Scoperta di team internazionale guidato da scienziati Alma Mater
(DIRE - Notiziario Sanità) Roma, 29 apr. - Lo stesso gene che è responsabile della proliferazione dei tumori potrebbe essere la chiave per riparare i danni in un cuore colpito da infarto. E' la scoperta, forse rivoluzionaria, fatta da un team di scienziati guidato dall'italiano Gabriele D'Uva dell'Alma Mater di Bologna, che comprende anche i ricercatori dell'Università del South Wales in Australia, del Weizmann institute of science e dello Sheba medical center in Israele. Alla scoperta ha contribuito anche la dottoressa Mattia Lauriola del Dipartimento di medicina specialistica, diagnostica e sperimentale dell'Ateneo di Bologna. Lo studio, pubblicato il 6 aprile scorso sulla rivista 'Nature cell biology', riguarda la proliferazione di cellule cardiache endogene e ha individuato il motivo per il quale il muscolo cardiaco non riesce a rigenerarsi, scoprendo appunto il gene chiave che, una volta attivato, consentirebbe di aggiustarlo.
Per ora, lo studio ha ottenuto risultati positivi sui topi. Ma prima di applicarlo all'uomo, c'è ancora molto lavoro da fare. Durante un infarto, le cellule del cuore muoiono e vengono sostituite da tessuto cicatriziale, che però non è in grado di contrarsi e quindi riduce la funzione del cuore, spianando la strada per l'insufficienza cardiaca, spesso letale. Il team di ricerca ha scoperto che l'incapacità del cuore di rigenerarsi è dovuta alla scarsa presenza di un gene chiamato ErbB2, lo stesso che permette lo sviluppo del cuore in fase embrionale e che si riduce drasticamente dopo la nascita. Accade cioè il contrario rispetto ad altri tessuti del corpo umano, che si rinnovano per tutta la vita grazie alle cellule staminali. Per il cuore, invece, non è così.
Tra l'altro, il gene ErbB2 è noto anche perchè responsabile della crescita cellulare in svariati tipi di cancro. Ed è da qui, appunto, che i ricercatori sono partiti. Gli scienziati hanno indotto il gene ErbB2 nel cuore di un topo adulto, grazie a sofisticate tecniche di biologia molecolare. Le cellule del muscolo cardiaco sono così tornate a livello embrionale, stadio che ha permesso la divisione in nuove cellule cardiache.
L'effetto è stato però cosí forte che ha portato alla gigantizzazione del cuore, diventato più grande del normale di due-tre volte. In seguito il team di ricercatori ha riattivato provvisoriamente il gene in alcuni topi che avevano subito un infarto, ma solo per il tempo sufficiente a indurre la giusta proliferazione di cellule muscolari cardiache necessaria per riparare il cuore.
Al termine dell'esperimento, si è visto che il gene ErbB2 era riuscito, nel giro di poche settimane, a rigenerare il muscolo cardiaco. "Secondo questi risultati- spiega D'Uva, in una nota dell'Alma Mater di Bologna- i pazienti colpiti da infarto cardiaco potrebbero migliorare le condizioni del cuore, se nel futuro si riuscisse a trovare un modo per aumentare i livelli di ErbB2 nelle cellule muscolari cardiache". Insomma, prima di applicarlo all'uomo bisogna trovare il modo per controllare l'effetto del gene e di indurlo per un breve periodo di tempo, necessario per riparare il cuore danneggiato.
(Wel/ Dire)