"Puntiamo a produrre tessuti e organi cellularizzati viventi"
(DIRE - Notiziario Sanità) Roma, 28 mag. - Il fatturato del mondo che ruota attorno alle stampanti 3D nel 2013 è stato di 2,2 miliardi di dollari. Si stima che nel 2015 sarà di 3,7 miliardi. Nel 2018 di quasi 11 miliardi. Una crescita esponenziale, dovuto ai costi bassi e alla versatilità di stampanti che sono la vera novità tecnologica dell'anno. La Barilla, per esempio, le ha sperimentate per creare formati di pasta personalizzati per ogni ristorante. Poi c'è chi ha pensato di spedirle in orbita, per stampare i pezzi di ricambio delle navicelle spaziali e, un giorno, chissà, pure il cibo per gli astronauti. C'è chi ha immaginato di usarle in campo medico, per stampare protesi e tessuti umani: certo, è ancora una sperimentazione ma i primi, importanti, risultati, sono già arrivati.
Un ruolo in prima linea se l'è ritagliato la Banca delle cellule del tessuto muscolo scheletrico (Bctm) dell'Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna, la prima in Italia per numero di tessuti distribuiti. Per farlo, è partita da una constatazione tanto semplice quanto fondamentale: l'aspettativa di vita si è notevolmente allungata, facendo lievitare i costi della sanità nazionale. Avanti di questo passo, nel 2030 questi costi non saranno più sostenibili. A meno che non cambino gli attori in gioco, e c'è chi è già pronto a giurare che l'impiego delle stampanti 3D avrà un ruolo importante nella terza 'rivoluzione industriale'. La medicina rigenerativa "è la nuova frontiera- spiega Nicola Fazio, ricercatore del Rizzoli- dobbiamo lavorare sull'ingegneria tissutale. Basti pensare che ogni giorno, in Europa, muoiono 12 persone in attesa di ricevere un organo. E se li potessimo stampare?".
In ambito biologico le stampanti 3D hanno due ruoli: uno di ricerca, per favorire gli studi anatomici, e uno clinico. "Ma anche qui va fatta una distinzione: da una parte c'è il medical device, i dispositivi medici -gli impianti, le protesi- dall'altra ci sono i tessuti ingegnerizzati, gli innesti viventi", dice Fazio. E se le protesi stampate sono già una realtà, i tessuti ingegnerizzati -artificiali, ottenuti seminando cellule su apposite strutture- no. "Ci sono due tecniche per stampare in 3D: quella a getto d'inchiostro e la modellazione a deposizione fusa, il cosiddetto bioprinting. Il getto d'inchiostro è perfetto per stampare tessuti ossei, perché utilizza le polveri. Ma non può stampare cellule. Il bioprinting, invece, non utilizza polveri e stampa delle cellule: consiste nella deposizione strato per strato di materiali biologici". Per farlo, usa due tipi di testine: uno per depositare cellule, uno per depositare biomateriali: questa stampa garantisce anche la creazione di una microvascolatura funzionale. "Puntiamo a produrre velocemente tessuti e organi cellularizzati viventi.
Prossimo obiettivo della Bctm è creare tessuti vivi su misura per la chirurgia ortopedica e maxillo facciale. Ci siamo quasi: per la stampa di tessuti ingegnerizzati serviranno ancora un paio di anni", dice Fazio.
L'occasione per presentare le potenzialità delle stampanti 3D in campo medico è stata la tappa bolognese di '3D PrintHub', il progetto di Senaf dedicato alla stampa 3D, in scena a Bologna tra gli stand di Exposanità. Il progetto '3D PrintHub' è tra i vincitori del 'Bando Innovafiere' indetto da Regione Lombardia, Camera di commercio di Milano e Fondazione Fiera Milano. Il roadshow, partito da Parma a marzo, dopo Bologna si sposterà a Bari, per chiudere a Milano. (Dires - Redattore Sociale) (Wel/ Dire)