(DIRE - Notiziario salute) Roma, 15 ott. - Tutti in attesa del testo ufficiale. A 36 ore dal via libera al provvedimento del Consiglio dei ministri relativo alla legge di stabilita', rimangono ancora numerosi dubbi sul reale peso dei provvedimenti che toccano le persone con disabilita'. In particolare rimane ancora indeterminata la portata della decisione di assoggettare ad Irpef l'importo delle pensioni di invalidita', mentre qualche certezza maggiore si ha sulla modifica alla legge 104/92. Le principali associazioni rappresentative del mondo della disabilita' attendono di leggere i documenti ufficiali di Palazzo Chigi prima di emettere un giudizio definitivo, ma nel frattempo non mancano di bocciare il senso complessivo della legge di stabilita', mettendo in evidenza come i nuovi tagli alla sanita' e agli enti locali si trasformeranno in minori servizi per le persone disabili. Ma ecco nel dettaglio la situazione riguardo ai due principali provvedimenti.
PENSIONI D'INVALIDITA' - La legge di stabilita' prevede la rimodulazione di alcune tax expenditures, cioe' l'annullamento parziale o totali di alcuni sconti fiscali come deduzioni, detrazioni o esenzioni che oggi abbassano l'importo dell'imposta Irpef da versare. Al momento, l'unico nota ufficiale e' il comunicato stampa emesso la notte del 9 ottobre, in cui si dice: "La legge di stabilita' prevede anche la rimodulazione di alcune tax expenditures per i redditi superiori ai 15 mila euro: - si introduce una franchigia di 250 Euro per alcune deduzioni e detrazioni Irpef e, per le sole detrazioni, si fissa il tetto massimo di detraibilita' a 3000 euro. - si prevede anche l'assoggettabilita' ad Irpef delle pensioni di guerra e di invalidita'". Il dilemma e' nell'interpretazione. Significa che saranno tassate con l'Irpef le pensioni di invalidita' superiori a 15 mila euro, o che invece saranno tassate le pensioni di invalidita' di quei soggetti che hanno un reddito complessivo superiore a 15 mila euro? Nel primo caso, la questione e' molto semplice: la cifra base della pensione di invalidita' e' infatti tale (si tratta di 267,57 euro mensili) da non avvicinarsi neppure lontanamente a quella soglia, a meno che non si voglia considerare anche la cifra dell'indennita' di accompagnamento (per gli invalidi civili totali e' di 492,97 mensili), di cui pero' non c'e' alcun cenno nel comunicato e comunque non era mai stata nominata nelle bozze circolate nei giorni scorsi. Se questa interpretazione fosse corretta, sarebbero tassate solamente le pensioni di invalidita' corrisposte in pochissimi ambiti di lavoro, per cifre nettamente elevate. La seconda ipotesi, che preoccupa molto di piu', e' che invece la cifra dei 15 mila euro da considerare come parametro per valutare l'assoggettabilita' ad Irpef sia riferita al reddito complessivo del contribuente: al di sotto la pensione sara' esente da Irpef, al di sopra ci sara' invece soggetta. Ad essere interessati sarebbero dunque tutti quei pensionati che oltre ai 267,50 euro mensili della pensione (3477,50 euro l'anno) hanno anche altri redditi: per molti invalidi civili, il reddito di eventuali immobili o terreni posseduti, o un eventuale reddito da lavoro, potrebbero essere sufficienti per sforare il tetto dei 15 mila euro e per vedersi tassata la pensione che finora era percepita esentasse. Peraltro, se l'intenzione del governo fosse questa, sarebbe comunque ancora da chiarire se nei 15 mila euro debba essere considerata la stessa pensione di invalidita' (in questo caso per sforare il tetto basterebbero altri redditi per circa 11.500 euro) o se invece debbano essere considerati solamente gli altri redditi (e dunque la tassazione sulla pensione scatti se gli altri redditi, esclusa la pensione, superano quota 15 mila).L'intera norma, inoltre, andrebbe valutata anche considerando un secondo fattore: la normativa attuale prevede infatti che l'importo della pensione d'invalidita' non venga erogato se il reddito del pensionato supera un tetto di reddito che per l'anno 2012 (categoria invalidi civili totali) e' fissato a 15.627,22 euro. In pratica, se il reddito (senza considerare la pensione) e' superiore ad una cifra che e' appena piu' alta del nuovo limite posto dal governo, l'assegno gia' ora, semplicemente, non viene pagato. Il che, riportando la questione all'attualita' dei provvedimenti governativi, riduce notevolmente la platea degli interessati ad una norma siffatta, con la conseguenza che anche l'impatto in termini di risparmi generati sarebbe assai limitato.
Di fatto, si colpirebbe una fetta minima di pensionati, a seconda delle diverse interpretazioni quelli che oggi hanno un reddito intorno agli 11500 euro ma non superano i 15.627,22 euro oppure, addirittura, quelli che superano quota 15 mila euro ma non quota 15.627,22 euro. E' vero che la tassazione Irpef avviene in relazione ai redditi dell'anno precedente, mentre il limite di reddito attualmente in vigore ha effetti sull'anno futuro (sospendendo la corresponsione della pensione), ma in presenza di situazioni personali stabili dal punto di vista del reddito (sempre lo stesso lavoro, sempre la stessa pensione, sempre la stessa casa) le differenze non dovrebbero essere abissali. Quale che sia la versione corretta, gli effetti della manovra del governo colpirebbero comunque una fetta ben identificata di invalidi, dai redditi non propriamente facoltosi.
LEGGE 104/92. Le modifiche alla legge 104/92 sono invece piu' lineari, anche se nel comunicato stampa del governo non se ne trova traccia. In ogni caso, la legge di stabilita' prevede il dimezzamento della retribuzione per i giorni utilizzati dai dipendenti pubblici per l'assistenza a familiari con disabilita'. Attenzione: la norma riguarda esclusivamente i lavoratori pubblici, e non anche i privati, che hanno ugualmente accesso ai benefici della legge 104/92 (per quanto la utilizzino in percentuale cinque volte inferiore). Il provvedimento del governo specifica che la retribuzione rimarra' piena solo se il permesso ex lege 104/92 e' dovuto a patologie del dipendente o all'assistenza a figli e coniuge. Se l'assistito e' un altro familiare, invece (cioe' se e' un genitore, uno zio, un fratello, e via dicendo: i permessi possono essere ottenuti per assistere parenti o affini entro il secondo grado o entro il terzo grado se i genitori dell'assistito sono over 65 o portatori di handicap) lo stipendio della giornata sara' dimezzato e si manterra' intera solamente la contribuzione figurativa. La norma, in termini quantitativi, colpisce soprattutto i lavoratori che usufruiscono dei permessi per assistere i propri genitori. C'e' gia' chi fa notare, peraltro, che la penalizzazione economica di quanti fanno assistenza ai genitori o altri parenti, diversamente da chi assiste un figlio o il coniuge, costituirebbe una palese discriminazione che contrasterebbe con la Costituzione. Il riferimento, ad esempio, potrebbe essere la sentenza 26 gennaio 2009, n. 19 della Corte Costituzionale, con la quale si evidenziano pari diritti costituzionali tra chi assiste i genitori portatori di handicap e chi assiste figli o coniuge con handicap. Una penalizzazione economica siffatta, dunque, potrebbe essere a rischio di incostituzionalita' per disparita' di trattamento.
(Wel/ Dire)