Il quartiere Navile capofila di un progetto sperimentale
(DIRE - Notiziario Scuola) Roma, 16 dic. - Gruppi di discussione, incontri di approfondimento e laboratori hanno scandito, come stazioni successive di un medesimo percorso, il cammino del progetto sperimentale di ricerca-azione sul tema dell'intercultura cui il quartiere Navile, su iniziativa della sua commissione Politiche per l'istruzione, la sostenibilità ambientale, l'innovazione e la coesione sociale, ha dato vita in due scuole dell'infanzia: gli istituti Giusy del Mugnaio e Federzoni. Convinti che il coinvolgimento delle famiglie di migranti all'interno del tessuto cittadino possa realizzarsi in prima battuta nelle aule scolastiche che ne accolgono i figli, i promotori si sono proposti di favorire la partecipazione attiva di questi nuclei familiari all'interno della comunità scolastica, cellula fondamentale da cui può propagarsi una spinta all'integrazione capace di coinvolgere anche altre istituzioni e attività della società cittadina.
"La scuola può farsi luogo di promozione della coesione sociale", ha affermato Marilena Pillati, assessore comunale alla Scuola, esprimendo soddisfazione per un'iniziativa tanto più significativa in quanto ambientata nel quartiere bolognese che conta sulla più elevata densità di migranti. Lo stesso vale per le scuole; quelle dell'infanzia, in particolare, nella zona del Navile fanno registrare un 30,5% di iscritti di origine straniera.
Nel progetto, avviato all'inizio del 2012, a segnare il passo di un percorso improntato sulla metodologia della ricerca educativa sono state chiamate, attraverso un'apposita convenzione sottoscritta con l'Università di Bologna, alcune ricercatrici di Pedagogia interculturale del dipartimento di Scienze dell'educazione. "La metodologia della ricerca-azione coinvolge direttamente le persone senza essere calata dall'alto", spiega AnnaChiara Capriz, pedagogista del Servizio educativo scolastico territoriale del quartiere Navile. Un metodo che non impone una dottrina predeterminata cui uniformarsi, ma si configura, piuttosto, come una pratica di confronto aperto in cui i due momenti di ricerca e di azione si compenetrano strettamente e vengono svolti in contemporanea, con riflessioni partecipate che hanno coinvolto gli insegnanti e successivi percorsi laboratoriali con genitori e allievi, che sono poi culminati in ulteriori incontri di rielaborazione. "Abbiamo creato dei gruppi di lavoro - ha spiegato Ivana Bolognesi, una delle ricercatrici coinvolte - e abbiamo fornito degli input relativi alla scelta delle strategie, alla prassi da adottare. Gli insegnanti sono stati capaci di produrre una riflessività pedagogica".
Un racconto a puntate dell'intero progetto sarà condiviso, da qui a marzo 2014, sul canale youtube di Ri.e.sco (http://www.youtube.com/user/CentroRiESco), il Centro di Documentazione e intercultura del Comune di Bologna, che ha documentato in formato multimediale le tappe di svolgimento dell'intera iniziativa. (Dires - Redattore Sociale) (Wel/ Dire)