Roma, 21 ott. - Hate speech, incitamento all'odio online, e come contrastarlo. Questi i temi del convegno che si e' tenuto a Torino, nei locali del Gruppo Abele. La giornata di riflessione e formazione e' stata promossa dall'associazione torinese Acmos per celebrare il suo ventesimo anno di attivita', nell'ambito del progetto 'Contro l'odio' sviluppato in collaborazione con numerosi partner del mondo profit e no profit, tra cui le universita' di Torino e Bari e il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Ad aprire i lavori Giacomo Molinari, vicepresidente dell'associazione che ha spiegato come "l'impegno di Acmos nelle scuole ha naturalmente abbracciato il tema dello hate speech perche' e' una urgenza storica e politica. Nostro dovere e' quindi studiare delle contronarrative". Il primo intervento e' stato quello di Viviana Patti, ricercatrice del dipartimento di informatica dell'universita' di Torino, che ha spiegato il software di 'contro l'odio'. A supporto del lavoro di sensibilizzazione, infatti, il gruppo realizza ricerche con l'obiettivo di rilevare e analizzare le varie forme di ostilita' espresse sui principali social media, dagli insulti agli stereotipi che colpiscono individui o categorie precise come donne, migranti, membri della comunita' LGBTQ+.
Maria Teresa Martinengo, consigliera dell'ordine dei giornalisti del Piemonte, ha preso parola subito dopo per precisare che "il collega che viola la deontologia deve essere sanzionato. L'invito e' quindi a incoraggiare i lettori a segnalare condotte sanzionabili messe in atto da giornalisti".
Martinengo ha poi presentato in pillole un regolamento annunciato lo scorso giugno dall'ordine dei giornalisti; obiettivo e' individuare e sanzionare quelle condotte di opinionisti e commentatori che appaiono sui media e amplificano il clima di odio ma non rispondono alle regole della deontologia giornalistica.
Dall'universita' di Reading e' intervenuto Federico Faloppa, docente di linguistica e coordinatore del tavolo sull'odio online di Amnesty International. Studenti, informatici, linguisti, giornalisti, decisori politici, attivisti e societa' civile. Ecco tutti gli attori che secondo Faloppa devono dialogare e operare in modo congiunto per arrivare a stabilire pratiche e policy di contrasto all'odio online. "L'odio ormai si manifesta in modo esplicito- ha detto Faloppa citando un commento contro l'Islam, poi sanzionato, scritto da un giornalista su un noto quotidiano- spesso entra in conflitto con la liberta' di espressione e questa e' una questione da affrontare. Altrettanto spesso pero' l'odio e' strumento di consenso che sempre di piu' paga sul piano elettorale. Qualcuno ha capito come sfruttare i sentimenti prevalenti nella rete e cavalcarli a fini propagandistici". Il linguista ha poi passato in rassegna molti casi di linguaggio di odio che hanno coinvolto giornalisti, esponenti istituzionali e privati cittadini nell'uso violento dei social, sottolinenando con forza le responsabilita' delle grandi piattaforme come Facebook e Twitter.
"È importante fare rete tra istituzioni ed esperti anche per arrivare a una definizione operativa di linguaggio di odio.
Attualmente non ne abbiamo una universale e questo rende difficile passare al piano delle policy di contrasto. E come si fa a stabilire dove sia il confine tra hate speech e crimine d'odio? C'e' una enorme zona grigia su cui la giurisprudenza deve intervenire. Dobbiamo pero' anche avere piu' dati sui profili degli odiatori e soprattutto lavorare con le vittime, per capire gli effetti concreti di questo fenomeno" trasferendo cosi' la riflessione sul piano giuridico e lanciando quindi la palla all'avvocata Cathy La Torre, non prima pero' di sollecitare gli insegnanti presenti: "dobbiamo educare i nostri ragazzi all'argomentazione perche' imparino a problematizzare, discutere, negoziare. Questo e' il contrario delle forme espressive di odio e noi dobbiamo rovesciare, coi dati, i discorsi di odio e la prospettiva politica di chi li produce", ha concluso.
L'avvocata bolognese e' l'attivista che insieme alla filosofa Maura Gancitano ha fondato 'Odiare ti costa', campagna sociale e servizio di consulenza legale per tutelare le vittime di odio e garantire loro il risarcimento adeguato. "Io sono una vittima d'odio e sono rea di essere una lesbica- ha esordito Cathy La Torre- la mia prima minaccia l'ho ricevuta nel 2011. Innanzitutto voglio dire che noi conosciamo benissimo la distinzione tra liberta' di espressione e l'odio che e' un reato di opinione.
Esiste un diritto all'odio? C'e' chi lo teorizza. Sicuramente abbiamo il diritto di provare questo sentimento ma non abbiamo il diritto di manifestarlo quando diventa un reato, dalla diffamazione al revenge porn. Cio' che non diremmo mai in pubblico lo diciamo tranquillamente in rete, gli adulti a differenza dei giovani non hanno capito che c'e' invece un nesso di causalita'. E infatti gli odiatori sono principalmente adulti. Facebook non e' piu' appetibile per i giovani perche' non e' una comunita' sana", ha concluso, dopo avere raccontato molti aneddoti personali e avere spiegato agli studenti presenti i meccanismi giuridici della diffamazione e dell'odio online.
(Red/ Dire)