Classificata come la terza causa di morte al mondo entro il 2030
(DIRE - Notiziario settimanale Sanita') Roma, 13 set. - Vuoi per la difficolta' di ammettere di essere malati, vuoi per una mera differenza di terminologia e linguaggio, in 9 casi su 10, il paziente con Broncopneumopatia Cronica Ostruttutiva (Bpco) non comunica al medico quella che e' la sua reale condizione. E cosi' piu' le forme di Bpco peggiorano, meno i medici sono in grado di percepire il reale disagio per il malato. E le conseguenze ricadono sulla salute di quest'ultimo. A far luce sulla mancanza di una comunicazione efficace e bidirezionale che spesso impatta sulle condizioni di salute dei pazienti, e' uno studio pubblicato sull'International Journal of Copd (Chronic Obstructive Pulmonary Disease) presentato al Congresso della European Respiratory Society (Ers) 2017 in corso a Milano fino al 13 settembre.
Classificata come la terza causa di morte al mondo entro il 2030, la Bpco secondo le stime dell'Oms colpisce 210 milioni di persone al mondo, e ne causa la morte di circa 3 milioni ogni anno, soprattutto tra gli anziani e i fumatori. Spesso sotto diagnosticata, in tutto il mondo, solitamente progressiva e associata a uno stato di infiammazione cronica del tessuto polmonare non ha ancora trovato una cura efficace che consenta di ripristinare la funzionalita' respiratoria perduta.
La survey e' stata condotta su circa 1000 persone (1/3 medici, 1/3 pazienti, 1/3 specialisti in pneumologia) in Italia, Spagna e Germania, con eta' media dei pazienti 55-64 anni, di cui il 41% donne. Il 38% dei pazienti era fumatore nonostante la malattia e il 28% presentava una forma severa della patologia. Il team di ricercatori ha analizzato il rapporto tra la percezione della patologia da parte del medico di famiglia, paziente con Bpco e pneumologo attraverso questionari specchio, ovvero indagando lo stesso ambito da punti di vista diversi delle tre diverse figure. L'indagine aveva come obiettivo quello di individuare e comprendere, al fine di superarle, le differenti percezioni della patologia.
I dati della survey. Dai dati, elaborati dalla QuintilesIMS, grande societa' di consulenza per l'Healthcare, emerge che l'11% dei pazienti si dichiara "abbastanza franco" nel rapporto con i medici, ben l'89% "generalmente non franco", mentre nessuno (lo 0%) dichiara di essere "totalmente franco". Su cosa non dicono tutta la verita'? Ad esempio, potrebbe esserci chi sostiene di aver smesso di fumare ma fuma ancora, chi afferma di svolgere continuativamente gli esercizi prescritti per mantenere attiva la muscolatura respiratoria ma invece soprassiede o, piu' semplicemente, chi non comunica il suo disagio o le difficolta' che affronta nella vita quotidiana. E la cosa ancora piu' grave e' che questa realta' e' molto sottostimata da parte dei professionisti. I medici, infatti, sono molto piu' ottimisti: il 42% di quelli di medicina generale ritiene che i pazienti siano abbastanza franchi, il 53% ritiene che generalmente non lo siano e il 5% che siano totalmente franchi. Tra gli pneumologi la percentuale e' rispettivamente del 49%, del 50% e dell'1%. Questo e' indice di una verosimile mancanza di comunicazione efficace tra il medico ed il paziente.
Di fatto, tra medici di medicina generale, specialisti e pazienti, cambia la percezione dei problemi e delle ricadute sulla qualita' della vita, in particolare con l'aggravarsi dei sintomi. Finche' le forme di Bpco sono moderate o lievi, sostanzialmente la percezione del disagio vissuto nelle attivita' di vita quotidiana, lavorativa e relazionale, e' ritenuta dal paziente "abbastanza impattante" e risulta allineata alla percezione del medico. Ma piu' le forme di Bpco peggiorano, meno i medici sono in grado di percepire il reale disagio per il malato. E le conseguenze ricadono sulla salute di quest'ultimo.
"Il gap comunicativo ha delle conseguenze dirette sulla salute del paziente - spiega Bartolome Celli, professore di Medicina presso la Harvard Medical School di Boston e autore principale dello studio - se non c'e' una comunicazione aperta tra le due figure, non ci si puo' davvero capire e non si possono attuare tutte quelle 'contromisure' necessarie per un maggior controllo della patologia. Su questo aspetto e' importante lavorare per promuovere un dialogo aperto, al fine di migliorare le cure e permettere sia al paziente di affrontare meglio la sua quotidiana battaglia con la Bpco, sia alle figure sanitarie di fare il massimo per comprendere ed aiutare i pazienti".
Del team di ricerca hanno fatto parte anche Francesco Blasi dell'Universita' Statale Ca' Granda di Milano, Mina Gaga, Presidente Ees, Dave Singh dell'Universita' di Manchester, Claus Vogelmeier della Philipps-Universität di Marburg e Alvar Agustí dell'Universita' di Barcellona.
(Red/ Dire)