(DIRE - Notiziario Scuola) Roma, 27 gen. - Come prevenire la violenza minorile, combattere il disagio e la devianza, e dare quindi opportunità concrete alle giovani generazioni? Ascoltando i ragazzi, sin da quando sono giovanissimi; formando gli insegnati; attraverso l'istruzione, il lavoro e il coinvolgimento delle famiglie. E' quanto emerge dal convegno 'Violenza e minori. Prevenzione e recupero nella scuola e nel lavoro' svoltosi il 21 gennaio a Roma presso il centro congressi Frentani. L'iniziativa, organizzata dall'Istituto agrario 'Emilio Sereni', è nata dalla collaborazione della scuola con l'Arsial, il ministero dell'Istruzione, il ministero della Giustizia, i Lions international e l'Istituto di Ortofonologia. All'incontro hanno partecipato circa duecento studenti delle scuole superiori.
Patrizia Marini, dirigente scolastico dell'ITA Emilio Sereni, non usa giri di parole: "Il nostro obiettivo è sensibilizzare alla pedagogia dell'ascolto che sempre più manca in un mondo che corre troppo e non ha tempo di ascoltare i ragazzi e le loro problematiche. Noi vogliamo fare in modo che i ragazzi vengano ascoltati e aiutati perché il mondo è troppo violento con loro". D'accordo Simonetta Matone, capo dipartimento per gli affari di giustizia: "La violenza minorile è un fenomeno complesso. Di solito un ragazzo violento viene a sua volta da una situazione violenta. Per questo dobbiamo prestare molta attenzione anche intervenendo quando i ragazzi sono molto piccoli, segnalando tutte le situazioni di disagio e programmando interventi a livello scolastico e forse questo è l'aspetto più difficile".
Per Antonio Cutolo, dirigente alla direzione generale per lo studente del Miur "la scuola è la sede privilegiata per trasmettere modelli di comportamento. Spetta a lei mettere al centro la persona e non le conoscenze, insegnando ai più giovani valori fondamentali quali il rispetto, la legalità, la cittadinanza e la democrazia. Principi, questi, che una volta acquisiti, da adulti non si potrà più farne a meno".
Non solo attenzione ai ragazzi, però. Il ruolo dei docenti, osserva Matone, è fondamentale: "Esiste un problema di formazione degli insegnati, nel senso di dare loro la capacità di individuare quelli che sono i segnali del disagio". Non da meno quello della famiglia. Come spiega Serenella Pesarin, direttore generale per l'attuazione dei provvedimenti giudiziari del dipartimento della giustizia minorile: "Attraverso l'istruzione, il lavoro e il coinvolgimento delle famiglie e delle associazioni del terzo settore abbiamo il compito di far riflettere il minore e fargli ritrovare quei valori di cui ogni giovane è portatore. È importante stimolare le capacità di ciascuno e fare capire che la legalità è libertà".
Come intervenire di fronte alla violenza? "Il percorso del giovane che entra a far parte del circuito della giustizia minorile è una parentesi della sua vita che gli serve per riflettere attraverso la legalità- aggiunge Pesarin- e ritrovando se stesso può esercitare una cittadinanza attiva recuperando quel senso di riconoscimento che porta alla costruzione di una società che viene fatta da tutti indipendentemente dai ruoli: la polis si realizza se tutti ci sentiamo parte dello stesso villaggio".
Oltre alle parole, ci sono i progetti concreti. Come quello che spiega la preside Marini: "Nella nostra scuola da molti anni portiamo avanti azioni volte al recupero e al reinserimento. Con il nuovo progetto 'Semi di libertà', grazie al sostegno del ministero dell'istruzione e del ministero della giustizia, abbiamo realizzato un micro birrificio dove i nostri alunni lavoreranno insieme ad alcuni detenuti che si avvalgono dell'art.21".
"Siamo orgogliosi di questo progetto- dice Maria Claudia Di Paolo, provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria del Lazio- che vedrà un gruppo ristretto di detenuti lavorare accanto a giovani studenti, esperti della materia, per creare un piccolo birrificio. Ci auguriamo tutti che questa esperienza venga poi messa a sistema. Il progetto offre a chi è in carcere un'opportunità bellissima: quella di rimettersi in gioco grazie ad una reale possibilità lavorativa".
Antonio Rosati, commissario straordinario Arsial (Agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione dell'agricoltura del Lazio), è netto: "La questione minorile deve essere la nostra ragion d'essere. E' una questione fondamentale per la nostra società. L'esperienza ci dice che da soli non si può affrontare questa crisi, da soli non si crea quel tessuto di comunità di cui un Paese ha bisogno. Per uscire da questa terribile crisi economica dobbiamo stare insieme, cooperare per competere.
Lavorare nelle scuole, con gli studenti, vuole essere un'ideale mano che si allunga, con cui ci teniamo uniti insieme.
L'obiettivo è uno sviluppo diverso, cooperativo, solidale, fraterno".
(Wel/ Dire)