(DIRE - Notiziario settimanale Sanita') Roma, 15 giu. - Gli italiani conoscono poco l'Hiv, hanno difficolta' a dire con esattezza come si trasmette il virus e poco o nulla sanno sulle cure che esistono per contrastare l'infezione. Riconoscono pero' che quando i media trattano di casi eclatanti in cui siano coinvolte persone con Hiv, l'approccio dei giornalisti evidenzia sempre il lato scandalistico o allarmistico degli episodi. Ma c'e' di piu'. Quasi un italiano su tre, con piu' di 45 anni, ritiene di aver visto associati nella comunicazione Hiv e "peste" o "cancro dei gay", stereotipi che col tempo si pensava di aver superato. Invece, a oltre trent'anni dalla sua scoperta, sono forti ancora i luoghi comuni che impediscono di avere un piena e consapevole conoscenza della malattia. È quanto comunicano i dati allarmanti di un'indagine svolta dalla societa' di ricerche demoscopiche SWG per conto di Nps Italia Onlus, che ha contattato un campione rappresentativo di mille persone stratificato secondo quattro parametri: eta', genere, luogo di residenza e ampiezza del comune di residenza. L'indagine ha indagato il livello d'informazione sull'Hiv/Aids, l'opinione su come i mass media trattano questo argomento, il permanere di pregiudizi e l'idea di cosa voglia dire oggi essere una persona Hiv+.
IL CONGRESSO - I dati sono stati presentati nel corso dell'ottava edizione di Icar (Italian Conference of Aids and Antiviral Research), a Milano all'Universita' Milano Bicocca. Il congresso e' presieduto dai professori Andrea Gori (Monza), Adriano Lazzarin, (Milano) e Franco Maggiolo (Bergamo): oltre 150 gli scienziati e i ricercatori presenti, dall'Italia e dall'estero, e mille gli specialisti presenti. Icar (Italian Conference on Antiviral Research) e' organizzata sotto l'egida della Simit, Societa' italiana di Malattie infettive e tropicali.
"Abbiamo commissionato questa ricerca- dice Rosaria Iardino, presidente onorario di Nps Italia Onlus- proprio perche' alcuni recenti fatti di cronaca, letti sui giornali, ci hanno portato a pensare che forse il livello di conoscenza degli italiani sull'Aids non era cosi' avanzato come ci aspettavamo. Sono passati tantissimi anni dalla scoperta della malattia ad Atlanta nel 1981 ed altrettanti dall'ingresso della stessa nel nostro Paese, ma leggere di recente sui giornali di 'untori' e ancora dello stigma da riservare alle persone con Hiv, e' stato desolante e chi ha spinto a monitorare scientificamente i livelli di disinformazione degli italiani. Cio' che preoccupa e' il livello di scarsa conoscenza che denunciano le fasce giovani di intervistati, che statisticamente rappresentano quelle piu' a rischio contagio. Tutto questo dimostra che a livello di prevenzione, e comunicazione, sul tema Aids/Hiv bisogna fare ancora molto". Prima di tutto, dice Margherita Errico, presidente di Nps Italia Onlus, "bisogna intervenire contro lo stigma che ancora riguarda le persone con Hiv additati come potenziali 'pericoli sociali', come conferma certa terminologia e certo gergo usato in alcuni articoli di cronaca. Tutto cio' rischia di inficiare quanto fatto in questi anni; rischia di mettere in forse le conquiste avute sul piano del welfare, perche' una paura irrazionale ed ingiustificabile potrebbe tornare a discriminare chi e' positivo al virus dell'Hiv. Ecco perche' di recente abbiamo presentato un esposto all'Ordine nazionale dei giornalisti per denunciare un modo sbagliato di far cronaca sulla malattia. In ogni modo l'indagine Swg fa pensare che la causa principale di questa cattiva informazione, sia la scarsa conoscenza che si continua ad avere dell'infezione e delle vita quotidiana e concreta delle persone con Hiv verso la quale ultime domande evidenziano degli immaginari anacronistici. Le istituzioni quindi devono intervenire, potenziando quei progetti che nascono per tenere alta la guardia contro l'Aids e per diffondere la corretta conoscenza dei rischi ancora presenti della malattia".
L'indagine commissionata da Nps Italia Onlus ed eseguita da Swg, non lascia scanso ad equivoco, spiega Icar. Gli italiani sono piuttosto soddisfatti del loro livello d'informazione sull'Hiv/Aids: oltre il 70% delle persone intervistate ritiene di essere molto o abbastanza informato in materia, con poche differenze tra le eta'. In realta', per molti aspetti la situazione e' assai diversa. Solo il 50% delle persone ha saputo rispondere alla domanda su cosa sia l'Hiv, con qualche differenza tra le fasce di eta' e, fatto piu' preoccupante, tra i giovani tra 25 e 34 anni, potenzialmente i piu' interessati al contagio sessuale. Poco piu' della meta' (57%) ha risposto correttamente alla domanda su come si trasmette il virus dell'Hiv, mentre le persone con piu' di 64 anni ne sono informate nel 70% dei casi. La disinformazione, prosegue la nota di Icar, puo' avere ripercussioni gravi: solo il 37% dei ragazzi tra i 25 e i 34 anni considera l'Hiv curabile, contro il 62% delle persone con piu' di 64 anni. In questa situazione, di fronte ad un sospetto di contagio, e' prevedibile una scarsa propensione in questi ragazzi a fare il test o a comunicare al medico i propri timori. Anche rispetto all'esistenza di terapie per la cura di Aids e Hiv, il livello d'informazione e' risultato direttamente proporzionale al crescere dell'eta': i piu' giovani, le persone peraltro maggiormente a rischio, sono le meno informate e consapevoli.
La domanda su cosa significhi avere la carica virale azzerata vede i ragazzi piu' giovani e i 45-55enni convinti, rispettivamente nel 28% e 25% dei casi, che voglia dire non essere infettivi. Nelle altre fasce di eta' questa percentuale e' nettamente piu' bassa: 15% - 19%. Rispetto a questa domanda, piu' "tecnica", ma con forte valenza per la prevenzione, i "non so" si collocano tra il 26% e il 40%, continua l'Ufficio stampa di Icar 2016.
VIVERE CON L'HIV - L'infezione Hiv viene considerata soprattutto grave e pericolosa, molto meno dolorosa. Sono soprattutto i giovani e gli anziani a vedere maggiormente l'aspetto della gravita' e della contagiosita', mentre la fascia di eta' 35-54 sembra piu' consapevole del risvolto di dolore che l'Hiv puo' comportare. I ragazzi piu' giovani pensano piu' degli altri che una persona Hiv positiva che decida di vivere pubblicamente la propria condizione sia incosciente, mentre a considerarla coraggiosa sono soprattutto le persone tra 55 e 64 anni. I ragazzi piu' giovani sono convinti che essere Hiv positivi possa comportare l'essere rifiutati in una relazione sentimentale e sessuale (61%), e essere denigrati o insultati (40%). Al crescere dell'eta' queste percentuali tendono a calare sensibilmente. La fascia 25-34 e' invece quella in cui e' piu' alta la paura che vengano diffuse notizie sul proprio stato di salute (40%). Un ultimo dato preoccupante: la paura del contatto con una persona Hiv+ diminuisce al crescere dell'eta' in una progressione quasi lineare: si passa dal 55% a vent'anni al 36% oltre i 64; una prova ulteriore della inadeguatezza della informazione in materia erogata da molti anni, conclude l'Ufficio stampa di Icar 2016.
(Wel/Dire)