(DIRE) Roma, 26 mar. - Il trattamento di varie forme di tumore e'
migliorato negli ultimi anni grazie alla disponibilita' di nuovi
farmaci biotecnologici. Questi farmaci, ottenuti mediante la
tecnologia del Dna ricombinante, conoscono in Italia un impiego
ancora inferiore all'ottimale, soprattutto per il costo elevato
rispetto alle molecole tradizionali. Per contenere la spesa,
oltre alla rigorosa applicazione delle linee guida internazionali
e alla scelta attentamente motivata in ragione della situazione
clinica del singolo paziente, esiste oggi anche un'altra
soluzione. Si tratta dei farmaci biosimilari, ovvero farmaci
simili ma non uguali ai medicinali biotecnologici gia' in
commercio e ai quali sia scaduto il relativo brevetto; secondo
stime consolidate il loro uso appropriato potrebbe consentire un
risparmio del 30% rispetto al medicinale originatore. L'impiego
di tali molecole tuttavia e' ancora limitato, anche se in lenta
crescita. Il motivo dello scarso ricorso ai farmaci biosimilari
e' a volte causato da resistenze ingiustificate da parte dei
pazienti e degli stessi medici, legate in particolare al dubbio
che tali molecole possano garantire lo stesso profilo di
qualita', efficacia e sicurezza rispetto ai biotech di
riferimento.
"L'atteggiamento e' estremamente complesso" commenta il
professor Silverio Tomao, Straordinario di Oncologia Medica
all'Universita' degli Studi 'La Sapienza' di Roma. "Il mercato
dei biosimilari stenta a decollare a causa delle resistenze
legate al dubbio che non garantiscano la stessa efficacia,
qualita' e sicurezza dei biotecnologici di riferimento. In alcune
regioni, come Lombardia e Campania, l'uso dei biosimilari sta
crescendo ed e' consolidato, in altre stenta a decollare,
nonostante le direttive dell'Aifa (Agenzia italiana del farmaco)
per cui non devono esistere differenze prescrittive a livello
nazionale".
L'associazione italiana di oncologia medica (Aiom) ha
evidenziato inoltre una grande disomogeneita' nell'utilizzazione
di questi farmaci da parte degli oncologi. Addirittura il 50% non
li usa per scarsa conoscenza o per diffidenza, perche' non sono
identici all'originale o perche' non si conoscono ancora
eventuali effetti negativi" a medio e lungo termine. Eppure
l'oncologia e' il vero banco di prova dei farmaci biotecnologici
biosimilari: il 40% delle molecole biotecnologiche viene
utilizzato nei percorsi terapeutici per neoplasie maligne.
"In questi ultimi anni- sottolinea Tomao- stiamo assistendo
all'emissione in commercio di farmaci biotecnologi (anticorpi
monoclonali, piccole molecole, citochine) che stanno
rivoluzionando l'approccio terapeutico globale al malato
oncologico, poiche' vanno selettivamente a colpire le cellule
malate oppure prevengono e curano i danni della chemioterapia a
livello degli organi sani. Tra questi ultimi i farmaci
biosimilari piu' utilizzati nella pratica clinica sono i
cosiddetti fattori di crescita ematopoietici, ossia farmaci
biotecnologici finalizzati alla produzione da parte
dell'organismo di globuli bianchi neutrofili, indispensabili per
combattere le infezione in corso di chemioterapia".
I farmaci biosimilari sono gia' una realta' nella pratica
clinica ma restano un'incognita per un malato di tumore su due.
Secondo i dati di un sondaggio nazionale promosso
dall'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), in
collaborazione con la societa' italiana di nefrologia (Sin), la
Federazione italiana delle associazioni di volontariato in
oncologia (Favo) e l'Associazione italiana malati di cancro,
parenti e amici (Aimac), 6 pazienti su 10 non sanno dire se
queste molecole, simili ma non uguali all'originale biotech,
siano gia' disponibili in Italia e il 46% ignora se tali farmaci
abbiano effetti collaterali e caratteristiche differenti dai
prodotti originali.
In corso di terapia e in mancanza di informazioni certe, solo
il 15% sarebbe disposto a cambiare il farmaco biologico
tradizionale con una "copia" se il medico glielo proponesse e
appena l'8% ritiene il minor costo un motivo valido per
sostituire la propria terapia. Ma che cosa si aspettano i
pazienti dai farmaci biosimilari? "Il malato oncologico e'
conscio della necessita' di utilizzare la terapia che gli viene
prescritta in modo ottimale" spiega Tomao. "Il fatto che il
farmaco biosimilare sia simile ma non identico al biotecnologico
originale suscita una certa diffidenza e resistenza. Deve essere
compito del medico valutare caso per caso e fornire al paziente
la giusta informazione". Serve dunque fare maggior chiarezza e
approvare al piu' preso una legge condivisa che chiarisca le
modalita' di utilizzo dei farmaci biosimilari. È l'appello
lanciato dagli oncologi del Cipomo (Collegio italiano dei primari
oncologi medici ospedalieri) e dell'Aiom.
"È importante che gli organi regolatori intervengano in modo
da fornire linee guida e una legislazione aderente a quelle che
sono le necessita' cliniche dei malati" conclude Tomao, "in modo
da utilizzare questi farmaci, il cui uso e' destinato a crescere
in futuro, nel modo piu' tranquillo, innovativo e personalizzato,
a tutela del malato e secondo principi farmaco-economici adeguati
e vantaggiosi".
(Com/Gas/ Dire)