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Roma, Giudici: “Raggi vittima di un raggiro ordito da fratelli Marra”

Raggi: "Le motivazioni dei giudici confermano la mia onestà"

Pubblicato:09-05-2019 06:55
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:26

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ROMA – La sindaca di Roma, Virginia Raggi, “è stata vittima di un raggiro ordito dai fratelli Marra in suo danno, che si è svolto con la compartecipazione incolpevole dell’assessore Meloni e dell’avvocato De Santis”. Lo ha scritto il giudice monocratico, Roberto Ranazzi, nelle oltre 300 pagine di motivazioni della sentenza che lo scorso 10 novembre aveva assolto il primo cittadino della capitale dall’accusa di falso ideologico, in relazione alla nomina di Renato Marra a capo della direzione Turismo di Roma Capitale e il cui fratello Raffaele, all’epoca dei fatti, era a capo del Personale del Campidoglio.

“Sotto l’aspetto formale la nomina di Renato Marra non offre alcuna deviazione dalla procedura di interpello”, ma la sua candidatura “era stata pianificata dai due fratelli Marra molti mesi prima già dalla prima metà di luglio 2016, quale alternativa al diniego del sindaco Raggi per la nomina di Marra Renato come il capo o vice capo della polizia locale di Roma capitale”. Secondo il giudice, i due fratelli “hanno operato al fine di eludere il predetto diniego del sindaco Raggi strumentalizzando l’assessore Meloni, con cui Renato Marra (su consiglio del fratello), in qualità di responsabile del GSSU (gruppo sicurezza sociale urbana della Polizia locale di Roma Capitale, ndr) aveva opportunamente intrapreso una fattiva collaborazione nella lotta all’abusivismo commerciale. I fratelli Marra, come appare evidente dagli sms del periodo antecedente e successivo alla nomina in questione, hanno chiaramente agito all’insaputa del sindaco”.

GIUDICI: RAGGI NON AVEVA INTERESSE A TUTELARE RAFFAELE MARRA

“Appare certo che” il sindaco di Roma, Virginia Raggi, “non avesse alcun interesse a tutelare la persona né la figura di Marra Raffaele (altrimenti lo stesso pm ne avrebbe richiesto il rinvio a giudizio ovvero il gip ne avrebbe rigettato la richiesta di archiviazione), e che non avesse un interesse proprio a dichiarare il falso, dato che il Marra in effetti aveva partecipato formalmente, ed entro certi limiti anche sostanzialmente, alla nomina del fratello Marra Renato, come anche alla sua stessa nomina, quale direttore del Dipartimento risorse umane, e a quella di tutti gli altri dirigenti amministrativi”, prosegue il giudice Ranazzi, nelle oltre 300 pagine di motivazioni della sentenza che lo scorso 10 novembre aveva assolto la sindaca Raggi.


“In ultima analisi, come è stato ampiamente sottolineato dalla difesa dell’imputata, una volta caduta l’ipotesi di concorso in abuso d’ufficio per difetto dell’elemento soggettivo, veniva meno il movente a commettere il falso ideologico e anche il dolo del reato di falso ideologico- si legge ancora- In estrema sintesi, in base alle stesse argomentazioni del pubblico ministero, saremmo di fronte ad una ‘rarissima’ ipotesi di falso ideologico senza movente o di falso ‘fine a se stesso’ commesso senza alcuna ragione“. 

Inoltre, sempre in merito all’accusa proposta dalla Procura, per il giudice Ranazzi “la assenza di un fine illecito per il reato contestato alla Raggi, è stato un limite per l’ipotesi accusatoria, che non potendo sostenere che il falso era finalizzato ad agevolare l’abuso d’ufficio di Marra, dato che ne aveva chiesto l’archiviazione per mancanza dell’elemento soggettivo, ha cercato altrove il movente, dapprima nel rapporto di amicizia con quest’ultimo, ma anche in questo caso avrebbe dovuto ritenere sussistente l’ipotesi di concorso in abuso d’ufficio e in un secondo momento, in sede di requisitoria (quasi improvvisando), addirittura nello scopo di evitare di essere indagata come complice del Marra e di essere quindi costretta a dare le dimissioni dal movimento 5 stelle, e, in ultima analisi, dalla carica di sindaco di Roma”. Ma “tale assunto si è rivelato assolutamente infondato proprio sulla base del codice etico vigente all’epoca” nel M5S.

GIUDICI: MARRA PARTECIPÒ A FASE ISTRUTTORIA NOMINE DIRIGENTI

“L’affermazione che Marra non ha partecipato alla fase istruttoria dell’interpello per le nomine da dirigente amministrativo non corrisponde alla realtà. Il contrasto tra la descrizione della attività svolta in concreto da Raffaele Marra nel procedimento di interpello e la sua definizione come di non natura istruttoria, appare dunque stridente, in quanto la prima smentisce la seconda”, spiega ancora Ranazzi, nelle motivazioni della sentenza.

La Raggi “in sede di esame si è resa conto della contraddizione e l’ha spiegata come una deformazione professionale, perché avrebbe ragionato da avvocato piuttosto che da amministratore- si legge nella sentenza- In sostanza l’imputata avrebbe errato sulla nozione di ‘attività istruttoria’, ritenendo tale soltanto quella che venisse accompagnata dall’esercizio di un potere autonomo e discrezionale. In estrema sintesi, poiché la normativa attribuiva al sindaco in via esclusiva il potere di decidere dopo aver sentito gli assessori e i presidenti dei Municipi, senza prevedere ulteriori attività istruttorie, le attività secondarie, preparatorie, ausiliarie o strumentali non avrebbero avuto natura istruttoria, essendo vincolate e non discrezionali”. Secondo i giudici “il sindaco Raggi affermando che Raffaele Marra non ha partecipato alla fase istruttoria, ha effettuato una valutazione non richiesta ed errata”. Tuttavia “nel complesso, la risposta del sindaco Raggi alla richiesta di informazioni sul ruolo svolto in concreto da Raffaele Marra nella procedura di nomina del fratello a direttore della direzione Turismo, appare veritiera”.

NOMINA MARRA, RAGGI: MOTIVAZIONI GIUDICI CONFERMANO MIA ONESTÀ

“A testa alta. Questo ho detto il giorno in cui il Tribunale di Roma ha chiuso il processo nei miei confronti attestando che ho agito sempre correttamente e nell’esclusivo interesse di Roma, che non ho mai mentito ai cittadini e alle Istituzioni tanto meno nell’esercizio delle mie funzioni. Le motivazioni della sentenza che ha sancito la mia assoluzione sono state depositate presso il Tribunale di Roma. Confermano l’onestà e la trasparenza del mio operato”. E’ quanto afferma il sindaco di Roma, Virginia Raggi, commentando le motivazioni della sentenza con cui il giudice monocratico Roberto Ranazzi. “Confermano che, per due anni – ha aggiunto – ho subito attacchi politici e mediatici violenti e ingiustificati. Per tutto questo tempo ho proseguito il mio lavoro. Ero certa della mia innocenza e ho sempre avuto fiducia nel lavoro della magistratura. Mi ha sostenuto l’affetto di tanti miei concittadini. L’unico modo che ho per ripagarli è invece quello di continuare a lavorare per loro e con loro. Cambieremo questa città insieme. Faremo rinascere Roma con il nostro impegno, la nostra determinazione, il nostro amore. Grazie”.

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