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Kosovo, Gazmend Syla (Uck): “Da Italia aiuto straordinario”

Giovane leader, è presidente dell'ora associazione Uck ed è neoeletto deputato nel governo, che si è formato da poco, con il partito dell'Alleanza per il futuro del Kosovo

Pubblicato:07-02-2020 10:00
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:57
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PEC (KOSOVO) – Gazmend Syla accoglie con disponibilità, “aperto” come egli stesso dice, i giornalisti italiani venuti a incontrarlo, aprendo le porte della sede di Pec dell’Associazione dei veterani di guerra dell’Uck (Esercito di liberazione del Kosovo). Offre la tipica vodka, la “rakija”, e risponde anche alle domande più scomode. Ha 38 anni, è musulmano, sposato, padre di un figlio e una figlia, è presidente dell’ora associazione Uck ed è neoeletto deputato nel governo, che si è formato da poco, con il partito dell’Alleanza per il futuro del Kosovo. 

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“Il premier mi ha convocato come consulente politico e rappresentante dei veterani del Kosovo e siedo in Parlamento con 8mila voti. Abbiamo combattuto e adesso siamo liberi. La trasformazione – dice senza esitazione – per noi adesso è facile”. Non ha paura di guardare al passato, quello che affiora dalle pareti della stanza dove, a partire da Giorgio Castriota, sono raffigurati gli eroi antichi e recenti della guerra di liberazione, eppure anche un giovane leader come Syla sa che non basta tutto questo a tracciare la strada del futuro politico del Paese.


“La pressione della persecuzione e dei perseguitati provoca un calore tra le relazioni umane. Il calore dei perseguitati è qualcosa di grande. Ma questo fascino e’ dovuto al fatto che i paria di questo mondo hanno il privilegio di essere esclusi dalla cura del mondo”. Scriveva proprio questo Hannah Arendt nel suo saggio su Lessing e mai parole sembrano essere piu calzanti per questo Kosovo del presente in cui la pace e’ mantenuta dalla presenza della Kfor e la via politica si fa strada timidamente in una dialettica tra Pristina-Belgrado che non sembra aver chiuso tutti i conti del passato. 

Bruciano ancora tutte le ferite: “Gli 11mila albanesi uccisi, di cui 1500 bimbi sotto i 18 anni, le 20mila donne stuprate, i 2,2 miliardi di danni al Kosovo e i 1.647 dispersi. Solo nel 2012, per fare un esempio, sono stati riportati – racconta – i resti di una bimba di sei mesi uccisa nel 1999”. 

“Abbiamo appena formato un nuovo governo e devo vedere cosa succederà – ammette rispondendo ai giornalisti – per capire gli obiettivi politici. Tengo a far parte della Commissione sicurezza. Siamo minacciati da tanti nemici: la Serbia, l’influenza russa e il radicalismo islamico. Ad esempio a Mitrovica con i serbi che non vogliono integrarsi, anche se il nostro Paese ha una costituzione che tratta i serbi meglio di tutte le altre minoranze nell’Ue. Hanno la lingua, la bandiera, abbiamo dato loro garanzie e questo modello non funziona solo a Mitrovica”.

Quanto al sogno della ‘Grande Albania’ taglia corto: “Noi non abbiamo confini con l’Albania, siamo un nuovo Paese. Un obiettivo che abbiamo raggiunto insieme con la comunita’ internazionale e io penso che due Paesi con nazionalita’ albanese sono due voti in piu’ da qualche parte. Abbiamo iniziato a combattere perche’ eravamo occupati e volevamo gli stessi diritti“. Eppure non si tira indietro e ammette: “Sì, la Serbia fa ancora paura, non è passato un solo anno senza che abbia comprato missili per arrivare a Pristina nonostante la Nato sia qui”. 

Oggi la guerra è quella dei dazi: “Abbiamo imposto dazi per far rispettare i confini. Vogliamo toglierli, ma bisogna farlo intorno a un tavolo pronti per un accordo finale in cui la Serbia chieda scusa per i crimini commessi e anche noi rinunciaremo a qualcosa, ovvero ai dazi”. 

Syla risponde poi a una domanda dell’agenzia Dire. “La guerra dell’Uck ha avuto anche donne combattenti e infermiere” sottolinea. “Una di loro, mia grande amica, è stata uccisa proprio davanti all’ ospedale di Peja”. Quanto al terrorismo, Syla tiene a rimarcare: “Siamo l’unico Paese che ha accettato di far tornare i combattenti dalla Siria. Circa cento, che ora sono sotto processo in casa, ma monitorati dalla sicurezza e molti gia’ pentiti. L’Europa ci deve mostrare una strada, visto che molti di questi sono analfabeti. A combattere sono stati uomini che a volte si sono portati famiglie al seguito. Manipolati e reclutati tutti a Mitrovica, che nel 2000 era un’area di reclutamento”. Non manca un pensiero per le nuove generazioni del Kosovo. “Ai miei figli non racconto la guerra, voglio che abbiano gli stessi diritti di chiunque in un altro Paese europeo. Che studino, soprattutto, perché li voglio vedere indipendenti” E infine un ringraziamento per il nostro Paese: “L’Italia ha dato qui un contributo straordinario: ci ha aiutato a costruire scuole, ospedali e case, senza mai intromettersi nelle questioni interne”.

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