Roma, 16 mag. - Hikikomoriitalia.it e' il blog ideato nel 2013 da Marco Crepaldi, psicologo sociale, presidente e fondatore dell'Associazione Hikikomori Italia, convinto che il fenomeno dei ritirati sociali riguardi tutti e non solo i giapponesi. "Mi hanno contattato i ragazzi, poi la stampa, le Tv e infine centinaia di genitori", racconta in occasione del seminario 'Hikikomori. Il ritiro sociale degli adolescenti e la scuola come risorsa' oggi al liceo Azzarita di Roma. Dal blog e' nato un gruppo facebook e poi un'associazione di genitori che conta attualmente 1.000 genitori provenienti da tutta Italia, accomunati dal fatto di avere figli volontariamente reclusi in casa.
"A Roma l'associazione conta 70 famiglie. Le citta' con piu' genitori asspciati sono Roma, Torino e Milano. Partiamo dai genitori- spiega Crepaldi- aiutiamo loro a cambiare la prospettiva da cui guardare il problema per farli sentire parte attiva e favorire un cambiamento nazionale nel sociale. Vogliamo creare una rete che consenta di generare un ambiente propenso ad aiutare il figlio a tornare nella societa'". La cultura incide sulla "base del ritiro e la base comune degli hikikomori e' la volonta di scappare da questa competitivita'- chiarisce Crepaldi- fuggire dalla pressione di dover raggiungere uno standar per riuscire. La pressione di realizzazione sociale e' la vera causa che crea gli hikikomori ovunque nel mondo", sottolinea lo psicologo sociale.
Un hikikomori in Giappone e' "il ragazzo isolato almeno da 6 mesi che non studia e non lavora. Sono 1 milione di casi in Giappone, ma il governo sta utilizzando dei criteri molto rigidi per abbattere i numeri e oggi parla di 500 mila casi. In Italia- aggiunge l'esperto- le stime parlano di 100 mila casi e riguardano per lo piu' adolescenti nel momento del salto dalle scuole Medie alle Superiori. Di solito l'isolamento si concretizza nei primi anni delle Superiori. La maggior parte degli hikikomori in Italia ha tra i 14 e i 25 anni e l'eta' media e destinata a crescere se non interveniamo. L'isolamento non si risolve da solo e se diventa cronico- avvisa Crepaldi- poi e' sempre piu' difficile convincere il ragazzo ad abbandonare la situazione".
Sono tre le fasi del ritiro: prima i giovani si allontanano dagli ambienti sociali, poi lasciano la scuola e poi si isolano anche dal Web. "Per noi non e' una patologia- sottolinea lo psicologo- ma un disagio sociale che, se prolungato, puo' portare alla patologia". L'associazione lavora allora sulle buone prassi per evitare di "mettere ulteriore pressione su questi ragazzi. È necessario abbassare le pressioni sociali e quindi lavoriamo molto con i genitori sulla prevenzione, per riuscire a riconoscere i segnali premonitori ed evitare che l'isolamento diventi cronico. Portiamo questo messaggio nelle scuole", ha concluso.
Presente al convegno anche Elena Carolei, la presidente dell'associazione Hikikomori Italia Genitori Onlus e mamma di un ragazzo che oggi sta bene. "Un figlio ritirato spaventa e fa pensare con preoccupazione al futuro. Attraverso una porta chiusa non possiamo vedere lo spiraglio del cambiamento. In Italia abbiamo creato 13 gruppi che in tutte le regioni cercano di dare sostegno. Dobbiamo trovare un modo- conclude- per stimolare nei nostri figli l'autostima".
(Red/ Dire)