SCUOLA. SALTO NEL VUOTO 13ENNE, A BOLOGNA PRESIDE CONDANNATA
GIUDICE PACE: "STIA 24 GIORNI IN CASA", 30.000 EURO AL FRATELLO
(DIRE - Notiziario Scuola) Roma, 27 mag. - Francesco, a 13 anni, il 5 novembre 2009 si butto' dalla finestra dell'ufficio del preside della sua scuola dopo aver subito una dura sgridata per essere stato visto con delle sigarette in mano; martedi' scorso, per quel volo di 10 metri che lo ha reso invalido quasi al 90%, e' stata condannata la preside delle Maestre Pie di Bologna, suor Stefania Vitali. Il processo si e' svolto davanti al giudice di pace di Bologna: la dirigente era accusata di lesioni colpose gravissime ed e' stata condannata ad una permanenza domiciliare di 24 giorni. La difesa presentera' sicuramente appello, per cui la pena non e' esecutiva e non scatta, ma la decisione del giudice di pace Maria Vittoria Pesante corrisponde a una sorta di arresti domiciliari: significa infatti che suor Vitali, per tre mesi di fila, deve stare in casa sabato e domenica, fino a un totale di 24 giorni. Una sentenza non scontata, trattandosi di un processo da giudice di pace (dove molto spesso si chiude tutto con una pena pecuniaria), che lascia "tristemente soddisfatto" l'avvocato della famiglia di Francesco, Gianluigi Lebro.
"E' una sentenza severa e contemporaneamente e' l'affermazione netta, chiara, della sussistenza della responsabilita' della preside in questa vicenda", ha commentato Lebro parlando alla 'Dire'.
Dal giudice di pace, osserva il legale, non puo' arrivare una condanna alla reclusione, per cui il fatto che abbia optato per la permanenza domiciliare piuttosto che per una pena pecuniaria e' un segnale significativo. Le motivazioni arriveranno entro 90 giorni. Nel processo si era costituito parte civile il fratello di Francesco, per cui il giudice di pace ha stabilito una provvisionale di 30.000 per i danni morali. La famiglia, due anni fa, ottenne invece 300.000 euro (solo un acconto): il Tribunale civile ordino' all'assicurazione di versare.
La partita dei risarcimenti, pero', e' tutta aperta. La trattativa con l'assicurazione e' andata malissimo (i 300.000 euro, serviti per le cure, sono arrivati solo dopo che il Tribunale civile ha respinto il reclamo presentata dalla compagnia assicurativa) e non c'e' la volonta' di pagare, spiega Lebro, tant'e' che ora la 'guerra' si trasferira' al Tribunale civile. La sentenza di oggi lo permettera': la scelta di far costituire il fratello nel processo penale e' stata proprio finalizzata ad avviare una causa civile per il risarcimento, che sara' intentato dalla famiglia. Della cosa, spiega Lebro, si occupera' l'avvocato civilista Michele Sarti. La cifra che la famiglia puntera' a chiedere si aggira intorno ai quattro milioni di euro.
Intanto, con la sentenza e' stato messo un punto importante. "Siamo tristemente soddisfatti- ha ripetuto Lebro- il ragazzino e' rimasto gravissimamente e permanentemente invalido e ora vive ad Havana, a Cuba, il paese della madre, dove si e' trasferita tutta la famiglia. Li' c'e' un centro specializzato nella cura per i neurolesi. La speranza di un miglioramento, vista la giovane eta', e' doverosa, ma al momento l'invalidita' e' del 90%", dice Lebro. Quel 5 novembre del 2009, le cose andarono cosi': il 13enne, dopo essere stato visto maneggiare sigarette all'esterno della scuola insieme ad alcuni amici, venne convocato in presidenza da suor Vitali insieme a un altro suo compagno. I due furono tenuti nell'ufficio a lungo per chiarire la questione delle sigarette, ritenuta molto grave dai vertici dell'istituto. Quando il 13enne si e' buttato, i due ragazzini si trovavano nell'ufficio da piu' di 50 minuti: era da poco suonata la campanella dell'intervallo e la preside aveva lasciato la stanza per affacciarsi sul corridoio e parlare con un docente. Suor Vitali e' stata condannata per lesioni colpose gravissime sotto il profilo dell'omessa vigilanza: secondo l'accusa, avrebbe dovuto vigilare sul 13enne (che si trovava nel suo ufficio), essere piu' attenta e cogliere una serie di segnali di disagio manifestati dal ragazzino. Il 13enne era molto agitato per l'accaduto e l'aveva mostrato: aveva chiesto di andare in bagno, a un certo punto si era anche messo a piangere, poi aveva chiesto di aprire la finestra per il caldo, e da li' si e' buttato. La preside, sempre secondo l'accusa, avrebbe dovuto essere piu' attenta e non allontanarsi lasciando la finestra aperta.
In un primo momento, la Procura (pm Giuseppe Di Giorgio) aveva indagato la dirigente anche per il reato di abuso di mezzi di correzione, ipotizzando che la 'ramanzina' di quella mattina fosse stata troppo severa e avesse passato il segno. Poi pero' il pm decise di chiedere l'archiviazione per questa ipotesi (cosi' come venne archiviata la posizione dell'insegnante che aveva visto le sigarette e segnalato la cosa alla preside) mantenendo solo l'accusa di lesioni colpose gravissime.
(Wel/Dire)
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