Antonelli: "Grazie a checklist oggi paziente rischia molto meno"
(DIRE - Notiziario Sanità) Roma, 5 mar. - I medici sono come i piloti: sempre pronti al decollo. Soprattutto in sala operatoria, quando sbagliare un passaggio fondamentale può causare seri problemi al paziente. Grazie alla checklist, termine non a caso preso in prestito dalle procedure aereonautiche, gli anestesisti (circa 11mila in Italia) hanno contribuito in modo determinante a ridurre il numero delle complicanze durante gli interventi chirurgici. "È fondamentale proteggere il malato da eventuali rischi che potrebbero insorgere per errate procedure, trascuratezza o altro- dice alla Dire Massimo Antonelli, presidente Siaarti (Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva)- Così nel 2009, insieme al ministero della Salute, abbiamo stilato una vera e propria checklist, ovvero un elenco di procedure che vanno eseguite secondo una certa sequenza per ridurre al minimo tali rischi".
Così come i piloti, che prima di far decollare l'aereo devono sottoporlo a controlli precisi e regolari seguendo un algoritmo, cioè una sequenza di eventi, allo stesso modo devono fare gli anestesisti prima di un intervento chirurgico. "Su questo stesso identico principio- spiega Antonelli- ci siamo basati anche noi, riuscendo ad ottenere, a fronte di 4 milioni e 300 mila interventi chirurgici l'anno, una riduzione delle complicanze dall'11% all'8%, dando di conseguenza una maggiore garanzia di protezione al malato. D'altro canto il nostro compito è quello di proteggere il paziente e di salvaguardarlo in tutte le sue funzioni vitali più importanti: dalla regolare contrazione del cuore alla respirazione e alla pressione sanguigna nel corso di tutto l'intervento, abolendo il dolore e consentendo la realizzazione dell'intervento chirurgico in maniera agevole per l'operatore".
Ancora oggi l'anestesia è uno dei momenti più delicati dell'intervento chirurgico. Ma rispetto al passato si sono fatti grandi passi in avanti e i rischi non sono più gli stessi. "Procedure, materiali e tecniche si sono affinate- spiega il presidente Siaarti- grazie all'ampliarsi di conoscenze che hanno permesso di garantire performance migliori. Abbiamo a disposizione dei farmaci per l'anestesia la cui sicurezza rispetto a quelli del passato è molto maggiore. Faccio alcuni esempi: come anestetico 'per addormentare', mi si passi il termine un po' banalizzante, oggi si usa una sostanza, il Propofol, che rispetto al tiopentale sodico, quindi all'induttore che si usava un tempo, dà maggiori regimi di sicurezza e minori effetti collaterali".
Novità anche nel campo della anestesia periferica, quella cioè dove è necessario addormentare una parte dell'organismo per consentire l'intervento chirurgico: "La tecnica con cui venivano raggiunti i punti dove è necessario infiltrare l'anestetico- prosegue Antonelli- un tempo si basava su reperi anatomici, cioè sul riconoscimento di alcuni punti specifici dove bisognava effettuare la procedura. Tuttavia in ogni soggetto possono esserci differenze anatomiche, e non sempre la manovra risulta agevole. Oggi nei blocchi periferici di alcuni distretti si utilizza l'ecografia: questo approccio consente di visualizzare meglio le strutture in maniera non invasiva, riducendo i potenziali errori o difficoltà che eventualmente potrebbero insorgere". Lo stesso vale per l'avanzamento enorme delle tecniche di supporto alle funzioni vitali nell'ambito rianimativo. "Nuovi ventilatori meccanici, nuove tecniche e l'introduzione di ricerche importanti- spiega ancora il presidente Siaarti- hanno fatto sì che la gamma di opportunità che vengono offerte al paziente anche in condizioni estreme è aumentata notevolmente nell'arco del tempo".
(Wel Dire)