CON LA CRISI IN ITALIA LA LAUREA NON FA PIÙ SCUDO CONTRO LA DISOCCUPAZIONE.
(DIRE - Notiziario scuola) Roma, 17 dic. - I giovani italiani dovrebbero andare a studiare all'estero. Ne sono convinte le famiglie degli stessi giovanissimi studenti, che consiglierebbero questo ai propri figli al momento di fare una scelta. Lo rileva il Censis, che ha diffuso i dati del Rapporto 2012 sulla situazione sociale del Paese.
Come si legge nel rapporto, il 78% dei nuclei ritiene "che i giovani debbano orientare le loro scelte scolastiche o universitarie verso percorsi tecnico-professionali e nell'82,8% dei casi si sentono di consigliare ai giovani di andare a studiare o lavorare all'estero per trovare quelle opportunita' di realizzazione non disponibili in Italia. In effetti, le scelte della scuola secondaria di II grado effettuate nel corrente anno scolastico fanno registrare, rispetto all'anno precedente, un aumento del peso complessivo di tecnici e professionali pari all'1,9% dopo un triennio di continua emorragia di nuova utenza. Di contro, sembra ormai consolidato il trend decrescente delle nuove iscrizioni all'universita'. I dati delle immatricolazioni degli anni accademici 2007-2008 e 2010-2011 evidenziano un decremento superiore del 6,3% e anche i dati provvisori relativi al 2011-2012 sembrerebbero prefigurare un'ulteriore contrazione di circa 3 punti percentuali".
La crisi "ha drammaticamente sottolineato come la laurea non costituisca piu' un valido scudo contro la disoccupazione giovanile, ne' garantisca, rispetto ai diplomati, migliori condizioni di occupabilita' e/o remunerativita'. Si cominciano, inoltre, a intravedere alcuni segnali di un possibile riposizionamento nelle scelte dei percorsi di studio superiori da parte di una minoranza di giovani che si indirizzano verso percorsi di inserimento lavorativo meno aleatori, dai contorni professionali piu' certi. I gruppi di corsi di laurea letterario, insegnamento, linguistico, politico-sociale e psicologico, nel loro insieme, subiscono tra il 2007 e il 2010 una riduzione del loro peso percentuale sul totale delle immatricolazione di piu' di 3 punti percentuali, passando dal 33% al 29,9%". Sul versante dei percorsi universitari a valenza tecnicoscientifica, invece, "i gruppi agrario, chimico-farmaceutico, geobiologico, ingegneria, scientifico si connotano per un differenziale positivo del 2,7%, essendo il loro peso percentuale sul totale degli immatricolati passato dal 26% al 28,7%". La propensione a ricercare percorsi di studio accademici a piu' elevato differenziale competitivo sembra emergere anche dai dati Ocse sui primi 10 Paesi di destinazione degli studenti universitari italiani, che evidenziano "tra il 2007 e il 2010 una significativa variazione positiva (pari a +42,6%) di giovani che hanno deciso di completare la loro formazione superiore all'estero. Principale Paese di elezione e' il Regno Unito, che nel 2010 ha ospitato il 19,3% dei quasi 60.000 studenti che risiedono all'estero".
Il fenomeno vede il supporto e il sacrificio delle famiglie finalizzato a ottenere una maggiore qualificazione dei figli. "Le famiglie continuano a operare come supporter dei figli investendo oltre l'ordinario: infatti, il 30,3% ha speso nell'ultimo anno per costi aggiuntivi scolastici, il 21,5% per un figlio senza lavoro, il 16,1% per un figlio che frequenta una universita' italiana e il 5,6% per una universita' straniera".
(Ami/ Dire)