(DIRE-Notiziario settimanale Scuola) Roma 23 gen. - "Non posso certo dire che il decreto mi soddisfi. Ha delle luci, ma anche tante grandi ombre. Prima fra tutte, quella di essere stato pubblicato in formato non accessibile, per cui ho potuto leggere solo la relazione illustrativa": Salvatore Nocera, avvocato membro della Fish e dell'Osservatorio permanente sull'inclusione scolastica, commenta cosi' a caldo il decreto della Buona scuola relativo all'inclusione: uno degli 8, approvati in Consiglio dei ministri. Primo aspetto critico e' che "il decreto non comporta nuove spese. Cerca di migliorare la normativa relativa all'inclusione scolastica. Ma realizza questo buon proposito solo in pochi punti".
Tra gli aspetti certamente positivi, c'e' "il principio del profilo di funzionamento, che sostituisce la diagnosi funzionale e cosi' e' piu' aderente ai criteri Icf dell'Oms, in cui non si valuta solo la disabilita', ma anche il funzionamento della persona con riguardo al contesto". Altro aspetto interessante e' "il collegamento scuola-Asl-enti locali, gia' presente nella normativa precedente, ma qui accentuato attraverso la previsione che il Progetto educativo individualizzato sia parte del progetto globale di vita".
Ecco pero' subito gli aspetti critici: "proprio nella formulazione del Pei, la normativa attualmente in vigore prevede la presenza di famiglie, che ora invece pare venir meno. E questa e' una carenza grave". C'e' poi un aspetto, che pur se positivo puo' avere ricadute negative: "le risorse per il sostegno non saranno piu' date automaticamente sulla base di una visione quantitativa sanitaria, ma secondo le risultanze del profilo di funzionamento, in cui la gravita' non e' appunto di carattere soltanto sanitario, ma legata al contesto. Questo potrebbe portare pero' a un ribasso a un taglio delle ore e delle risorse".
La "drittata" del tetto massimo. E a proposito di tagli, "ho notato una vera e propria 'drittata' - afferma Nocera - rispetto alla formazione delle classi. Con il Dpr 81/2009, avevamo ottenuto nell'articolo 5, che una classe con alunni disabili di norma non dovesse avere piu' di 20 alunni. Con l'articolo 4 avevamo poi posto un limite alle eccezioni, possibili sono in caso di eccesso di iscrizioni e nella misura massima del 10%. 22 alunni diventava cosi' il tetto massimo previsto in casi straordinari.. Ora i legislatori hanno preso solo l'articolo 5 comma e hanno scritto "di norma 22". In questo modo, non solo si alza il tetto, ma non si prevede piu' alcun limite alle eccezioni. Avremo una riunione con la Fish: discuteremo sulle proposte da avanzare, ma credo che, su questo punto in particolare, faremo dura battaglia". Prove differenziate senza diploma. C'e' poi un punto molto critico, che si trova in un altro decreto, quello sulla valutazione degli alunni: di fatto vengono eliminate le prove differenziate, spesso adottate per gli alunni con disabilita' intellettiva o pluriminorati, previste dall'articolo 16 della legge 104/92.
Queste prove erano fatte in modo differenziato non secondo i programmi ministeriali ma sulla base delle effettive capacita' dell'alunno e gli permettevano di avere il diploma, in caso avesse raggiunto gli obiettivi del Pei e avesse migliorato le proprie capacita'. Ora invece restano solo le prove equipollenti, che chiedono all'unno di raggiungere gli obiettivi nazionale. Se non li raggiunge, non potra' avere il diploma, ma solo l'attestato di frequenza. E anche questo non ci convince affatto". Nessuna formazione per docenti curricolari.
Particolarmente deludente quanto previsto per la formazione dei docenti. "nella relazione si parla di coinvolgimento dei curricolari, ma di fatto resta la situazione preesistente.
Nessuna formazione e' prevista per loro. Anche per i docenti di sostegno, si torna alla formazione degli anni '80, con 120 cfu. Per di piu', oggi si tratta di crediti polivalenti, il che significa nessuna preparazione specifica. Noi avevamo chiesto, come Osservatorio, 180 crediti, in fase di trattativa avevamo concordato con l'allora sottosegretario Faraone 150 crediti 'pesanti'. E' grave che il decreto ci faccia tornare a 120. A noi interessa una formazione seria sulle specificita'. Non ne vediamo traccia". "Non si riforma, senza investire". Per finire, c'e' la questione delle risorse, che vanifica qualsiasi intento riformatorio: "E' preoccupante che si escluda chiaramente un aumento di spesa. E' impossibile cambiare senza spendere. Quando c'erano le province, avevamo considerevoli fondi per l'inclusione. Ora, se non innerveranno le regioni, avremo seri problemi, a partire dal prossimo anno. Per questo, siamo intenzionati ad attivarci e a proporre modifiche al decreto". (www.redattoresociale.it) (Red/ Dire)