SALUTE. AFGHANISTAN, REPORTAGE: DENTRO LA FILA DEI MALATI CHE ASPETTANO LA CURA
LA TESTIMONIANZA DAL ROLE 1 DI BALA MURGHAB, AVAMPOSTO DELLA MISSIONE NATO-ISAF.
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 30 gen. - Anziani stesi a
terra, che attendono pazientemente, uomini con i genitori sulle
spalle, nonni dentro alle carriole, o trasportati con altri mezzi
improvvisati per l'occasione, bambini che sperano che dopo
l'iniezione, ci sia un giocattolo in regalo. Tutti, anche i piu'
piccoli, stanno diligentemente in fila, aspettando il proprio
turno. Donne non ne vedo. Non possono recarsi dal medico, perche'
la cultura impone loro di non rapportarsi con uomini diversi dal
marito. Percio', spesso mandano un familiare maschio a spiegare i
sintomi e a chiedere un rimedio. E pensare che sono proprio le
donne a patire di piu' i mali dell'Afghanistan, un Paese
considerato il luogo peggiore in cui essere madre, al secondo
posto al mondo per l'elevatissima mortalita' materna: l'86% delle
donne partorisce cosi' come capita, senza alcuna assistenza,
perche' le cure costano e gli uomini di famiglia pensano che non
ne valga la pena. Il risultato e' che 25 mila donne muoiono ogni
anno per problemi legati alla gravidanza o al parto, in pratica
un decesso ogni mezz'ora. Arrivano in tanti, anche mille persone
in un mese, continuamente, e anche da lontano al Role 1 (punto di
primo soccorso e stabilizzazione) di Bala Murghab, avamposto
della missione Nato-Isaf, nella provincia di Badghis, a
nord-ovest dell'Afghanistan, al confine con il Turkmenistan, un
luogo dove d'inverno la temperatura scende anche a venti gradi
sotto zero. Il redattore Sociale racconta lo strazio di chi
attende le cure.
"In questo Paese - spiega il dottor Michele Turritano, in Italia
di stanza a Grosseto, Reggimento Savoia, Cavalleria - mancano
strutture ospedaliere, mancano programmi di prevenzione, manca
personale medico femminile, percio' chi ha necessita', viene da
noi". Un noi che significa sette sanitari, tre medici e quattro
infermieri, che lavorano sotto una tenda, e un potenziale bacino
d'utenza di 280 mila persone in tutta la provincia, suddivise in
280 villaggi, ovvero 3.500 famiglie, di etnia a maggioranza
pashtun. E' Medicap, il servizio che i medici della base offrono
quotidianamente alla popolazione, anche nei giorni di festa,
anche il primo gennaio, quando ho incontrato il dottor Turritano.
Secondo l'Organizzazione mondiale della sanita', in Afghanistan,
il servizio sanitario nazionale raggiunge solo il 55% della
popolazione urbana e il 25% di quella rurale: almeno sei milioni
di persone, quindi, non hanno accesso ad alcun tipo di struttura
di cura. Ancora una volta sono le donne le piu' penalizzate, a
causa dell'estrema poverta'. Senza contare, il basso livello di
preparazione dei medici locali e il fatto che molti negli ultimi
decenni se ne sono andati: oggi si stima la presenza di un medico
ogni 100 mila abitanti. Eppure, la Costituzione afghana, in
vigore dal 2004, all'art. 52, afferma che: "Lo Stato ha il dovere
di fornire gratuitamente a tutti i cittadini afghani i mezzi di
prevenzione, le cure mediche e le prestazioni sanitarie adeguate,
secondo quanto stabilito dalla legge". Ma, al di la' dei
proclami, il governo destina alla sanita' solo il 4% del bilancio
nazionale, ovvero circa 10 dollari a persona.
(Wel/ Dire)
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