(DIRE - Notiziario Sanità) Roma, 19 mar. - "Situazioni come il caso Stamina dimostrano la mananza di memoria storica. Un ritorno ciclico impressionante che si ripete in Italia ogni 10 anni, attraverso una sequenza di casi simili tra loro". La pensa così Rosy Bindi, presidente della commissione Antimafia, alla presentazione del libro di Paola Binetti, deputato Udc, su 'Il caso Stamina e la prova dei fatti', pubblicato dalla Magi Edizioni.
Con il caso Di Bella "abbiamo assistito a una confusione di responsabilità sui diversi piani della scienza, dell'informazione, della magistratura e della politica. Nel caso Di Bella- ricorda l'ex presidente del Pd- ci furono vere e proprie tifoserie. La chemioterapia era di sinistra mentre la cura Di Bella di destra. Marce e manifestazioni furono organizzate da politici e malati incatenati e le partite della domenica divennero luogo di propaganda. Questo negli anni 1996, 1997, 1998". Una confusione, secondo Bindi, dovuta a una "sorta di iniziale sottovalutazione da parte della comunità scientifica che, considerando Di Bella un cialtrone, non si mise in gioco. E l'informazione e il servizio pubblico non dettero una mano". Il caso Stamina è "doloroso perché di mezzo ci sono i bambini, ma i tumori interessano tutte le famiglie italiane- continua il deputato Pd- il caso Stamina ruota intorno a un universo più stretto, quello delle malattie rare. Nella vicenda Di Bella invece numeri contarono molto. Inoltre Di Bella usava farmaci sovvenzionata dal Sistema sanitario nazionale". In entrambi i casi però, l'ex ministro della Salute tiene a precisare che le istituzioni hanno agito per "difendere un malato dell'illusione, non negargli la libertà di cura, che vale quando esistono cure alternative efficaci e valutate come tali. Neppure con Di Bella ci furono i presupposti scientifici per fare sperimentazione".
Di Bella "fu convinto a consegnare il suo metodo e si fido' del ministro della Salute. Detto' i protocolli per ogni tipo di tumore, che avremmo poi messo in sperimentazione. Pretese che i farmaci fossero fatti e- racconta Bindi- la sperimentazione parti sotto la guida del comitato scientifico del quale faceva parte il figlio. Ho trovato resistenza sia nella Comunità scientifica che tra gli oncologi, non augurerei nemmeno al mio peggiore avversario politico il caso Di Bella". Si arrivò comunque "fino in fondo con la prima e seconda fase- sottolinea Bindi- per dimostrare che la terapia non aveva alcuna efficacia e non era neppure utilizzabile come cura palliativa". Il presidente della commissione Antimafia riporta infine "una sentenza della Corte costituzionale, da me molto criticata, perché estese la possibilità di accedere alla terapia a tutte quelle persone che si trovavano nelle stesse condizioni dei pazienti in sperimentazione, nel nome del diritto alla salute. Questo fece esplodere la spesa. Una vicenda complicata- conclude- e da non archiviare perché la storia si ripete".
Guarda le video interviste a questo link: http://www.dire.it/home/6175-stamina-bindi-manca-memoria-storica.d ire (Wel/ Dire)