettorale in sostegno di Al-Sisi. Ad Adel ha spiegato che il villaggio di Deyr Al-Barsha e' composto da dieci famiglie e che a ogni elezione si organizza una riunione con due rappresentanti per famiglia e due preti. Tutti insieme decidono quale partito appoggiare e ogni membro deve convincere la "sua" gente. "La Chiesa - sottolinea Sawes - ha avuto un grande ruolo nel portare le persone al voto; anche gli scout hanno contribuito, partecipando all'organizzazione delle elezioni".
A confermarlo Antonious Boushra, prete delle chiese di Ava Bichoy e Ava Shenouda, a Dayr Al-Barsha. "Abbiamo fatto campagne di informazione in chiesa prima delle elezioni, attraverso le messe e in diversi incontri" spiega. "Siamo anche andati a casa delle persone del paese per dire loro di votare per Al-Sisi".
A prendere posizioni sono state le alte gerarchie. "Il presidente attuale gode di una grandissima popolarita' e c'e' un desiderio fortissimo da parte della popolazione di rieleggerlo" aveva detto alla vigilia delle elezioni Tawadros II, il capo della Chiesa copta: "Un Egitto stabile e' una garanzia di stabilita' per il mondo intero".
Anche nella famiglia di Ashraf Boles hanno votato per Al-Sisi: "Per il momento l'aumento dei prezzi ci mette a dura prova" dice il piu' giovane, Boles, 20 anni: "Ma spero comunque che Al-Sisi ci aiuti di piu', qui dell'Alto Egitto, che dia possibilita' di lavoro per i giovani".
Anche secondo Luther Alef, elettricista, 29 anni, i prezzi sono aumentati. "Ma senza sicurezza - avverte - non potremmo costruire ne' comprare nulla. Al-Sisi ha salvato il Paese dal diventare come la Siria o l'Iraq". Secondo Alef, il presidente ha il merito di aver posto fine al governo di Mohammed Morsi e dei Fratelli musulmani.
Suo fratello Mina, 22 anni, non e' d'accordo: "I giovani sono nei guai per colpa sua, e progetti inutili come il canale di Suez e la nuova capitale dovevano essere rinviati. E' stato il popolo a togliere di mezzo Morsi, nessuno deve niente ad Al-Sisi".
Anche Mina spera che le sorti economiche del Paese si risollevino: "Meglio lavorare qui che emigrare e vivere da straniero solo per guadagnare" dice il ragazzo: "Ho votato per Mousa Mustafa. Sapevo che non avrebbe vinto e che il governo lo ha messo li' solo per normalizzare la situazione. Ma era l'unico modo che avevo per dire 'no'".
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(Red/ Dire)