(DIRE - Notiziario Sanità) Roma, 30 set. - "Se è giusto e doveroso affermare che la sanità italiana deve muoversi su di un binario le cui coordinate sono rappresentate da appropriatezza e sostenibilità, non si possono ignorare le preoccupazioni che in questi giorni hanno assalito medici e pazienti e sono diventate esplosive nei vari talk show televisivi. Nessuno mette in dubbio questa formula lanciata dal ministro della Salute, come una sorta di panacea per garantire al nostro Ssn la possibilità di mantenere il suo standard di qualità universalmente riconosciuto. Serve più appropriatezza per evitare esami inutili, che allungano le attese di altri pazienti, che potrebbero averne un maggiore bisogno e creano un costo aggiuntivo del tutto inutile. Ma, considerata l'assoluta necessità di una maggiore appropriatezza, il punto cruciale riguarda proprio il capire a chi tocchi decidere se un esame, o un ricovero, o una terapia, sia appropriata o no. E subito dopo si tratta di capire a chi tocchi commisurare le sanzioni che si accompagnano ad una decisione più o meno inappropriata. E' proprio questo il problema che ha profonde radici di natura etica e tocca il cuore stesso della deontologia medica. Il medico e solo il medico che agisce in scienza e coscienza potrà dire se una determinata decisione è appropriata o meno. Per questo gli serve una competenza concreta e adeguata a trattare quel caso, o per lo meno quella tipologia di casi; una competenza supportata da un curriculum professionale ineccepibile maturato in quel preciso ambito clinico." Lo afferma l'onorevole Paola Binetti di Area popolare, che continua: "Ma è su di una inappropriatezza sistemica che vorrei richiamare l'attenzione: ciò che costa al Ssn non è tanto quella Tac o quella Rmn ripetuta senza effettiva necessità, quanto piuttosto quella struttura ospedaliera o quella clinica privata o convenzionata in cui si duplicano servizi con scarso livello di competenza specifica e quindi con costi inutili per l'intero sistema sanitario nazionale. Moltiplicare i centri di trapianto o di cardiochirurgia avanzata; trattare pazienti con patologie oncologiche complesse in strutture inadeguate; frammentare i centri diagnostici per le malattie rare; mantenere sale parto in cui nascono meno di 500 bambini l'anno; tutto ciò crea costi a livello di sistema che ormai sono diventati insostenibili. Il primo controllo il ministro lo faccia sulla appropriatezza delle prestazioni che le strutture sanitarie offrono e faccia una razionalizzazione dei servizi sanitari offerti, concentrando le competenze di alta professionalità in alcuni centri di eccellenza. Tante volte abbiamo sottolineato come il destino dei piccoli ospedali deve essere rivolto alla cronicità e alla disabilità, a quelle patologie in cui si richiede una qualità assistenziale ed umana di alto profilo, senza per questo necessitare di tecnologie particolarmente sofisticate. Non si può clonare la competenza di una struttura, facendone delle copie in facsimile meno capaci di risolvere problemi e individuare soluzioni efficaci".
Conclude Binetti: "Ci sono centri in cui l'eccellenza appartiene al mix di tecnologie avanzate, di un modello organizzativo duttile, e di una concentrazione di competenze di tipo multi-professionale. Sono centri costosi, ma sono anche centri in cui non c'è spreco alcuno e in cui è possibile raggiungere risultati di altissimo profilo. Disperdere il personale, non rinnovare le tecnologie, irrigidire, burocratizzare il modello di governo, è il vero grande spreco della sanità. La sostenibilità del sistema richiede una grande capacità di riorganizzare gli attuali modelli organizzativi per favorire la concentrazione di talenti e la riduzione della dispersione umana e professionale".
(Wel/ Dire)