(DIRE - Notiziario Sanità) Roma, 29 apr. - Le donne muoiono più degli uomini per infarto. Non perché siano più colpite, ma perché non riconoscono in tempo i sintomi (più nebulosi rispetto agli uomini) e di conseguenza i soccorsi arrivano in ritardo. A svelarlo è una ricerca condotta da un team dell'Alma Mater di Bologna, guidato da Raffaele Bugiardini del Dipartimento di medicina specialistica, diagnostica e sperimentale dell'Ateneo, presentata il mese scorso al simposio annuale dell'American college of cardiology a San Diego, in California. Esaminando i dati ricavati dal registro internazionale Isacs-Tc su 7.457 pazienti europei ricoverati tra il 2010 e il 2014, i ricercatori hanno rilevato come le donne colpite da infarto miocardico abbiano una probabilità quasi doppia di morire, in ospedale, rispetto agli uomini, con una incidenza di decessi di circa il 12% contro il 6% degli uomini.
"Ma questa differenza di mortalità- spiega l'Ateneo in una nota- non è dovuta ad un diverso trattamento ospedaliero", che anzi non mostra disparità di genere. Il problema è monte. La causa della maggiore mortalità femminile è infatti il ritardo pre-ospedaliero. In altre parole, affermano i ricercatori dell'Alma Mater, "le donne colpite da un attacco cardiaco attendono troppo tempo prima di chiedere o ricevere i soccorsi" e quindi non hanno un trattamento adeguato. Insomma, se colpite da infarto muoiono più degli uomini perché impiegano troppo tempo a "comprendere i sintomi e chiamare i soccorsi". In media, riferisce l'Ateneo, "le donne attendono un'ora prima di chiamare il pronto intervento rispetto a 45 minuti degli uomini". Ma più grave è che "dopo avere chiamato i soccorsi più del 70% delle donne nello studio hanno impiegato più di un'ora per raggiungere l'ospedale, rispetto a meno del 30% degli uomini".
Le donne, ricordano infatti gli scienziati, non presentano i classici sintomi dell'infarto, come il dolore toracico, ma possono presentare segni più generici come respiro corto, nausea, vomito, dolore alla schiena, al collo o alla mascella.
Oltretutto, i sintomi possono svilupparsi lentamente, nel giro di ore o giorni e addirittura comparire e scomparire. Essendo così generali, dunque, possono confondere il medico, creando ritardi nel definire la diagnosi o indirizzando le donne colpite in centri cardiologici non attrezzati. "I ritardi pre-ospedalieri rimangono inaccettabilmente lunghi nelle donne- afferma Bugiardini- per circa dieci anni si è valutata la performance degli ospedali con il cosiddetto 'door to ballon/or needle time', cioè il tempo di intervento sul paziente da quando varca la soglia del Pronto soccorso, dimenticandosi di controllare il ritardo preospedaliero che non è solo un fatto di trasporto, ma più gravemente è un problema di conoscenza dei sintomi e della presentazione clinica dell'infarto nelle donne, mancata conoscenza che coinvolge tutti, inclusi i medici".
Il problema è globale, se è vero che il trend europeo è simile a quello statunitense. Un recente studio americano dimostra infatti che le donne hanno una probabilità sette volte superiore rispetto agli uomini di ricevere una diagnosi errata e di essere dimesse dal pronto soccorso nel corso di un attacco cardiaco. "Sono pertanto necessari interventi di informazione e comunicazione della salute- conclude Bugiardini- al fine di identificare e rimuovere i fattori responsabili dei ritardi pre-ospedalieri, sviluppando iniziative che migliorino l'assistenza cardiologica tempestiva delle donne che presentano un infarto miocardico".
(Wel/ Dire)