DENUNCIA PER FARE LUCE SU TRAPIANTO CELLULE STAMINALI AUTOLOGHE
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 6 mar. - Il cosiddetto "protocollo Melazzini" finisce in procura: il "Comitato 16 novembre", che raccoglie un gruppo di malati di Sla, annuncia infatti di essere intenzionato entro dieci giorni a sporgere formale denuncia all'autorita' giudiziaria affinche' accerti la situazione della sperimentazione di un protocollo basato sul trapianto di cellule staminali autologhe al quale si e' sottoposto negli anni scorsi Mario Melazzini, attuale assessore alla Sanita' in Lombardia nella giunta Formigoni ormai in scadenza e gia' presidente di Aisla (l'associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica). Un trattamento, quello attuato da Melazzini, che per stessa ammissione del diretto interessato ha portato indubbi benefici, con un miglioramento delle sue condizioni di salute, e che pero' - e' la denuncia del Comitato - viene negato agli altri malati di Sla: la sperimentazione infatti procede in ritardo, e a distanza di almeno due anni e mezzo dai primi annunci di "imminente partenza" ancora nulla si sa ufficialmente del percorso che l'Istituto superiore di sanita' ha autorizzato in due soli pazienti. Per questo il "Comitato 16 novembre" chiede ora di conoscere la reale situazione, al contempo chiedendo anche di conoscere le modalita' attraverso cui Melazzini si sottopose a suo tempo alla sperimentazione: un trattamento che richiederebbe un iter molto preciso e una serie puntuale di vincoli che l'allora presidente di Aisla avrebbe - a parere del Comitato - sostanzialmente saltato.
Scrivendo alla Direzione generale della Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia (struttura presso la quale Melazzini ha svolto il ruolo di primario al Day Hospital Oncologico e presso la quale ebbe concretamente luogo il trattamento) e per conoscenza inviata anche al sostituto procuratore della Repubblica Raffaele Guariniello, la presidente del "Comitato 16 novembre", Laura Flamini, ricorda gli "evidentissimi miglioramenti" dello stato di salute di Melazzini, capace nel tempo di "riprendere funzionalita' ormai perdute", cosa presentata come alquanto singolare per un paziente colpito da una malattia degenerativa, e ricostruisce quanto accaduto facendo ricorso ad uno scambio epistolare fra il Comitato e lo stesso Melazzini avvenuto nel novembre 2010. In quella circostanza Melazzini raccontava di essersi sottoposto ad un trattamento basato su un potente chemioterapico immuno-soppressore e immuno-modulatore, e ad una raccolta e re-infusione (dunque un auto-trapianto) di cellule staminali emopoietiche. "Ho firmato piu' assunzioni di responsabilita' come medico in quel periodo, che proporzionalmente di quelle firmate in tutta la carriera professionale", raccontava Melazzini.
"Per quanto ci e' dato conoscere- scrive la presidente del Comitato- in Italia, ancora oggi, non e' possibile effettuare un trapianto che non sia stato sottoposto all'approvazione dell'ISS: ogni giorno ci interfacciamo con i medici che inneggiano alla prudenza ed al rispetto delle regole civili, etiche e professionali, quelle regole che impediscono loro di prescriverci, o anche solo consigliarci, rimedi la cui sicurezza ed efficacia non sia documentata, e regolarmente e scientificamente testata. La legge italiana dispone che e' necessario organizzare una sperimentazione che testi e verifichi gli effetti sui malati con qualunque patologia: questo richiede tempo, anni, risorse, diversi malati volontari, decine di medici, ricercatori, centri qualificati che seguano un protocollo approvato da una serie di agenzie che ne verifichino la qualita'. Tutto questo iter, tuttavia, per sua diretta ammissione, non e' stato seguito dal Dott. Melazzini che ha potuto sottoporsi a tale sperimentazione senza doversi attenere ai vincoli dettati per tutti gli altri ammalati". Tutto cio', continua la presidente del Comitato, "avrebbe avuto un senso se, al manifestarsi dei primi segnali di miglioramento, (si parla di pochi mesi), ci fosse stata una pubblica dichiarazione sulla terapia provata e una conseguente richiesta di validarla: cosi' non e' stato". Flamini fa presente che "ci sono voluti ben sei anni prima che due soli pazienti fossero arruolati in un trial del quale ancora non si conoscono gli esiti". "C'e' molta poca chiarezza in tutto cio'", dice, chiedendo ragione alla Direzione generale di quella struttura (appunto la Fondazione Maugeri di Pavia) nella quale si e' svolto il trapianto di Melazzini. La richiesta e' quella a rendere pubblici gli atti ufficiali, "tempo, modalita' ed autorizzazione all'esecuzione dell'intervento" che "non puo' essere stato realizzato da Melazzini in solitudine".
(Wel/ Dire)