(DIRE - Notiziario settimanale Sanita') Roma, 17 feb. - "Trattare i pazienti ma nel corso tempo" e' la parola d'ordine degli esperti che, a piu' di un anno dalla disponibilita' nel nostro Paese delle nuove terapie per l'epatite C, si sono riuniti a Milano per fare un bilancio. L'incontro, dal titolo "Epatite C in Italia, identikit di una malattia in via di eradicazione", si e' tenuto nei giorni scorsi. I nuovi farmaci ad azione antivirale diretta sono in grado di modificare radicalmente la storia naturale dell'epatite C con la possibilita' di guarigione di oltre il 95%. Ad oggi, in Italia sono stati curati 32.512 pazienti, scelti sulla base di sette criteri di prioritizzazione stabiliti da Aifa che hanno dato precedenza ai pazienti piu' gravi, basandosi quindi su un principio di "urgenza" della cura.
"Ora che siamo in procinto di uscire da questa prima fase di urgenza, dobbiamo prepararci a riprogrammare l'accesso alle cure e stabilire altri parametri, riproducibili e etici, per fronteggiare una grande popolazione di pazienti con vari gradi di malattia- afferma Stefano Fagiuoli, direttore Unita' complessa di gastroenterologia, epatologia e trapiantologia Asst Papa Giovanni XXIII, Bergamo-. La possibilita' di 'differire', ossia ritardare l'inizio della terapia (informed deferral), potrebbe essere una strategia terapeutica con l'obiettivo di garantire un accesso graduale alle cure trattando i pazienti prima che sviluppino un quadro clinico grave. Pertanto, il paziente dovra' essere valutato sia in base al rischio clinico specifico per Hcv, ma anche a fronte di tutta una serie di fattori concomitanti quali comorbidita', obesita', ipertensione, diabete, ma anche al suo profilo psicologico e sociale che ci permette di capire se il paziente e' in grado di attendere l'inizio della terapia". Cosi' in un comunicato Noesis Comunicazione.
Il long term-benefit dovrebbe essere un altro principio che tiene conto dell'impatto che i trattamenti hanno sulla sopravvivenza del paziente e quindi il risparmio di decenni di medicalizzazione che soprattutto la cura dei piu' giovani comporta. "Finora abbiamo trattato i pazienti in base alla gravita' della malattia, tuttavia ci sembra ovvio che il beneficio clinico globale ottenuto da questi pazienti e' spesso inferiore a quello che otterremmo curando giovani con malattia epatica iniziale- precisa Massimo Colombo, direttore dipartimento di Medicina specialistica e dei Trapianti d'organo, Ospedale Maggiore, Universita' degli Studi di Milano-. Rimane tra l'altro aperta questione dei benefici clinici relativa alla prevenzione o reversione dello scompenso, e la riduzione dei tassi di mortalita', trapianto e sviluppo di tumore epatico per i quali abbiamo a disposizione ancora dati molto limitati con i farmaci antivirali diretti in termini di campionatura e durata di osservazione". In Italia la mortalita' causata da Hcv e' pari a circa 10.000 casi all'anno. "Il razionamento dei farmaci innovativi e' riconducibile all'introduzione di un paradigma curativo inedito per il nostro Ssn ovvero 'curare solo i malati piu' gravi'- commenta Ivan Gardini, presidente Epac Onlus- Limitare a tempo indeterminato l'accesso alle cure innovative genera distorsioni e anomalie, come il turismo farmaceutico, ovvero pazienti che si recano in India, Egitto, Bangladesh per acquistare farmaci generici. Riteniamo che sia giunto il momento di gestire diversamente l'accesso ai farmaci, tramite l'abbattimento delle limitazioni di accesso pur mantenendo linee guida basate sull'urgenza clinica e sociale, lasciando al medico la possibilita' di decidere chi curare prima. Tra l'altro, secondo una nostra stima, sono circa 160/180.000 i pazienti diagnosticati con Hcv ed eleggibili ad un trattamento antivirale con i farmaci innovativi, numeri diversi da quelli sempre divulgati, (700.000 - 1.000.000 pazienti) che includono anche le stime del 'sommerso' ovvero pazienti che devono ancora scoprire l'infezione. Questi numeri sono basati su studi epidemiologici di 20 anni fa, ormai obsoleti, e poiche' un budget impact nazionale si dovrebbe basare sui pazienti noti e non su quelli supposti, pensiamo di avere offerto un contributo importante per meglio definire la coorte dei pazienti da curare subito", continua Noesis Comunicazione.
Esistono, oggi, categorie di pazienti che meritano un'attenzione particolare in termini di prevenzione e di cura, magari perche' a piu' alto rischio di trasmissione dell'infezione? "Da un punto di vista epidemiologico e di sanita' pubblica occorrerebbe prendere in considerazione le categorie con un'alta probabilita' di trasmettere il virus a persone siero-negative: stiamo parlando di tossicodipendenti per via venosa e di persone in regime di detenzione- afferma Massimo Andreoni, direttore U.O.C. Malattie infettive e Day Hospital dipartimento di Medicina, Policlinico Tor Vergata, Roma-.
L'infezione da epatite C colpisce il 32.1%3 delle persone in regime di detenzione che appaiono oggi come la prima emergenza sanitaria da affrontare anche in considerazione del fatto che l'epatite cronica attiva evolve in cirrosi epatica. Ricordiamo tra l'altro che queste persone sono generalmente co-infette Hiv-Hcv, hanno altre co-morbosita' e sono costrette ad assumere numerosi i farmaci che possono portare problemi di aderenza alla terapia e di interazioni farmacologiche spesso difficili da prevedere, quindi sono pazienti che necessitano un monitoraggio molto attento. In generale, comunque i pazienti coinfetti Hiv-Hcv sono pazienti a piu' alto rischio di progressione di malattie epatiche ma anche di malattie extra epatiche (cardiovascolari, renali, ossee e del sistema nervoso centrale), rispetto al paziente mono infetto, quindi necessitano di un trattamento in fase piu' precoce per il controllo dell'infezione da Hcv". Le strategie terapeutiche per fronteggiare il futuro, la complessita' dell'Hcv e della tipologia di pazienti mettono dunque alla prova i clinici, ma anche tutti gli stakeholders che si interrogano sui principi di accesso ma anche di eticita' e di presa in carico del paziente.
"Un patto sociale fra istituzioni, associazioni pazienti, enti regolatori e centri che erogano queste nuove terapie e' a questo punto fondamentale perche' serve per spiegare ai pazienti in attesa trepidante del farmaco che saranno trattati ma a tempo debito- aggiunge Fagiuoli- Infatti, trattare tutti i pazienti subito non sarebbe sostenibile ne' da un punto di vista dell'assistenza sanitaria in termini di risorse umane presenti nei dei centri di cura che si prendono in carico il paziente (il ritmo con cui possiamo trattare i pazienti con Hcv e' quello attuale), ne' dal punto di vista economico anche perche', oltre all'Hcv, ci sono altre malattie da curare che non possono essere trascurate", conclude Noesis Comunicazione.
(Wel/Dire)