Roma, 16 ott. - Lo scompenso cardiaco cronico costituisce un problema di salute pubblica sempre piu' rilevante perche', a causa dell'invecchiamento della popolazione e dei progressi terapeutici nell'ambito delle malattie cardiovascolari, il numero dei malati e' in costante aumento. In Italia si stimano circa 1 milione di pazienti con scompenso cardiaco, pari all'1,7% della popolazione, con circa 90 mila nuovi casi all'anno. La prevalenza della malattia aumenta di circa il 2% per ogni decade di eta' sino a raggiungere almeno il 10% nei pazienti over 70. Lo scompenso cardiaco cronico e' gravato da un elevato tasso di mortalita': circa il 10% dei pazienti muore in occasione del primo ricovero ospedaliero, oltre il 25% decede entro un anno dalla diagnosi e circa la meta' entro 5 anni; inoltre, quasi il 60% viene re-ospedalizzato entro un anno dal primo ricovero.
Secondo il Rapporto annuale 2017 sull'attivita' di ricovero ospedaliero del Ministero della Salute, lo scompenso cardiaco e' la prima causa di ricovero per malattie non chirurgiche: 176.254 dimissioni con una degenza media di 9,2 giorni, un totale di 1.626.769 giornate di degenza e una remunerazione teorica di oltre Ç 527 milioni. A questi si aggiungono 6.331 ricoveri in regime di riabilitazione con una degenza media di 19,9 giorni, un totale di 131.956 giorni di ricovero e 14.638 accessi in regime diurno. Il tasso di ospedalizzazione e' di gran lunga superiore a quello di tutte le altre malattie croniche: 312 per 100 mila abitanti nei pazienti maggiorenni e 1.052 per 100 mila abitanti negli over 65, con ampie variabilita' regionali che documentano una notevole eterogeneita' della presa in carico territoriale.
L'impatto economico della malattia e' enorme: secondo i dati dell'Osservatorio ARNO pubblicati nel 2015 un paziente con scompenso cardiaco costa quasi 12 mila euro l'anno di cui l'85% assorbito dal ricovero ospedaliero, il 10% dai farmaci e il 5% dalle prestazioni specialistiche.
"I dati del Programma Nazionale Esiti- afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE- documentano in questi pazienti range molto ampi dei tassi di re-ospedalizzazione e della mortalita' a 30 giorni, confermando indirettamente l'estrema variabilita' della qualita' dell'assistenza sia ospedaliera che territoriale. Ecco perche' e' indispensabile sia un approccio multidisciplinare condiviso tra assistenza specialistica e cure primarie, sia reti clinico-assistenziali integrate tra ospedale e territorio guidate da percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali (PDTA) che devono sempre essere basati su linee guida di elevata qualita' metodologica".
Per tali ragioni la Fondazione GIMBE ha realizzato la sintesi in lingua italiana delle linee guida del National Institute for Health and Care Excellence (NICE), aggiornate al settembre 2018, che saranno inserite nella sezione "Buone Pratiche" del Sistema Nazionale Linee Guida, gestito dall'Istituto Superiore di Sanita'. Le linee guida NICE sono destinate prevalentemente ai professionisti delle cure primarie, in particolare a medici di medicina generale e infermieri, formulando raccomandazioni su vari aspetti della gestione della malattia: diagnosi, approccio multidisciplinare, sviluppo del piano assistenziale, terapia farmacologica, monitoraggio dei pazienti, consigli su stili di vita e programmi di riabilitazione, sino alle cure palliative. Le linee guida sono corredate di due flow chart per guidare l'approccio diagnostico e quello terapeutico.
"II dati epidemiologici- puntualizza Cartabellotta- quelli provenienti dal real world e le evidenze scientifiche suggeriscono che per la gestione dei pazienti con scompenso cardiaco e' indispensabile puntare su modelli organizzativi a gestione extra-ospedaliera, efficaci nel migliorare la qualita' di vita e nel ridurre la mortalita' e le re-ospedalizzazioni, i cui costi rischiano di diventare insostenibili per la sanita' pubblica". In tal senso, le linee guida NICE puntano sulla riorganizzazione territoriale dei servizi grazie ad una stretta collaborazione tra un team multiprofessionale specializzato e un team di cure primarie, definendone le specifiche responsabilita'.
"I pazienti con scompenso cardiaco- continua il Presidente- possono essere ospedalizzati oppure assistiti in setting specialistici in occasione di riacutizzazioni e 'restituiti' alle cure primarie una volta stabilizzati. Considerato che spesso presentano comorbidita' rilevanti (ipertensione, diabete, broncopneumopatia cronica ostruttiva, etc.), gestire tutte le informazioni e' un processo complesso con ruoli e responsabilita' non sempre chiari". Ecco perche' le linee guida NICE raccomandano di redigere e aggiornare periodicamente piani assistenziali personalizzati e strutturati da condividere con pazienti, familiari e caregiver oltre che con tutti i professionisti coinvolti nell'assistenza. "Tutto cio'- precisa Cartabellotta- senza trascurare gli interventi sugli stili di vita: dalla necessita' di ridurre consumo di sali e apporto di liquidi, ai programmi riabilitativi personalizzati basati sull'esercizio fisico con obiettivi ben definiti e adeguatamente monitorati".
"Auspichiamo che la versione italiana di questo documento del NICE- conclude Cartabellotta- rappresenti un'autorevole base scientifica sia per la costruzione dei PDTA regionali e locali, sia per l'aggiornamento dei professionisti sanitari, oltre che per una corretta informazione di pazienti, familiari e caregiver".
(Red/ Dire)