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La Terra come non l’avete mai vista grazie al super occhio di Prisma

Il satellite italiano Prisma ogni giorno mapperà tutta la superficie del globo. Ma come funziona? Lo abbiamo chiesto ai protagonisti della missione

Pubblicato:11-03-2019 16:52
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:13

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https://www.youtube.com/watch?v=9uOETcuFjbE

Parte il 15 marzo il satellite italiano Prisma: osserverà la Terra con occhi completamente nuovi grazie a un potentissimo strumento iperspettrale, il più efficace mai messo in orbita. Che cos’ha di speciale? Vede ciò che le altre camere non vedono, coglie ciò che è impossibile percepire per l’occhio umano.

Sono diversi i satelliti attualmente in orbita dedicati all’osservazione della Terra. Pensiamo alla costellazione di Cosmo Skymed, che con le sue immagini radar è in grado di guardare il nostro pianeta anche attraverso le nuvole, o alle ‘sentinelle’ della Terra di Copernicus, che, tra le altre cose, sono in grado di capire la temperatura dei mari e del suolo. Nessuno, però, ha le capacità di Prisma, missione sperimentale senza pari al mondo. Vediamo perché.


Prisma è nato in Italia- è di proprietà dell’Agenzia spaziale italiana (Asi)-, ed è stato costruito grazie alla collaborazione tra imprese italiane, guidate da Ohb, responsabile della missione, e Leonardo, che ha realizzato la strumentazione elettro-ottica. Non solo. A lanciarlo in orbita sarà Vega, autentico gioiellino del Made in Italy,

Al decollo ha una massa di 850 chili, ogni giorno mapperà tutta la superficie del globo. Ma come funziona Prisma? Il movimento del suo super occhio si chiama ‘push broom’, letteralmente scopa. A ogni sorvolo copre una linea di trenta chilometri, in trasversale, come una passata di spazzola. All’orbita successiva realizza un’altra strisciata di 30 chilometri, e così via. Man a mano che il satellite avanza nell’orbita l’immagine si compone, striscia dopo striscia. Ogni 4 giorni Prisma passa sulla stessa verticale. E guarda ciò che c’è sotto, andando molto oltre la ‘semplice’ composizione di colori, riuscendo a fornire un’analisi chimico fisica degli elementi.

“Se io guardo dall’alto un campo di calcio con una telecamera vedo una superficie verde, però è noto che ci sono campi di calcio effettivamente d’erba ed altri fatti di erba sintetica- ragiona Enrico Suetta, responsabile degli strumenti elettro-ottici spaziali di Leonardo, parlando con l’Agenzia Dire-. Se io faccio un’immagine normale vedo un campo verde, se invece la faccio con uno strumento iperspettrale potente come quello di Prisma vedo dei diagrammi spettrali diversi. Associandoli a un database, capisco subito se sto guardando una superficie erbosa, naturale, o una superficie plastica. Lo stesso succede per i tetti dei capannoni. Vedo se c’è lo spetto di emissione dell’amianto. Si può capire con immagini molto rapide se sono a rischio di inquinamento per la salute dell’uomo. Oppure pensiamo a un mare con una petroliera: se la falla è grossa, si può vedere anche con una telecamera come quelle di Copernicus. Ma se lo sversamento è molto più fine, la telecamera non vede niente; l’iperspettrale, invece, affettando l’immagine nelle sue componenti spettrali riesce a vedere sversamenti di idrocarburi che l’occhio normale non vederebbe ed è in grado di determinare per tempo disastri ambientali”. Un uso importante è anche quello legato all’agricoltura perché il super occhio di Prisma riesce a capire se in un campo vengono utilizzati, ad esempio, concimi azotati.

Insomma, i dati di Prisma saranno fondamentali per mappare l’inquinamento ambientale e per cogliere le modifiche antropiche dell’ambiente. L’Agenzia spaziale italiana rende noto che i dati, raccolti nel Centro di Matera, saranno liberamente fruibili per la comunita’ scientifica.

Prisma è una missione che mostra di avere a cuore l’attenzione all’ambiente fin dal debutto. Il lanciatore che porterà il satellite in orbita è infatti Vega, costruito da Avio a Colleferro, vicino Roma. Vega è uno dei pochi lanciatori in uso a contenere la quantità dei detriti prodotti nello Spazio.

Prisma sarà protetto durante il volo da un guscio fatto in fibra di carbonio che consente di proteggerlo in fase di ascensione e che viene poi rilasciato nelle fasi di volo. Man a mano che ci si avvicina al culmine del lavoro del lanciatore, questo si spoglia di varie componenti. E dopo l’espulsione del satellite, cosa succede al lanciatore? Vega ha diversi stadi. Ad ogni fase di volo, come detto, ne lascia andare alcuni; tutti ricadono in mare. Anche l’ultimo stadio, quello che consente di mettere correttamente in orbita il satellite. Viene guidato per ricadere in mare in condizioni sicure e controllate.

“Vega è uno dei pochi lanciatori che effettua la manovra di eliminazione del quarto stadio dalla posizione orbitale per evitare di contribuire all’inquinamento da detriti spaziali”, spiega Ettore Scardecchia, Capo Ingegnere di Avio. E quando arriva sulla Terra, è ormai un inerte, non inquinante. “E’ una spesa maggiore e comporta una diminuzione delle performance, perché una parte del propellente poi deve essere utilizzato per il deorbiting, però ci consente di essere compliant ai requisiti per diminuire i detriti orbitali”.

Di base, la vita operativa di Prisma e’ di cinque anni, rinnovabili in caso di buon funzionamento. Il satellite è sperimentale, in futuro potrebbe diventare il primo tassello di un’intera costellazione. Parte sotto una buona stella, perché è il primo progetto interamente pensato e realizzato in Italia.

“E’ stata un’impresa importante: il satellite è tutto italiano, il lanciatore è italiano– rivendica orgogliosamente il commissario straordinario dell’Asi Piero Benvenuti. Dimostriamo di avere la filiera completa a disposizione. Non è stato facile, bisogna ammetterlo. C’è stato lungo periodo di trattative, ma alla fine ci siamo riusciti. Un ruolo importante lo ha giocato l’Agenzia spaziale italiana, che è riuscita a condurre a termine questo progetto che è passato attraverso fasi non facili. Possiamo guardare con entusiasmo al futuro”.

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