Procopio: Nel 30% dei pazienti non e' aggressivo, basta sorvegliarli
(DIRE - Notiziario settimanale Sanita') Roma, 8 giu. - Circa 40.000 nuovi casi all'anno in Italia, con una mortalita' che si avvicina al 25%: questa la dimensione della presenza del tumore alla prostata, la piu' diffusa forma tumorale nella popolazione maschile. Ma durante il meeting dell'American Society of Clinical Oncology, a Chicago, e' stato precisato che il 30% di questi pazienti potrebbe essere semplicemente sorvegliato dagli specialisti, in quanto portatori della malattia senza evoluzione, in una fase che i clinici definiscono "indolente".
È quanto comunicato a Chicago da Giuseppe Procopio, responsabile del servizio di Oncologia medica genitourinaria all'Istituto nazionale dei Tumori: "Oggi il primo obiettivo per lo specialista e' comprendere se il tumore identificato si presenta in una forma indolente oppure aggressiva: nel primo caso, infatti, un approccio di sorveglianza attiva, connotata da grande attenzione clinica, potrebbe evitare terapie inutili ed interventi chirurgici invasivi". Si stima che circa 10.000 pazienti nel nostro Paese potrebbero cosi' vivere in uno stato di sorveglianza, in quanto la loro forma tumorale potrebbe non aver bisogno di alcun ulteriore significativo intervento terapeutico.
Ma purtroppo non tutte le forme sono "indolenti": per quanto riguarda le forme tumorali aggressive, Procopio ha presentato i dati di 'real world evidence', analisi che riguardano cioe' studi effettuati sulla popolazione reale, offrendo speranze di qualita' dell'esistenza a chi quotidianamente convive con questa malattia, quella 'popolazione reale' di pazienti fatta di vita quotidiana, di problematiche di guarigione e di difficolta' nella relazione con gli altri.
Spesso il paziente con tumore metastatico resistente presenta numerose comorbidita', problematiche cardiovascolari e obesita': proprio su questo paziente "reale" Giuseppe Procopio ha presentato dati importanti in termini di miglioramento delle condizioni di vita. Merito delle nuove terapie ormonali, di cui il primo farmaco in Italia e' stato abiraterone: "La pratica clinica non solo valida l'efficacia della terapia con abiraterone", ha precisato l'oncologo dell'Istituto nazionale dei tumori, "ma lo fa anche indipendentemente dalle caratteristiche complesse dell'uomo che la segue, ovvero l'uomo medio del mondo reale che spesso presenta comorbidita' cardiovascolari, problematiche ossee, problemi neurologici come dolore, fatica e depressione. I dati emersi dai nostri studi mostrano come la terapia con abiraterone non solo mantenga la sua efficacia nonostante la presenza di problematiche stabili, ma presenti anche un profilo migliore proprio per la qualita' della vita dell'uomo in cura".
Le analisi sono state effettuate sulle comorbidita' di diverse tipologie di paziente: paziente cardiopatico, paziente con implicazioni cognitive e paziente con patologie ossee. I risultati hanno mostrato come gli uomini in cura con abiraterone abbiano meno probabilita' di incorrere in peggioramenti cognitivi, depressioni, peggioramenti delle condizioni cardiovascolari, o di manifestare eventi scheletrici negativi.
Per Giuseppe Procopio si tratta di confortanti risultati terapeutici, in quanto "il miglioramento delle condizioni di qualita' della vita rappresenta un valore assoluto per il paziente e per le persone a lui piu' vicine".
(Wel/ Dire)