(DIRE - Notiziario settimanale Sanita') Roma, 5 lug. - Ivi e' stato uno dei pionieri a livello mondiale nella vitrificazione degli ovociti per la preservazione della fertilita', tecnica portata avanti con successo dal 2007. Inoltre, nel 2012, ha stabilito un flusso comune di pazienti con l'Ospedale La Fe di Valencia, grazie al quale entrambe le istituzioni preservano, da allora, la fertilita' delle proprie pazienti, anche mediante la crio-preservazione della corteccia ovarica. Uno studio recente, condotto da Ivi e dall'Ospedale La Fe di Valencia, su un campione di 1.759 pazienti (1.024 vitrificazioni di ovociti e 735 crio-preservazioni della corteccia ovarica) rivela che non esistono differenze significative in tema di nuovi nati: questo significa che entrambe le tecniche hanno praticamente la stessa efficacia. Di tutte le pazienti che hanno preservato la propria fertilita', sono state prese in considerazione quelle che hanno utilizzato il proprio materiale vitrificato per tentare di rimanere incinte. In questo studio, i cui risultati sono stati presentati a Ginevra in occasione della 33 edizione del Congresso Eshre, sono stati messi a confronto i risultati delle pazienti che avevano devitrificato i propri ovociti con quelli delle donne che si erano sottoposte ad un trapianto di corteccia ovarica.
La conclusione di questo confronto e' che tra i due trattamenti non esistono differenze significative nella percentuale dei neonati. Secondo il Dottor Ce'sar Díaz, ginecologo di Ivi Valencia e uno dei principali responsabili di questo studio, "e' molto importante indicare bene le tecniche a ciascuna paziente, dato che non tutte possono beneficiare delle stesse".
Ancora lontano dal trovare una soluzione magica, l'obiettivo di Ivi e dell'Ospedale La Fe di Valencia e' quello di offrire tutti gli strumenti e le tecniche possibili alle proprie pazienti, per poter individualizzare e adattare ogni trattamento in funzione delle loro necessita'. In questo senso, il Dottor Díaz ammette che "se c'e' tempo sufficiente prima di iniziare la chemioterapia, la paziente ha una riserva ovarica accettabile, e ha gia' iniziato la puberta', probabilmente la cosa migliore sara' effettuare una vitrificazione degli ovociti, dato che, alle stesse condizioni per cio' che si riferisce alla percentuale di neonati, questa tecnica e' meno aggresiva". "La crio-preservazione della corteccia ovarica, d'altro canto- conclude la Dottoressa Daniela Galliano, Direttrice del Centro Ivi di Roma- e' da consigliare alle pazienti in eta' pre-puberale, per quelle che ancora non hanno avuto il ciclo mestruale e per le quali risulta complicata la stimolazione e, di conseguenza, il recupero degli ovociti. Anche nelle pazienti con tumori molto aggressivi, come il linfoma di Burkitt, nel cui caso non c'e' tempo sufficiente per stimolare le ovaie prima di iniziare la chemioterapia".
La ricerca, uno dei pilastri di Ivi, consente una volta di piu', attraverso studi come questo, di mettere a disposizione di tutte le sue pazienti le migliori tecniche, oltre ad un ventaglio piu' ampio di soluzioni per realizzare il loro sogno di essere madri, continua Ivi.
Vitrificazione di ovociti. La vitrificazione di ovociti consiste nella stimolazione delle ovaie con ormoni simili a quelli che produce la paziente, per poi poter estrarre gli ovuli dalle ovaie mediante un ago molto fino, con un procedimento che richiede solo una minima sedazione. In seguito, gli ovuli vengono conservati mediante un raffreddamento ultra-rapido, che evita la formazione di cristalli di ghiaccio, proteggendo cosi' gli ovuli per tutto il tempo che sia necessario (anche decenni). Si tratta dello stesso metodo che viene utilizzato per preservare ovuli nelle pazienti che vogliono posticipare la maternita' per motivi di lavoro o personali. Una volta guarita dal cancro, la paziente potra' utilizzare questi ovuli per fecondarli con il liquido seminale del partner o di un donatore per generare un embrione che verra' impiantato nell'utero della paziente.
Crio-preservazione della corteccia ovarica. Consiste nell'estrarre un frammento della superficie delle ovaie mediante una chirurgia minimamente invasiva (laparoscopia). Il procedimento dura piu' o meno 20 minuti, e la paziente puo' tornare a casa o iniziare la chemioterapia gia' alcune ore dopo. Successivamente il tessuto viene congelato e messo da parte per gli anni che siano necessari. Se la paziente presenta un problema alle ovaie, si potra' tornare ad impiantare lo stesso tessuto con una nuova operazione, recuperando nuovamente la sua funzionalita', sia dal punto di vista della fertilita' sia dal punto di vista della produzione di ormoni (farebbe regredire la menopausa conseguente a numerosi dei trattamenti oncologici).
Allo stesso tempo consente la gestazione spontanea, senza dover ricorrere a tecniche di fecondazione in vitro, conclude Ivi.
(Red/ Dire)