(DIRE - Notiziario settimanale Sanita') Roma, 29 nov. - Oggi in Italia sono circa 300.000 le persone con malattia di Parkinson, e purtroppo questo numero e' destinato a raddoppiare. Nei prossimi 15 anni si stima che si arrivera' a 6.000 nuovi pazienti l'anno, di cui la meta' colpiti ancora in eta' lavorativa.
In occasione della Giornata Nazionale della Malattia di Parkinson (25 novembre) promossa dall'Accademia Italiana Malattia di Parkinson e Disordini del Movimento, la Societa' Italiana di Neurologia (SIN) fa il punto sui progressi della ricerca scientifica. Per la prima volta in Italia verra' realizzato uno studio con l'obiettivo di valutare il complesso dei fattori di rischio e dei fattori protettivi della malattia di Parkinson per identificare le probabili associazioni che possono impattare sulla malattia.
"Finora la letteratura scientifica ha riportato gli effetti dei singoli fattori di rischio sullo sviluppo della Malattia di Parkinson - afferma il Prof. Alfredo Berardelli, Ordinario di Neurologia presso l'Universita' La Sapienza di Roma - Attraverso questo primo studio italiano multicentrico osservazionale intendiamo capire in che modo i diversi fattori interagiscono tra di loro e creano i cambiamenti nel cervello che sviluppano la malattia, cosi come indagare sull'associazione tra fattori di rischio e fattori di protezione con l'obiettivo di prevenire o rallentare il progredire della malattia".
"Tra i fattori di rischio piu' frequenti - dichiara il Prof. Giovanni Defazio, Ordinario di Neurologia presso l'Universita' di Cagliari - si annoverano l'eta' avanzata, la familiarita', il sesso maschile, l'etnia (i piu' colpiti sono i Caucasici), diversi fattori ambientali, i traumi cranici e i disturbi dell'umore come la depressione. Mentre tra quelli protettivi l'attivita' fisica e' il piu' importante, seguita da un'attivita' lavorativa; sembra che anche il fumo e il caffe', malgrado nocivi sotto altri punti di vista, siano considerati fattori protettivi".
Oltre a questo studio italiano, i neurologi continuano a lavorare intensamente a nuove tecniche che permettano una diagnosi il piu' precoce possibile, addirittura pre-clinica, ossia prima della comparsa dei sintomi motori.
"Ai fini di una diagnosi quanto piu' precoce - afferma il Prof Pietro Cortelli, Ordinario di Neurologia dell'Universita' di Bologna - e' molto importante che i pazienti riferiscano al proprio specialista tutti quei sintomi apparentemente non riconducibili alla Malattia di Parkinson come ad esempio il deficit olfattivo, la depressione, i dolori delle grosse articolazioni e i disturbi comportamentali durante il sonno. Si tratta, infatti, di sintomi non motori che possono aiutare a identificare soggetti a rischio di sviluppare la malattia con un anticipo di 10-12 anni. In questo modo si potrebbe iniziare il trattamento sintomatico o neuro-protettivo nella fase pre-motoria della malattia e sarebbe possibile cambiare il decorso della malattia, rallentandone la progressione.
(Red/ Dire)