La scoperta dei ricercatori facoltà Medicina e Chirurgia
(DIRE - Notiziario Sanità) Roma, 25 mar. - "Il decorso della sclerodermia, invalidante malattia autoimmune, si puo' rallentare agendo per tempo con terapie mirate in modo selettivo contro le cellule immunitarie 'cattive' che danneggiano pelle, polmoni e cuore dei pazienti, ovvero i globuli bianchi CD20". La scoperta dei ricercatori della facolta' di Medicina e Chirurgia dell'Universita' Cattolica di Roma e' il risultato di due studi, entrambi pubblicati sulla rivista Seminars in Arthritis and Rheumatism dall'e'quipe del professor Gianfranco Ferraccioli, ordinario di Reumatologia presso l'Ateneo del Sacro Cuore.
Gli studi sono resi noti in occasione della Giornata nazionale per la Lotta alla Sclerodermia che si celebra domani, mercoledi' 25 marzo, e che quest'anno vuole puntare l'attenzione "sugli aspetti nutrizionali della malattia, ovvero sulla scelta degli alimenti piu' adatti a limitare i sintomi a carico di esofago, stomaco e intestino".
Infatti, "il reflusso gastro-esofageo favorito per esempio dal consumo eccessivo di carne- spiega Ferraccioli- puo' danneggiare anche il polmone".
La sclerodermia e' una malattia autoimmune (in cui cioe' e' il sistema immunitario del soggetto colpito a causare danni all'organismo stesso con reazioni immunitarie anomale). Si tratta di una malattia reumatica caratterizzata da ispessimento e indurimento del 'tessuto connettivo', della pelle, delle mucose, dei vasi sanguigni e degli organi interni come polmoni e cuore.
Per tenere a bada gli effetti degli attacchi ripetuti da parte del sistema immunitario del paziente, spiegano gli studi dell'e'quipe del professor Gianfranco Ferraccioli, ordinario di Reumatologia presso l'Ateneo del Sacro Cuore, "sono in uso oggi soprattutto farmaci corticosteroidi con funzione antinfiammatoria e immunosoppressori, peraltro gravati da numerosi effetti collaterali anche molto severi", ma esistono anche farmaci "piu' mirati, selettivi che colpiscono la malattia al cuore perche' fermano l'azione delle cellule immunitarie 'impazzite' evitando che causino altri danni".
I ricercatori dell'Universita' Cattolica di Roma hanno dimostrato che uno di questi farmaci, il rituximab, "ha un'importante azione immunosoppressiva e ferma le cellule B che sono le artefici dei danni tipici della malattia, ovvero i globuli bianchi CD20, ed e' efficace non solo nel prevenire i danni ai tessuti cutanei, ma anche a quelli del polmone e del cuore".
Per questo, coinvolgendo in tutto circa 200 pazienti, gli scienziati hanno dimostrato "che i danni cardiaci tipici dei pazienti sono di tipo infiammatorio (miocardite) e non solo di tipo ischemico-fibrotico (ovvero formazione di tessuto cicatriziale non contrattile) come ritenuto finora".
Per Ferraioli quindi, "questi studi aiutano a inquadrare meglio la malattia e suggeriscono l'utilita' di terapie mirate per contrastarne e rallentarne il decorso, permettendo sempre di piu' di personalizzare la scelta dei farmaci in base al singolo paziente".
(Wel/Dire)