(DIRE - Notiziario Scuola) Roma, 27 gen. - L'ultima delle emozioni e' di quelle che nella vita non si dimenticano. Nella giornata di chiusura del viaggio della Memoria organizzato da Miur e Ucei il gruppo ha visitato Birkenau e poi il museo di Auschwitz, il museo degli orrori commessi dai nazisti durante l''occupazione. Qui tutto diventa simbolo di tragedia: una borsa come una protesi, una scarpa e pure un pigiama. Ma, sopratutto, gli indumenti e gli accessori dei bambini. Piccoli, molto piccoli, ma gia' vittime e non si sa per quali colpe. In una delle case perfettamente allineate all'interno del museo ci sono teche, enormi vetrate, stanze chiuse da una vetrata che mostrano l''orrore a chiunque abbia voglia di capire "quello che e' stato". Una quantita' infinita di calzature, altrettante borse e valigie in pelle con sopra i nomi delle povere vittime. Ma anche chili e chili di capelli "usati per fare i tappeti". E poi le protesi di arti. Tantissime. E poi i vestiti dei bambini, maglie, pantaloni e scarpe. In un altro contesto avrebbero fatto tenerezza. Oggi solo rabbia e tristezza, pensando "a quello che e' stato". Una follia "collettiva" per il presidente del Senato, Pietro Grasso, mentre per il ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza, tutto quello che riguarda "lo sterminio per i ragazzi e' importante da studiare affinche' i ragazzi sviluppino una tolleranza zero verso ogni forma di razzismo". Il ministro, con questo viaggio e'' sicuramente riuscita a coinvolgere emotivamente i ragazzi (in tanti si sono fatti fotografare con lei) attentissimi ad ogni singola spiegazione di esperti e sopravvissuti. A sua volta la stessa Carrozza e' rimasta colpita da questa esperienza come ha dimostrato quando ha voluto estraniarsi da tutto rendendo il suo personale omaggio alle oltre 5.300 vittime di fucilazione di massa davanti al ''muro della morte''. Proprio qui e'' stata deposta una corona di fiori. Certe immagini e tutti i ricordi di questa importante esperienza, invece, sono tornati a Roma con i ragazzi.
BIRKENAU - "Ho ancora il ricordo di mio padre che cercava di difendere mia sorella Lucia. Una volta arrivati a questo campo, questa fabbrica di morte come la chiamo io, i nazisti dividevano gli uomini dalle donne. Lui voleva difendere sua figlia. Sono arrivati in tre a picchiarlo e alla fine ce l'hanno fatta". Commuove e si commuove Sami Modiano, uno dei sopravvissuti che sta accompagnando gli studenti italiani nel viaggio della Memoria che oggi ha fatto tappa al campo di Birkenau. Il freddo e la pioggia hanno però condizionato la visita al campo, limitandola. Paradossalmente però proprio Modiano ha accolto quasi favorevolmente il meteo: "Perché così si capisce di più quello che è stato", dice. Rivolgendosi agli studenti dice: "Oggi voi siete qui vestiti bene, io avevo solo un pigiama a righe, un cappello e un paio di zoccoli". Nonostante il clima, nessuno parla o si lamenta durante il racconto di Modiano: "Avevo 13 anni e lavoravo dalle 6 di mattina alle 6 di sera".
Presenti anche le sorelle Andra e Tatiana Bucci, pure loro sopravvissute: "Ricordiamo il viaggio e l'arrivo. Il nostro pensiero va a nostra nonna che era con noi. Durante il viaggio eravamo ammassati, volevano toglierci la dignità". Continua invece Modiano: "Mi chiedo perché sono sopravvissuto, perché io".
Dopo il gruppo si è spostato in una delle baracche del campo: "Vicino alla mia- spiega Modiano- c'era quella di mio padre. Avevo la fortuna di averlo vicino, mi dava la forza per andare avanti. Ma la cosa purtroppo è andata avanti per poco. Mio padre era una persona fantastica". Modiano racconta infine di aver cercato la sorella al di là del filo spinato, nella parte femminile. È riuscito a vederla da lontano dopo un po' di tempo: "Non ero riuscito a riconoscerla, era magrissima. È stato un dolore enorme per me vederla in quello stato, ma allo stesso tempo c'era la felicità di averla vista".
CRACOVIA - La parte forse più dolorosa. Anzi, senza forse. Oggi i partecipanti al viaggio della Memoria si troveranno di fronte una durissima realtà, quella di un campo di concentramento. Quella che ieri ha fatto commuovere Renzo Gattegna, presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei). Quella durissima realtà che sempre ieri al ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza, ha fatto dire "ci commuoveremo". I partecipanti al viaggio hanno raggiunto in mattinata, in pullman da Cracovia, Auschwitz-Birkenau. Ad attenderli, se così si può dire, il campo di Birkenau. E non solo: in programma ci sono anche, tra le altre cose, i resti del Krematorium II, la Zentralsauna, il Kinderblock, il museo di Auschwitz (blocchi 4, 5, 11 e il Krematorium I) i resti del Kanada II.
Già, i resti. Perché come hanno spiegato ieri sera Marcello Pezzetti della fondazione del Muso della Shoah e lo stesso Gattegna, davanti al ministro dell'Istruzione e al presidente del Senato, Pietro Grasso, durante l'intervento in Sinagoga, i nazisti, prima di fuggire "sconfitti" hanno cercato di nascondere quanto avevano fatto provando a distruggere. Appunto la distruzione degli orrori commessi e il negazionismo di oggi.
Proprio questi sono stati due dei temi toccati nella prima giornata del viaggio, culminato nella firma della circolare tra il Miur e l'Ucei.
Già nel primo pomeriggio il professor Pezzetti era riuscito a catturare l'attenzione delle quasi 200 persone presenti (a tanto ammonta il numero dei partecipanti) raccontando gli orrori, mostrando luoghi e, in qualche caso, rivelando anche delle curiosità. Come quando ha portato il gruppo a visitare alcuni dei luoghi in cui fu girato Schindler's List, il capolavoro di Steven Spielberg dedicato proprio alla Shoah. "Ero qui come consulente. E qui sotto c'erano anche dei sopravvissuti che hanno raccontato come sono andate realmente le cose", ha raccontato Pezzetti.
Il luogo è piuttosto piccolo, in un vicolo delle scale portano a delle abitazioni che si trovano in alto e che danno tutte su un piazzale dove oggi c'è un pub: la scena era quella della "liquidazione" del Ghetto ("Così dicevano i nazisti", ha spiegato Pezzetti). O ancora quando ha portato il gruppo proveniente dall'Italia per le vie dell'ex Ghetto fino a incrociare un pub "dove oggi i ragazzi universitari si incontrano e si mettono a tavola a lume di candela" e poi un piccolo mercato dove ai tempi dell'occupazione c'erano frutterie e macellerie "e oggi queste ultime sono state sostituite da pub". Lo spunto per strappare un piccolo sorriso soprattutto ai tanti ragazzi presenti. Che pure per tutto il tragitto hanno ascoltato, in religioso silenzio, storie, motivi e tragedie. Forse per incoscienza, probabilmente per l'interesse nei confronti di un argomento che la storia fa fatica o non vuole dimenticare. Sicuramente non negare.
(Wel/ Dire)