Ospite Frank Lin. Studio per identificare soggetti a rischio
(DIRE - Notiziario Sanità) Roma, 16 apr. - Un deficit moderato dell'udito può aumentare di tre volte il rischio di sviluppare una forma di demenza. Inoltre, gli anziani con una forma significativa di ipoacusia hanno il 24% di probabilità in più di compromettere le proprie abilità cognitive, tra cui concentrazione, memoria e capacità di pianificazione. Il legame tra udito e cervello è protagonista del workshop internazionale 'Perdita di udito e declino cognitivo: quale è il legame?' che, promosso dalla Fondazione Giovanni Lorenzini, ha riunito a Bologna alcuni esperti italiani per un confronto e dibattito con il professor Frank Lin, della Johns Hopkins University di Baltimora negli Stati Uniti. Lo studioso americano è autore di numerosi studi scientifici ed è considerato uno dei massimi esperti internazionali del collegamento tra udito e problemi cognitivi: un legame sciagurato che in futuro, però, potrebbe permettere di prevedere con anticipo la formazione delle lesioni cognitive, in modo da intervenire tempestivamente proprio su demenza e Alzheimer.
Si tratta di un collegamento importante considerando che solo in Italia vivono oltre 7 milioni di persone con disturbi dell'udito. Secondo Lin l'ipoacusia può contribuire in quattro modi diversi allo sviluppo di una forma di decadimento cognitivo. "L'ipotesi più ovvia- commenta Lin- riguarda l'esistenza di un processo fisiologico comune che contribuisce sia all'ipoacusia, sia al declino cognitivo. Un'altra possibilità è legata a quello che gli esperti chiamano 'cognitive load': cioè lo stress esercitato sul cervello dal continuo sforzo di comprensione dovuto a un deficit uditivo. La terza ipotesi considera come la perdita di udito possa modificare la struttura del cervello, contribuendo così allo sviluppo di problemi cognitivi. Infine, sembra possibile che anche l'isolamento sociale, a cui spesso l'ipoacusia costringe, giochi un ruolo nel favorire lo sviluppo di questi disturbi".
Esperti di otorinolaringoiatria, audiologia, geriatria, neuroscienze, medicina interna, medicina generale, farmacologia clinica ed economia: circa 30 tra i maggiori esperti nazionali hanno dato vita a un confronto e dibattito multidisciplinare partendo dai lavori scientifici condotti sul tema negli ultimi anni. Di seguito vengono riportati due esempi: - Nel 2011 uno studio di Frank Lin condotto su 639 pazienti (monitorati per oltre 12 anni) ha dimostrato come un moderato disturbo dell'udito possa aumentare di tre volte il rischio di sviluppare una forma di demenza.
- Nel 2013 uno studio di Frank Lin condotto su 1984 anziani (età media di 77 anni), monitorati per 6 anni, ha messo in luce come i pazienti con una forma significativa di ipoacusia, che non permetteva loro di intrattenere conversazioni, abbiano il 24% di probabilità in più di compromettere le proprie abilità cognitive, tra cui concentrazione, memoria e capacità di pianificazione.
Il workshop internazionale 'Perdita di udito e declino cognitivo: quale è il legame?' è promosso e organizzato e dalla Fondazione Giovanni Lorenzini Medical Science Foundation, con il supporto incondizionato di Amplifon e Cochlear.
La Fondazione Giovanni Lorenzini è costituita da due organizzazioni scientifiche no-profit, che hanno sede a Milano (fondata nel 1969) e a Houston (fondata nel 1984). Uno degli scopi principali della Fondazione è di facilitare il trasferimento dell' innovazione in medicina dalla ricerca di base e clinica verso un appropriato uso e beneficio per il malato e la società.
(Wel/ Dire)